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La strada di casa, 25 anni nel segno dell’accoglienza

Con una giornata all’Abbazia di Mirasole la Fondazione ha festeggiato il suo anniversario parlando e riflettendo sui nuovi volti della povertà e su come l’housing – sociale e first – sia un pilastro per la riconquista dell’autonomia. A festeggiare con gli “arcani” come ha definito gli uomini e le donne di Arca Tina Regazzo, responsabile dei servizi, anche l’arcivescovo di Milano Mario Delpini e il sindaco Giuseppe Sala

di Antonietta Nembri

«Noi “arcani” siamo un’organizzazione complessa» a dirlo è Tina Regazzo responsabile dei servizi di Fondazione Progetto Arca. E lo dice presentando una mattinata speciale dedicata a una riflessione sul tema dell’accoglienza dal titolo “La strada di casa”. Il 31 maggio infatti, Progetto Arca festeggia i suoi primi 25 anni e lo fa non tanto e non solo ripercorrendo la sua storia, ma guardando avanti, in un luogo particolare l’Abbazia di Mirasole che da tre anni è gestito dall’impresa sociale Progetto Mirasole e che è diventato in questi anni un luogo di accoglienza, in cui si sperimenta un progetto di housing sociale e diversi progetti di inclusione anche lavorativa che fanno di questa struttura nel territorio del comune di Opera ai confini con Milano una "Abbazia della solidarietà". E la complessità citata da Regazzo nasce anche dalla complessità dei bisogni a cui la onlus in questi anni ha risposto. Anche se il problema è saper leggere la domanda per poter dare risposte a chi vive un momento di fragilità. Tante e diverse le voci della mattinata di riflessione e condivisione “sui nuovi volti della povertà, ma anche sulla casa come pilastro per la riconquista dell’autonomia e sulla fiducia come base di ogni relazione di aiuto”, voci coordinate da Marco Iazzolino che ha posto come orizzonte il futuro, più che la celebrazione di una storia.

Un futuro in cui dalla sperimentazione di modelli di presa in carico, come ha ricordato Regazzo, si arrivi a «modellizzare quello che facciamo, le diverse forme dell'housing», perché le persone cui si risponde sono diverse come diversi i problemi e per affrontarli serve un lavoro di rete. Serve, per dirla con le parole di Daniela Marzana, del dipartimento di psicologia dell’Università Cattolica «una psicologia di comunità». Marzana è intervenuta sul tema: “La casa che fa bene: teoria e prassi per leggere il benessere dell’housing” sottolineando che occorre «dar voce a chi vive il problema che è sia individuale sia sociale», promuovendo legami e reti. Anche quando si parla di empowerment si deve declinarlo comunitariamente. Occorre cioè rendere «i contesti di vita luoghi di relazione».

Di Housing sociale – come insieme integrato di strumenti che si rivolgono alla cosiddetta “fascia grigia”, chi non è così povero da poter accedere all’edilizia popolare, ma non è neppure in grado di reggere il mercato libero – ha parlato Milena Prada architetto della Fondazione Housing Sociale di Fondazione Cariplo presentando alcuni dei progetti in atto a Milano nei quali al mix sociale degli abitanti e dei canoni vi è anche una diversa e partecipata suddivisione degli spazi che sono aperti al territorio grazie alla loro co-progettazione. «Parlare di Housing first in un luogo come un monastero in cui stabilità e comunità vanno insieme è perfetto», ha detto Alessandro Carta, vicepresidente di fioPsd che ha portato l’esempio – grazie a un filmato – di Gennaro una persona che ha vissuto in strada per 15 anni, con problemi di alcolismo e che da tre anni è in un appartamento e oggi, testimonia «ora mi sento libero».

Paolo La Marca, responsabile dell’housing first di Progetto Arca ne ha ripercorso la storia, dalla fase sperimentale nel biennio 2015-2016 alla sua stabilizzazione attuale che vede al momento 7 appartamenti con sei persone. «Quello che ci interessa vedere è l’onda del cambiamento». A chiudere la mattinata di riflessione l’annuncio di Alberto Sinigallia, presidente della Fondazione della nascita proprio a Mirasole del Centro Studi sul benessere sociale e il saluto dell’assessore comunale Majorino che sottolineando come le politiche sociali siano «una questione di legami, scommettendo sull’altro a prescindere dalla sua vulnerabilità», ha ricordato le iniziative fatte insieme con Arca, a partire dall’accoglienza dei siriani in Stazione Centrale. E ha invitato il mondo del sociale a fare rete, a fare squadra comportandosi come un network.


In alto, da sinistra, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il presidente di Progetto Arca Alberto Sinigallia e l'assessore Pierfrancesco Majorino


Nella foto a fianco, da sinistra la vicepresidente di Progetto Arca Laura Nurzia, l'arcivescovo di Milano Mario Delpini e Alberto Sinigallia

La giornata è stata anche l’occasione per presentare il bilancio sociale 2018 in cui proprio housing sociale e sostegno lavorativo sono le parole chiave.
Progetto Arca nata 25 anni fa a Milano oggi è presente in 11 regioni italiane. Lo scorso anno sono state 15.375 le persone fragili che hanno beneficiato di aiuto nel 2018. Tra queste, i senza dimora ospitati nelle strutture e raggiunti dai servizi offerti dalle Unità di Strada; mamme, papà e bambini in emergenza abitativa (famiglie inserite nel progetto di housing sociale); profughi richiedenti asilo accolti nei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas). Utenti con profili ed esigenze di recupero differenti, destinatari di una complessa filiera di servizi offerti, dove l’accoglienza è arricchita da una rete di attività interne, utili a dare forma e prospettiva ai servizi stessi, come il sostegno alimentare (sono 1.365 le persone a cui è stato consegnato un pacco di viveri una volta al mese lungo tutto l’anno) e il reinserimento lavorativo (163 gli ospiti che si sono misurati con il mondo del lavoro grazie a inserimenti professionali e tirocini).

Nell’accoglienza, l’incremento della qualità del servizio erogato si traduce in un’offerta che, oltre a comprendere posti letto e pasti, presta attenzione al benessere del singolo e alle esigenze legate al suo percorso.
È stato registrato un +25% rispetto all’anno precedente del numero delle strutture di accoglienza gestite da Progetto Arca (si passa da 93 strutture e appartamenti del 2017 ai 116 del 2018), capaci di accogliere nei 12 mesi un totale di 6.172 beneficiari (comprensivi di senza dimora, famiglie in difficoltà e richiedenti asilo). Per loro, sono state migliaia le ore di assistenza medica, psicologica e legale, oltre che corsi di lingua italiana per stranieri, dispensate durante l’anno.

In risposta al netto aumento delle fragilità di cui si è fatta carico la Fondazione nell’anno, le strutture sono rimaste aperte H24, così come l’assistenza in strada è stata effettuata 24 ore su 24 con Unità mobili di monitoraggio e pronto intervento sociale. Tra le strutture, l’ultimo in termini di tempo è il centro di accoglienza di via Giorgi a Milano: una micro-comunità caratterizzata dall’idea innovativa di coinvolgere i 25 ospiti nell’organizzazione del servizio e nella programmazione della quotidianità. Ci si allontana così dall’idea del dormitorio dai grandi numeri e dall’aiuto di tipo emergenziale (posti letto e pasti), puntando a una qualità dell’accoglienza, che vede la casa come uno spazio fisico e mentale da cui partire per riconquistare l’autonomia e rafforzare i legami sociali.

Su questa base è stato potenziato nel corso dell’anno il progetto di housing sociale, in particolare a Milano. Si tratta della progettualità dedicata alle fragilità con particolare attenzione alle famiglie emarginate con minori e ai nuclei mamma-bambino. Sono 273 i beneficiari dell’housing sociale nel 2018, a cui è stata offerta una soluzione abitativa temporanea (il patto di ospitalità varia da 6 a 18 mesi), con il supporto di un’équipe (composta da educatori, psicologi, assistenti sociali) che accompagna le persone nel percorso di ripresa dei rapporti sociali, di orientamento ai servizi sul territorio, di ricerca lavorativa o formativa. Ben il 41%, cioè 113 persone, sono state dimesse dal servizio di housing: sono state ciò messe nella condizione di recuperare l’autonomia della propria vita.

Sul fronte migrazione, il 2018 ha registrato un cambiamento significativo, a livello nazionale e internazionale, avvenuto a causa della riduzione degli sbarchi e delle nuove disposizioni di legge che hanno modificato modalità e tempistiche dell’iter di richiesta di asilo. Di fronte al nuovo contesto Progetto Arca ha risposto focalizzandosi anche qui sugli aspetti qualitativi dell’accoglienza. Sono stati quindi potenziati i servizi di orientamento legale, assistenza psicologica, supporto burocratico amministrativo e l’insieme della attività volte a promuovere l’integrazione dell’ospite nella comunità: dall’insegnamento della lingua italiana ai corsi di formazione professionale fino all’attivazione di borse lavoro e tirocini.

Oltre ai richiedenti asilo, Progetto Arca presta attenzione al sostegno lavorativo di tutti i suoi utenti come strumento, oltre alla casa, utile al reinserimento sociale. Questo è anche uno degli obiettivi di Progetto Mirasole Impresa Sociale, braccio destro di Progetto Arca nei progetti di inclusione avviati all’Abbazia di Mirasole.

La giornata al’Abbazia di Mirasole ha visto nel pomeriggio la presenza del sindaco di Milano Giuseppe Sala e dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini. Nel chiostro è stata inaugurata la mostra Umani a Milano per Progetto Arca, nata dall'esperienza del libro fotografico (qui la news).

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Nella gallery alcuni momenti della giornata. Tutte le foto sono di ©Daniele Lazzaretto


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