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I trasferimenti sospesi al Cara di Mineo e la presa di posizione del vescovo francescano

Al Cara di Mineo, il più grande centro profughi d’Europa, stava per ripetersi lo stesso scenario di Crotone dove per via del decreto sicurezza decine di migranti titolari di permesso umanitario sono stati lasciati per strada. Il vescovo di Caltagirone, monsignor Calogero Peri, davanti a una black list di una novantina di persone non è rimasto ad osservare e ha fatto il possibile per tutelare i soggetti vulnerabili: “Non si garantisce la sicurezza eliminando una frangia della società. La sicurezza mi sta bene, ma ci sono modi e modi per farla”.

di Alessandro Puglia

“Io non sfido nessuno, non gioco a braccio di ferro, ma di dico che la Chiesa non permetterà a nessuno dei nostri fratelli di dormire per strada”. Il vescovo di Caltagirone, Fra Calogero Peri, che ha da poco compiuto 40 anni di vita sacerdotale, la realtà del Cara di Mineo la conosce da quando il 24 aprile 2011 l’allora governo Berlusconi, con ministro dell’Interno Roberto Maroni, decise di realizzare qui in mezzo al nulla e qualche aranceto il più grande centro d’accoglienza d’Europa dove oggi si trovano circa 1500 persone. Da quel giorno, di fronte agli scandali di Mafia Capitale che in passato hanno coinvolto il centro o alle proteste dei migranti imprigionati in un limbo burocratico e psicologico in attesa di veder esaminato il proprio status di richiedente asilo, il vescovo di Caltagirone”, semplicemente “Fra Calogero”, è stato il francescano che apre la porta.

Dopo la prima grande espulsione avvenuta al Cara di Isola di Capo Rizzuto, a Crotone, per via del Decreto Sicurezza, anche al Cara di Mineo stava per ripetersi lo stesso scenario con una lista di 89 persone titolari di permesso umanitario, tra cui donne e bambini, che avrebbero dovuto lasciare il centro in tempi brevi. Fino a quando è intervenuto il vescovo . “Siamo riusciti a tutelare i soggetti vulnerabili, i nuclei familiari presenti in quella lista non saranno toccati”.

Dopo l’intervento di Fra Calogero, in un primo momento, sembrava che solo in 20 degli 89 avrebbero dovuto lasciare il centro, assistiti da organizzazioni internazionali in caso di rimpatrio volontario. Ma ora – davanti alle immagini di Crotone riprese da tutti i media internazionali – si attendono nuovi sviluppi da parte del Viminale, con i prefetti in attesa di una circolare interpretativa che chissà se veramente tenterà di tutelare i soggetti più deboli. “Rimarremo vigli e se qualcosa dovesse accadere ai nostri fratelli metteremo subito a disposizione una struttura che abbiamo già utilizzato per accogliere 37 dei superstiti della strage di Lampedusa nel 2013. E si dovrà subito pensare alla cucina e ad altre necessità”, spiega il vescovo.

In attesa di nuovi sviluppi la Chiesa qui, mettendo semplicemente in pratica il Vangelo, ha già fatto la sua opera di resistenza: “Ho segnalato la presenza di questa lista nella chat utilizzata tra noi vescovi e la risposta delle altre diocesi pronte ad accogliere è stata puntuale. Da Piazza Armerina, Catania, Agrigento a tutte le altre diocesi, metteremo a disposizione delle strutture per ospitare i migranti che verranno cacciati da questo decreto”.

Un decreto che per il vescovo francescano non garantisce alcuna sicurezza: “Non vogliamo sostituirci allo Stato, anche noi vogliamo che venga garantita la sicurezza, ma non la si può ottenere eliminando una frangia o una parte della società. Ci sono modi e modi per fare sicurezza, ed io non condivido il modo. La sicurezza mi va bene, ma non se mira a creare divisioni. Noi non permetteremo che uno solo di questi ragazzi finisca per strada”.

Monsignor Peri torna a ribadire con il grande rispetto di un francescano verso gli amici a quattro zampe, quanto dichiarato ad Avvenire: “abbandonare un cane per strada è reato, mentre lasciare persone per strada è diventata legge”. Concetto quest’ultimo ripetuto anche dal Cardinale e vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro che durante la sua omelia nel giorno dell’Immacolata Concezione ha detto: “Capita giustamente di commuoverci dinanzi a un animale che soffre (è una creatura vivente che merita rispetto), ma, per esempio, poi si resta indifferenti dinanzi a uomini – migranti – che hanno la colpa di voler vivere come gli altri e per questo soffrono e muoiono a migliaia”.

L’impegno del vescovo di Caltagirone a sostegno dei migranti ha una lunga storia caratterizzata da gesti concreti e iniziative d’integrazione e solidarietà. Oltre al “Face to Face” tra i migranti del Cara e al vescovo, da oltre un anno si celebra la messa per rispondere alle tante richieste che negli anni sono arrivate dai migranti di fede cattolica. E il 13 maggio scorso, nel Duomo di Caltagirone, si sono celebrati i battesimi di una ventina di ospiti del Cara che hanno seguito un percorso di catechesi. Con letture in inglese e francese.

Caltagirone è anche il luogo dove operano Suor Chiara, Suor Bernarda e Suor Marta, le tre Sorelle minori del cuore Immacolato che ogni giorno si prendono cura delle prostitute nigeriane sulla superstrada Catania-Gela. (Storia raccontata per la prima volta da Vita.: Chiara, la suora scalza tra le prostitute nigeriane).

Per i migranti presenti nei vari centri d’accoglienza in Sicilia queste sono ore difficili e anche dal Cara di Mineo già qualcuno ha lasciato la struttura spontaneamente perché impaurito dal nuovo decreto.

A Giarre, Isidoro La Spina, referente dei mediatori culturali del Cara di Mineo ha messo a disposizione il suo B&B per accogliere i migranti e al tempo stesso ha creato un gruppo Facebook Nessuno è straniero dove in un paio di giorni sono arrivate oltre 1000 adesioni da parte di normali cittadini che vogliono contribuire nell’accogliere chi domani un tetto non potrà più averlo. Il primo arrivato nel B&B “La Contea” è un ragazzo di 18 anni, senegalese, che non faceva parte della lista, ma ha deciso liberamente di lasciare il Cara.

In attesa di nuove “circolari” da parte del Viminale una nuova forma di Resistenza prende ogni giorno sempre più forma. E la Chiesa tra parroci disobbedienti e vescovi sa da che parte stare.


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