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Mirafiori riparte dalla Fondazione di comunità

La piccola Fondazione di Comunità di Mirafiori ha compiuto 10 anni. Un periodo in cui ha messo insieme tutti gli attori di un territorio abbandonato: associazioni, parrocchie, scuole, ma anche Politecnico e Compagnia di San Paolo. Così sono partiti progetti sui giovani, sul verde, sugli anziani, tirocini formativi, collaborazioni internazionali, centinaia di momenti di socializzazione

di Fabrizio Floris

Mirafiori è un quartiere popolare di 40 mila abitanti costruito intorno all’omonimo stabilimento della Grande Fabbrica. Nell’ultimo periodo se né andata circoscrizione per via dell’accorpamento con il quartiere limitrofo, sono state chiuse la piscina, la ludoteca, in chiusura il centro audiovisivo, e i servizi sociali sono stai fortemente ridimensionati, in pratica nel quartiere non c’è più nessun presidio pubblico (comunale) eccetto i vigili urbani: una secessione di fatto.

Un problema presente è in divenire perché come fa il Comune a progettare politiche pubbliche se non ha un suo pensiero locale? E poi la grande fabbrica con sempre meno lavoratori e sempre più cassaintegrazione da quel fatidico 10 settembre 1980 quando arrivarono 14.469 lettere di licenziamento. E poi la pista ciclabile finanziata già da quattro anni, che permetterebbe ai bambini di andare a scuola in bicicletta, mai realizzata. Ma forse l’impatto più significativo è arrivato il 16 giugno quando è stata chiusa la biblioteca Mirafiori: un centro di coesione e incontro importante, un luogo dove le generazioni si avvicinano. Nella biblioteca si “creano” cittadini, non audience, non soggetti passivi che applaudono, ma persone che provano a pensare. Senza conoscenza non c’è partecipazione, ma si è solo pubblico. In Kenya si dice che quando muore un anziano è una biblioteca che brucia qui si potrebbe dire che se chiude una biblioteca è un quartiere che scompare. Infatti, alla fine Mirafiori non esiste, è un insieme che non costituisce un’unità: un concetto sui generis. Ai problemi hanno fatto seguito soluzioni rigorosamente individuali: la solitudine ha trovato risposta negli “animali da affezione”, migliaia di cani che nel quartiere hanno superato il numero dei bambini. Si è avverata qui la profezia di Margaret Thatcher “la società non esiste. Esistono solo gli individui”.

Per questo Mirafiori non esiste, esistono solo gli individui che popolano questo pezzo di territorio. In mezzo a tutto questo alla perdita dei corpi intermedi (partiti e sindacati in primis) è cresciuta negli anni una piccola Fondazione di Comunità che ha messo insieme tutti gli attori del territorio: associazioni, parrocchie, scuole, ma anche Politecnico e Compagnia di San Paolo che ha messo testa, soldi e personale. Sono partiti progetti sui giovani, sul verde, sugli anziani, tirocini formativi, collaborazioni internazionali, centinaia di momenti di socializzazione, spazi per feste, riunioni per persone in difficoltà e una locanda popolare. E con le idee sono arrivati anche fondi: nell’ultimo anno la Fondazione ha portato in quartiere 3 milioni di euro per camminare nel presente e guardare alla prossima generazione.

La Fondazione della Comunità di Mirafiori ha dieci anni e segna il passo di un nuovo quartiere, l’involucro e lo stesso, ma i contenuti stanno cambiando, sempre più terziario e meno Fabbrica, sempre meno narrazioni e percorsi definiti, ma da costruire insieme per un quartiere non solo ordinato, ma anche bello, generoso, entusiasmante. L’unico futuro che abbiamo, per esistere Mirafiori.


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