Attivismo civico & Terzo settore

La meraviglia di vedere i nostri figli rinati, nonostante la SMA

«Per i bambini che hanno iniziato la somministrazione del farmaco prima della comparsa dei sintomi, le tappe di sviluppo motorio sono sovrapponibili a quelle di un bambino senza diagnosi. La loro vita è completamente diversa», spiega Daniela Lauro, presidente di Famiglie SMA. Da Olso arrivano nuove ulteriori conferme dell'efficacia del trattamento per la SMA. In Italia, in un anno e mezzo sono già stati trattati 600 pazienti. Altre terapie si affacciano all'orizzonte. Per questo il futuro passa da una diagnosi super-tempestiva, cioè dallo screening neonatale

di Sara De Carli

Avviare la terapia a poche ore dalla nascita, addirittura prima che i sintomi si manifestino. Un tempismo che consentirà ai bambini di avere uno sviluppo motorio del tutto sovrapponibile a quello di un bambino sano, nonostante la SMA. Lo ha confermato ieri a Oslo il dottor Darryl De Vivo, titolare della cattedra “Sidney Carter” di Neurologia e Pediatria presso il Columbia University Irving Medical Center di New York, durante il congresso europeo di neurologia: in base ai risultati dello studio Nurture, il lungo di sempre sull’atrofia muscolare spinale (SMA) nei neonati pre-sintomatici. Tutti i 25 bambini osservati, con un’età mediana di quasi tre anni, sono in grado di sedersi e non necessitano di ventilazione permanente, l’88% è in grado di camminare in autonomia. Una rivoluzione. E non è un modo di dire. Perché l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA), una rara e grave malattia delle cellule nervose del midollo spinale, quelle da cui partono i segnali diretti ai muscoli, causata da un gene difettoso o mancante, fino a pochissimi anni fa era una malattia incurabile. I bambini con la forma più grave, la SMA1, perdevano rapidamente i motoneuroni responsabili delle funzioni muscolari – respirare, deglutire, gattonare, camminare… – e la loro aspettativa di vita si riduceva a meno di due anni. Ora invece tutto è diverso. I bambini e le loro famiglie possono guardare al futuro con più fiducia, grazie alla ricerca scientifica e a chi ha saputo accendere i riflettori su questa malattia rara. Daniela Lauro è la presidente di Famiglie SMA, l’associazione nata nel 2001 da alcuni genitori di bambini con SMA e punto di riferimento per tutte le famiglie alle prese con questa diagnosi.

Poche settimane fa è stato annunciato l’avvio di un progetto pilota per lo screening neonatale delle SMA. Di cosa si tratta?
È un progetto pilota avviato due anni fa, un obiettivo a cui l’Associazione ha molto lavorato. Nel Lazio è già partito, all’Ospedale Gemelli stanno già proponendo lo screening ai genitori dei neonati; in Toscana mancano gli ultimi dettagli per l’accordo con i punti nascita. Siamo partiti da queste due Regioni perché sono quelle in cui nascono più bambini, l’obiettivo è quello di verificare l’incidenza della malattia. In base alla letteratura, ci attendiamo che su circa 140mila bambini che nasceranno in queste due regioni nei prossimi due anni, una ventina potrebbero avere una diagnosi di SMA. Naturalmente trattandosi di un progetto pilota, su base volontaria, il personale sanitario dovrà saper spiegare bene la proposta e qual è il vantaggio per il bambino.

La legge di bilancio 2018 ha introdotto la possibilità di allargare lo screening neonatale anche alle malattie neuromuscolari di origine genetica, ad immunodeficienze congenite severe e a malattie da accumulo lisosomiale, stanziano 4 milioni di euro. L’esperienza di Lazio e Toscana quindi non è ancora effetto di questa novità?
Lo screening a livello nazionale ovviamente è l’obiettivo, perché è giusto che tutti i nuovi nati abbiano l’opportunità di sottoporsi allo screening. Non tutte le Regioni però sono pronte e l’esperienza che sta partendo in Lazio e Toscana servirà da modello.

In che senso non sono pronte?
Non tutti hanno un centro per l'indagine genetica della SMA, c’è il tema della formazione del personale, che deve informare le famiglie, spiegare di che patologia si tratta… E il consenso informato: per questo progetto pilota ad esempio lo abbiamo redatto in 7 lingue.

Avere la diagnosi immediata, grazie allo screening neonatale, permette ai bambini di avviare immediatamente la terapia con Nusinersen, il primo farmaco per la SMA, che è disponibile solo dal 2017. Che cosa comporta la possibilità di somministrarlo tanto precocemente?
La malattia in questo caso non si manifesta. I bambini che hanno avuto la prima somministrazione del farmaco in maniera così tempestiva, stanno camminando: le loro tappe motorie sono state sovrapponibili a quelle di un bambino senza diagnosi. La loro vita è completamente diversa da quella di un bambino che inizia il trattamento anche solo a 2 o 3 mesi di vita, quando i sintomi si sono già manifestati. Anche in quel caso la terapia sta dando grandi risultati, ma a volte – penso in particolare alla SMA 1, la più aggressiva – c’è già una compromissione respiratoria, non mangiano più, c’è una ipotonicità grave… La malattia gli ha rubato un pezzetto di autonomia. Il farmaco blocca il progredire della malattia e questo è importantissimo, ma intervenire prima dei primi sintomi è un’altra cosa. Ovviamente il passo successivo alla diagnosi e all’avvio del trattamento è la presa in carica, ma lì la rete c’è.

Il trattamento con lo Spinraza è una novità molto recente. Quanti sono in Italia i centri in cui è possibile averlo e quanti pazienti sono stati trattati finora?
Oggi i Centri attivi sono 35, con 600 pazienti trattati. Sono state trattate persone di tutte le età, con diverse condizioni cliniche. C’è stata una enorme disponibilità da parte dei medici alla formazione per la gestione di questa patologia, da parte delle Regioni e del SSM per la spesa per la terapia…. è stato davvero un miracolo della sanità italiana. D’altronde i risultati studi sono talmente importanti… Il farmaco blocca la patologia, anche per gli adulti, che così riescono a mantenere la loro condizione: chi riesce a continuare a risponde al cellulare, chi a guidare la carrozzina… Anche a 40/50 anni si risparmiano pezzi di vita alla malattia. Da fuori sembra poco, ma chi vive questa condizione sa che è tantissimo.

600 pazienti su quanti?
La nostra stima era di circa 850 pazienti in Italia, anche se forse si potrebbe arrivare a 1000/1200. Ricordo che il trattamento è stato approvato nel settembre 2017 ed è in commercio dal novembre 2017, quindi un anno e mezzo fa.

L’obiettivo delle vostre campagne di raccolta fondi era proprio quello di avere un centro specializzato in ogni Regione, oltre che la formazione dei medici e il supporto alle famiglie…
Oggi un centro di riferimento manca in Valle d’Aosta, Molise, Abruzzo, Calbria e Basilicata: lì non c’è perché l’incidenza della malattia è bassa e i pazienti di quelle Regioni già si appoggiano ad altri centri. Arriveranno anche lì, ma siamo partiti dove c’era più necessità. L’Associazione inoltre ha promosso worskshop formativi per i medici e ha aiutato economicamente i pazienti che avevano più difficoltà per le trasferte, in casi di fragilità particolari o situazioni complesse, ad esempio dove serviva un trasporto con un’ambulanza. La prima grande campagna di raccolta fondi, prima dell’approvazione del farmaco, permise a 128 bambini con SMA1 di accedere immediatamente alla terapia.

A maggio la Food and Drug Administration ha dato il via libera ad una terapia genica innovativa per il trattamento dei pazienti pediatrici affetti da SMA sotto i due anni di età, un’altra importante novità. Di che si tratta?
Si tratta di un virus trattato in laboratorio che va a sanare il gene malato. In teoria – uso ancora il condizionale perché è uscito da poco dal trial sperimentale – la terapia sana il gene e la malattia non si manifesta mai. È il sogno del futuro, la Cura con la c maiuscola. Se è così davvero, ce lo dirà il tempo.

È prudente?
Mi sento di essere ancora prudente. Al momento non possiamo dire di avere il farmaco che cura la SMA, questa ce la teniamo ancora nel cuore con la speranza. La terapia genica per ora è stata approvata in America: se immaginiamo che la strada possa essere simile a quella di Spinraza, l’autorizzazione in Europa è arrivata dopo 5 mesi e in Italia dopo 9 mesi: quindi suppongo che entro la fine del 2019 o al massimo per l’inizio del 2020 potremo avere la terapia genica anche in Italia. L’azienda ha presentato la documentazione a livello europeo, non ancora per l’Italia.

Si è evidenziato come la terapia costi moltissimo…
Ovviamente ha un costo elevato, due milioni di dollari, ma salva la vita di una persona. E comunque è un’unica somministrazione, bisognerebbe anche verificare quanto risparmia il Ssn nell’arco della vita di una persona. È vero anche che il prezzo americano non è mai quello italiano, Spinraza per esempio in Italia costa meno che in qualsiasi altro Paese del mondo, suppongo che nella contrattazione la nostra Agenzia riuscirà ad avere anche in questo caso un costo sostenibile.

In ogni caso, stiamo vivendo un momento epocale per il trattamento e la cura della SMA. Se lo aspettava?
Sì, è un momento storico estremamente favorevole. C’è anche un’altra terapia all’orizzonte, speriamo entro il prossimo anno: lavora sul potenziamento della proteina mancante, quindi equiparabile a Spinraza, ma sarà somministrabile come uno sciroppo, quindi anche per chi non può fare la puntura intratecale. L’Italia è all’avanguardia, con i Centri NeMO, il Gemelli, il Bambino Gesù e il Gaslini sta partecipando a tutti i trial. Improvvisamente si sono accese tante luci, ma sono cose che sono partite tanti anni fa… L’associazione ha aiutato i medici a crescere, ha creato un rapporto strettissimo con i clinici, ha preparato il terreno all’arrivo di queste nuove terapie, a 360 gradi… nella speranza che questo momento arrivasse.

Qual è la sfida per il futuro, per Famiglie SMA?
La sfida futura è lo screening neonatale. Avere una possibilità di scelta fra più terapie significa ora per noi il dovere di formare i centri nascita sul territorio e di lavorare molto con le coppie in attesa e con chi le accompagna. Oggi dinanzi a questa diagnosi esiste una risposta importante, è una realtà del tutto diversa rispetto all’esperienza che abbiamo vissuto noi. Certo, non possiamo immaginare che una coppia arrivi al momento della nascita senza sapere nulla della malattia, perché chi si ritroverà con una diagnosi a poche ore dalla nascita dovrà decidere in pochissimo tempo su quale farmaco orientarsi… occorre costruire la rete della presa in carico, lavorare durante la gravidanza, andare su un canale diverso.

Quanti siete oggi?
Oggi siamo 350 soci, ma soci significa famiglie. Siamo la più grande associazione di genitori e di pazienti con SMA, siamo un punto di riferimento per le nuove famiglie perché sappiamo quanto è importante essere accolti quando ti dicono che il tuo bimbo porta con sé una patologia tanto rara e complicata. Abbiamo fatto tanto lavoro, ma oggi sì, la SMA è un po’ meno sconosciuta.

Foto di copertina di Chiara Pasqualini


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