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Ma i bambini non sono isole

Gianluca Budano e Ivano Abbruzzi, portavoci di Investing in Children, richiamano l'attenzione sul gap che si è creato fra bambini durante la pandemia. «Dei bambini in povertà si sta parlando ancora pochissimo. Eppure vivono una situazione specifica, quindi hanno bisogno di politiche specifiche. Serve un passo in più, al di là delle iniziative singole. Serve un approccio di sistema. Se non si lavora bene di assistenza sociale non gira niente perché la famiglia è un insieme, non basta una scuola migliore se la famiglia vive solo di sussidi»

di Sara De Carli

C’è un elemento che è sfuggito alle varie task force. O che, seppur visto, è stato lasciato ai territori: «cioè il fatto che in un tempo emergenziale, per chi era in una condizione già di disuguaglianza il gap è cresciuto in maniera più che proporzionale: chi stava indietro, oggi è più indietro». Parte da qui Gianluca Budano, co-portavoce di Investing in Children, il network nato per tutelare l’inclusione e il benessere dei minori in povertà in Italia.

Primo tema di attenzione, il digitale. «Le potenzialità dell’utilizzo del digitale sono indiscusse, il problema è se inizia a costruirsi invece – dal punto di vista culturale – un aspetto per cui le tecnologie invece di essere qualcosa per l’innovazione e il miglioramento dell’offerta formativa diventassero tout court l’offerta formativa. Non vorrei che nascesse il filone delle “università telematiche” sull’obbligo scolastico», dice. Secondo, la disabilità e la fragilità: «Analogamente a come sono state garantite per decreto le cure domiciliari in condizioni di sicurezza, su istanza delle famiglie andava pensato – andrà pensato per settembre – che gli alunni con disabilità ma anche gli alunni in carico ai servizi sociali per varie ragioni abbiano diritto alla continuità didattica in presenza, uno a uno, a domicilio o a scuola, tramite educatore e docente di sostegno. Va garantita perché per loro è maggiore il rischio di aggravio della condizioni di partenza». Terzo, fare leva sull’estate come «straordinaria occasione educativa. Questo non è il tempo dell’animazione ma dell’educazione: quest’estete servono professionisti dell’educazione, anche nell’ottica dell’inclusione. Le esperienze esistenti vanno riqualificate e accompagnate da professionisti e sarà importante il ruolo dei Comuni, che dovranno integrare il volontariato e la parrocchia con la cooperazione sociale più strutturata ma anche la scuola, immaginando magari dei “capi estivi di aula o di plesso” per recuperare tre mesi di mancate relazioni fra compagni di classe. La progettazione dell’estate non prescinda dal contributo degli insegnanti, almeno in termini di coprogettazione, non chiedo di farli lavorare nei campi estivi, ma che essendo in servizio a giugno e luglio possano coprogettare con i Comuni e con le organizzazioni. Il ritardo di nozioni, si può recuperare, quello relazionale richieste una strategia più complessa».

Ivano Abbruzzi è l’altro co-portavoce di Investing in Children. «Ci sono diversi approcci, in questo momento, alla questione infanzia. Uno più universalistico, che guarda ai bambini all’interno della loro famiglia. Riguarda tutti, perché tutte le famiglie – chi più chi meno – stanno vivendo un momento di fragilità e tutto ciò che supporta le famiglie è benvenuto», dice. Poi c’è l’approccio dei diritti, che mette al centro i bambini e i ragazzi: «Qui c’è il grande tema della protezione dei diritti violati ma anche il diritto ad essere ascoltati, il diritto alla partecipazione e alla cittadinanza attiva. È importante che i bambini siano coinvolti nei processi decisionali, nel progettare il futuro loro e della scuola… di questo coinvolgimento non c’è traccia. Né la scuola né la politica sono abituate ad ascoltare i bambini e i ragazzi, mentre è importante che quando loro siano nei tavoli, che le loro proposte siano ascoltate dagli adulti e che le proposte degli adulti siano vagliate dai ragazzi. Devono entrare sistematicamente nei processi decisionali, in ogni ministero, regione, comune, associazione. Non è difficile, è che manca l’abitudine».

E poi il capitolo, specifico, dei bambini in povertà. «Di loro si sta parlando ancora pochissimo. Eppure vivono una situazione specifica, quindi hanno bisogno di politiche specifiche. Pensiamo alla Didattica a distanza, che si dice abbia raggiunto il 90% degli studenti. Ma un bambino che vive in una famiglia in povertà assoluta non ha i dispositivi, né la mentalità per quello standard. C’è bisogno qui davvero che Terzo settore e scuola lavorino bene insieme, accanto a queste famiglie: servono tablet e connessioni ma anche una alfabetizzazione informatica, un affiancamento nei compiti… Se non si lavora bene di assistenza sociale, con la chiave nuova dell’inclusione attiva, non gira niente perché la famiglia è un insieme, non basta dare una scuola migliore al bambino se la famiglia vive solo di sussidi. E serve un passo in più, al di là delle inziative singole. Deve diventare un approccio alla scuola che nasce dal Ministero dell’Istruzione di concerto con gli altri ministeri, ci deve essere un’azione congiunta per capire cosa mettere in campo per aiutare il singolo bambini in povertà assolta a restare in DAD. Ci vuole consapevolezza e un orientamento unitario, dal Ministero dell'Istruzione al singolo Provveditorato. La scuola per questi bambini non è andata bene per niente e dobbiamo lavorare bene affinché tutte le problematiche vengano “aggredite” in maniera sostanziale, con la messa a sistema dei progetti di inclusione, altrimenti a settembre saremo daccapo…».

La task force di esperti giudata dal professor Colao ha indicato fra le azioni da intraprendere anche l'istituzione di un fondo di contrasto alla povertà alimentare minorile «per l’attivazione di nuovi servizi di refezione scolastica o per aumentare l’offerta gratuita nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado presenti sui territori ad alto tasso di povertà minorile, al fine di contrastare la povertà alimentare minorile, garantire l’apertura pomeridiana delle istituzioni scolastiche anche per attività extracurricolari, promuovere il diritto al cibo sano e sostenibile»; l’istituzione di una dote educativa, connessa ad un piano educativo di sostegno personalizzato da proporre ai nuclei familiari con minorenni e/o donne in stato di gravidanza beneficiari del RdC e del REM; tramite questa dote si può fra l'altro eliminare il digital divide tra i minori, fornendo l'attrezzatura informatica necessaria a tutte le famiglie che non ne dispongano e formando i bambini all'utilizzo; un programma di contrasto alla povertà minorile (Child Guarantee), con azioni tese a garantire l’accesso dei minori in povertà assoluta a servizi socio-assistenziali adeguati, a servizi educativi pubblici e provati per la prima infanzia, ad un sostegno materiale, anche al fine di rispondere alle conseguenze di lungo termine dell’emergenza Covid-19 (cui la Commissione Europea ha proposto di destinare il 5% delle risorse del Fondo Sociale Europeo + del prossimo bilancio pluriennale 2021-2017).


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