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Minori in comunità: la Lega vuole una commissione d’inchiesta ma dimentica (almeno) tre cose

Il ministro Salvini ha annunciato una commissione d'inchiesta sulle "case-famiglia". Peccato che un'indagine parlamentare sui minori fuori famiglia sia stata conclusa appena un anno fa. Mentre il ministro Fontana da luglio 2018 non ha mai convocato l'Osservatorio Infanzia, che sarebbe il luogo più naturale per affrontare le criticità. E le linee di indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per minorenni? A promuoverle è solo il non profit e nessuna Regione ancora le ha fatte proprie

di Sara De Carli

Il ministro Salvini quindi vuole «mettere occhio» «al business delle comunità di bambini», poiché «su tremila case-famiglia, [ce ne sono] tantissime che fanno il loro lavoro, ma ci sono soggetti che tengono in ostaggio migliaia di bambini. Andremo a smistarle con una commissione di inchiesta».

Però. Però una indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia il Parlamento l’ha appena fatta. Si è conclusa il 17 gennaio 2018, poco più di un anno fa. L’ha svolta la Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con l’audizione di rappresentanti di vari ministeri, degli assistenti sociali, del non profit… 80 soggetti in tutto. Un’indagine conoscitiva «volta ad approfondire le criticità relative alla normativa vigente in materia di minori fuori famiglia, nell'ottica di un suo possibile miglioramento», anche per «acquisire elementi di conoscenza concernenti il sistema dei controlli, dei finanziamenti, nonché circa le eventuali disfunzioni e carenze di molte comunità familiari, essendo giunte in tal senso alla Commissione numerose segnalazioni, che è apparso doveroso approfondire». Quasi in parallelo, la Commissione Giustizia della Camera svolgeva un’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido, le cui conclusioni sono state approvate il 7 marzo 2017. Entrambi i documenti sono lì, pubblici, ma dimenticati. Prima di fare una nuova commissione d’inchiesta, con tempi, risorse, soldi, forse si potrebbe partire dal leggere quei documenti: sono già lì.

E dalla necessità di un sistema di raccolta dati più completo e rapido: solo dall’Indagine dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ad esempio sappiamo che le comunità per minori sul territorio sono 3.352 (al 31 dicembre 2015). I dati ufficiali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali si fermano al 31 dicembre 2014 (quando si contavano 12.400 bambini e adolescenti accolti nei servizi residenziali per minorenni, al netto dei minori non accompagnati, di cui il 51% aveva un’età fra i 15-17 anni), aggiornati da un’indagine campionaria sempre del Ministero che al 31 dicembre 2016 contava 12.603 minori collocati nei servizi residenziali, un dato sostanzialmente stabile negli anni, con una certa movimentazione in entrata e in uscita dei bambini e dei ragazzi accolti (il dato di flusso annuo conta 19.085 ragazzi passati da una comunità). Significa che l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni riguarda 1,3 bambini e ragazzi di 0-17 ogni mille residenti. Un quarto dei ragazzi sono lì per incapacità educativa dei genitori (23,1%), problemi relazionali nella famiglia (14,4%), per problemi di violenza domestica in famiglia (12,1%), per trascuratezza materiale e affettiva del minore (9,2%). Il 39% dei bambini e adolescenti dimessi rientra in famiglia. «La forte presenza di ragazzi della fascia 15-17 anni pone in tutta evidenza il tema dell’adeguato accompagnamento verso percorsi di autonomia, da costruire tempestivamente prima del raggiungimento della maggiore età», scrive il report.

Di soldi e di presunto business si parla già lì: «la retta media in Piemonte è di 105 euro, in Lombardia di 107 euro, in Veneto di 118 euro, in Emilia-Romagna di 108 euro, nelle Marche di 93 euro, in Toscana di 90 euro, in Campania di 115 euro, in Calabria di 92 euro, a Milano di 78 euro e in Sicilia di 76 euro; l'ultima in classifica è Roma, con una retta media che va dai 69 ai 75 euro», dice l’indagine conoscitiva. A fronte di un servizio che ha un costo effettivo stimato in 118,67 euro al giorno per ciascun minore ospitato. «Bisogna parlare di “giusto prezzo” a fronte di un servizio definito da standard, qualifiche, rapporto fra ragazzi e operatori… Il giusto prezzo è intorno ai 110 euro al giorno a minore e moltissime comunità non ricevono questa retta, lavorano sotto costo», spiega Liviana Marelli, referente “minori” per il CNCA. Per non parlare dei ragazzi che, allo scadere dei 18 anni, per lo Stato smettono di esistere. «I ragazzi arrivano in comunità più grandi, a 15-16 anni, con interventi che sono sempre più riparativi. A quel punto è facile che restino fino alla maggiore età, anche se sono più di due anni…», racconta Liviana Marelli. Per loro le cooperative di sono inventate tante cose, dall’housing sociale, all’avvio all’autonomia, alle reti di prossimità, perché a 18 anni magicamente la responsabilità pubblica finisce. «La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto il fondo sperimentale per i neomaggiorenni, che però non è ancora partito e che, pur essendo molto importante, non coprirà certo il fabbisogno. Questi ragazzi non sono i mezzo alla strada, segno che qualcuno se ne occupa, da tempo e spesso gratis». Tra le valutazioni economiche, c’è da mettere anche questo.

Analogamente alle conclusioni di quella indagine conoscitiva, è stato dimenticato in qualche cassetto il IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, il cosiddetto Piano nazionale infanzia (PNI) che per il biennio 2016-2017 aveva individuato fra le aree prioritarie di intervento anche il sostegno alla genitorialità, al sistema integrato dei servizi e a quello dell'accoglienza. Il monitoraggio di quel Piano è stato licenziato a luglio 2018 dall’Osservatorio per l’Infanzia e l’Adolescenza, ma mai pubblicato. Il ministro Fontana peraltro da luglio 2018 in poi l’Osservatorio non lo ha mai convocato: ora, da pochi giorni, l’Osservatorio è scaduto, ma il tempo per fare qualcosa c’era. E ancora: esistono delle “Linee di indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per minorenni”, con vincoli rispetto alla qualità delle comunità che dovrebbero garantire per il futuro standard minimi di qualità omogenei a livello nazionale. Non sono vincolanti ma portano il logo del Ministero, sono state approvate il 14 dicembre 2017 dalla Conferenza Stato Regione… ma ancora oggi nessuna regione le ha recepite. Il 17 aprile in Università Cattolica di Milano, Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), Cncm (Coordinamento nazionale comunità per minori), Sos Villaggi dei Bambini, Progetto Famiglia, Agevolando e Cismai invitano al Convegno nazionale le presenteranno e faranno il punto in un convegno, per cercare di promuoverle e diffonderle (il Ministero non lo ha fatto).

«Spiace ancora una volta trovarci a rispondere alle stesse accuse, che danno messaggi scorretti e che partono da una mancata conoscenza della realtà», conclude Marelli. «Ancora un volta ad esempio si parla dei minori in comunità come se fossero tutti adottabili, non è così, l’ultimo dato ci dice che quelli adottabili sono 779 su 12mila circa. Vogliamo implementare i controlli? Benissimo, i livelli ci sono già: a Milano per esempio la Procura della Repubblica sta facendo verifiche. Pure i luoghi per ragionare sulle criticità ci sono, penso in particolare all’Osservatorio infanzia, ma non si usano…». Sicuri che allora l’intenzione sia “comprendere”?

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash


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