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Guerini: Più fondi europei alle imprese sociali che integrano i migranti

Il presidente di Federsolidarietà Confcooperative presenta un Parere al Cese dove emerge la figura centrale delle cooperative - sane - nell'inserimento di richiedenti asilo e rifugiati. Ecco le priorità

di Daniele Biella

“È ora di dare visibilità europea e più sostegno alle tante imprese sociali che stanno lavorando bene nell’inserimento di richiedenti asilo e rifugiati”. È con queste due prerogative, il riconoscimento e l’allocazione di più fondi, che Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà Confcooperative, ha presentato di recente un Parere (che si può scaricare in coda all’articolo) al Cese, Il Comitato economico e sociale europeo, di cui è membro.

Il documento, pubblicato nella Gazzetta ufficiale e composto da una dozzina di pagine, verrà ora notificato alle tre sedi principali dell’Unione europea: il Parlamento, la Commissione e il Consiglio europeo. “L’Ue sta per rivisitare il quantitativo dato ai Paesi membri come Fami, Fondo asilo migrazione e integrazione: la mia richiesta è che aumenti l’attenzione verso le cooperative che stanno avviando al lavoro le persone in accoglienza, così da superare positivamente il passaggio più difficile, quello dell’integrazione effettiva nel Paese in cui si è fatta richiesta di asilo politico”, spiega Guerini a Vita.it.

“Un'analisi specifica condotta dall'Organizzazione internazionale del lavoro ha individuato gli ambiti in cui l'intervento delle cooperative incide positivamente sull'inclusione di migranti e rifugiati: inserimento lavorativo; cura e assistenza; educazione e formazione; supporto alla vita quotidiana e all'autonomia; accesso al mercato; accesso alla finanza; assistenza legale e counselling; assistenza per bisogni primari”, riporta il presidente di Federsolidarietà Confcooperative in un passaggio del Parere presentato al Cese, prima di elencare per punti le priorità d’azione e gli errori da non commettere quando si decidono le politiche sui migranti forzati. Su tutte, “bisogna smetterla con l’ipocrita distinzione tra rifugiato e migrante economico e investire maggiormente nei luoghi d’origine”, affonda Guerini, “in particolare laddove le previsioni climatiche dicono che da quei Paesi fuggiranno milioni di persone in mancanza di condizioni accettabili di vita”.

L’azione da intraprendere riguarda una gestione più ordinata dei flussi – che toglierebbe linfa all’enorme guadagno illecito dei trafficanti di uomini – compresa “la grande testimonianza dei corridoi umanitari in atto, che però se non riesce a riguardare un numero più alto di persone rimane una sorta di ingiustizia verso le persone idonee che non vengono selezionate”.

Per quanto riguarda l’accoglienza, Guerini traccia una via chiara: “servono flussi di lavoro: i dati demografici dicono che l’Unione europea è in declino economico per l’invecchiamento della popolazione. Se usata bene, l’immigrazione può ritornare a far crescere il Pil dei Paesi Ue, perché le aziende investono dove c’è forza lavoro”. Una posizione avversa a chi, con un consenso in questo periodo piuttosto vasto anche in Italia, vede i fenomeni migratori verso la propria nazione come una minaccia: “Bisogna andare oltre gli slogan, il cinismo e la sete di resa dei conti. L’Italia non è l’Ungheria, in termini di geopolitica, economia e demografia dobbiamo affrontare il tema in modo diverso, con meno chiusure”, conclude Guerini, il cui Parere verrà inoltrato anche nelle sedi governative italiane. “La soluzione non saranno espulsioni di massa, tra l’altro con costi esagerati, piuttosto, se la priorità è la lotta all’immigrazione irregolare, si pensi a nuovi decreti flussi”.


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