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A cosa serve oggi VITA?

«È la domanda capitale alla quale non possiamo sottrarci. A maggior ragione nella cornice di un numero in cui decidiamo di interrogarci sulla funzione del Terzo settore». Parte da questa considerazione l'editoriale del direttore pubblicato sul numero che "festeggia" i 25 anni della testata (appuntamento alla Triennale di Milano, lunedì 25 novembre)

di Redazione

Dopo 25 anni serve ancora Vita? È la domanda capitale alla quale non possiamo sottrarci. A maggior ragione nella cornice di un numero in cui decidiamo di interrogarci sulla funzione del Terzo settore.

La risposta, scontata, è «sì». Più problematica la replica alla domanda che ne discende: serve ancora questa Vita? La risposta in questo caso è «no». Il primo passo verso i prossimi 25 anni deve essere la consapevolezza dell’urgenza di cambiare. «Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo» ci esorta Albert Einstein. È la strada lungo la quale ci siamo incamminati. Il 2020 dovrà essere l’anno in cui il nostro gruppo editoriale completerà il processo statutario per acquisire la qualifica di impresa sociale. Diventeremo, con qualche ritardo rispetto alla tabella di marcia che immaginavo nel maggio del 2018 quando ho assunto la carica di direttore, a tutti gli effetti parte integrante di un mondo di relazioni e di valori che dobbiamo quotidianamente attraversare e da cui dobbiamo essere attraversati. Vita da piattaforma sul Terzo settore, diventa piattaforma di contenuto di Terzo settore e nel Terzo settore. Le nostre radici però devono diventare trampolino per aprire e aprire il nostro mondo di riferimento al resto della società. Se centreremo l’obiettivo, sarà perché saremo riusciti a condividere questa necessità e questa funzione al di fuori della cerchia ristretta del Terzo settore tradizionalmente inteso.

Dicembre 2014: vengono arrestate 28 persone nell’operazione denominata “Mondo di mezzo”. Fra loro c’è Salvatore Buzzi, ex detenuto e fondatore della cooperativa sociale 29 giugno per il reinserimento dei carcerati. In poche settimane l’inchiesta su Mafia capitale si prende le prime pagine. Sul banco degli imputati insieme a Buzzi, Carminati e soci finisce la cooperazione in quanto tale. I buoni sono diventati furbi e cattivi. È l’inizio dello storytelling del business delle cooperative.

Aprile 2017: l’allora viceministro Luigi Di Maio, oggi responsabile del ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale, conia la formula dei taxi del mare gettando ombre sull’attività delle imbarcazioni di volontari che salvano vite nel Mediterraneo, sostanzialmente accusati, con la sponda di Matteo Salvini, di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani. È l’inizio della campagna contro le organizzazioni non governative dentro cui siamo ancora impantanati. Come hanno reagito il mondo della cooperazione e quello delle ong di fronte a questa offensiva? Sostanzialmente in difesa. Con dichiarazioni, comunicati, dati, smentite. Un flusso di “controinformazione” che noi abbiamo contribuire ad alimentare e ad arricchire. Un flusso però che poteva e può essere più forte. Più incisivo. Meno routinario. Più strategico e virale.

La riforma del Terzo settore ha finalmente dato una casa comune agli oltre 350mila soggetti che in Italia si spendono per l’interesse generale. Quello che ancora non c’è è un sentire comune che, per stare ai nostri esempi, “imponga” alle ong di schierarsi nella difesa della buona cooperazione e alle cooperative di percepire come esistenziale la battaglia per la difesa dello spazio umanitario. Un sentiment condiviso va edificato. A questo è chiamata Vita: alla costruzione di un interesse comune che leghi insieme tutti quei soggetti orientati al bene generale. A prescindere dalla loro qualifica giuridica. E dovremo farlo senza buonismi e senza dare nulla per scontato (per intenderci: le ong e le coop non sono “buone” per statuto o per natura), ma anche nella consapevolezza che oggi il mondo del sociale non ha bisogno della vetrina pubblica che tanto agognava 25 anni fa o di una rappresentanza formale sui tavoli ministeriali, ma di condividere, su un quadrante molto più largo di un tempo, una visione e un progetto di Paese.

Come cambiare passo? Mettendo a valor comune le istanze che animano il mondo che raccontiamo e dentro cui siamo immersi. Una sfida che passa dalla capacità di discernere a prescindere dalle etichette e dalla creazione di un linguaggio comune…


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La festa di VITA

Per festeggiare il nostro anniversario vi invitiamo a “The Next 25”, una giornata organizzata, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e in partnership con il Gruppo Unipol, in programma il 25 novembre in Triennale Milano, a partire dalle ore 15.

L’obiettivo è quello di immaginare insieme ad interlocutori esterni quale spazio futuro ci sarà per il non profit italiano, a partire dalle grandi questioni sociali. Ma ci chiederemo anche quale ruolo il non profit potrà giocare nel disegnare lo sviluppo del nostro Paese.

L’evento si svilupperà in tre momenti, per cercare di tracciare scenari su alcuni temi sfidanti e cruciali. Sarà il tentativo di offrire una nuova visione in una direzione più equa per la finanza e di immaginare soluzioni sostenibili per lo sviluppo urbano.
Un terzo momento vedrà protagonisti gli attori di grandi organizzazioni non profit che come Vita in questo 2019 compiono 25 anni (Banca Etica, Emergency, Forum del Terzo Settore, Progetto Arca), che cercheranno di tracciare i percorsi che le attendono.

È un pomeriggio aperto a tutti, in particolare alle associazioni che in questi anni hanno condiviso il percorso di Vita, partecipando al Comitato Editoriale. Vi aspettiamo.


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