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Non solo figli, anche fratelli: rivoluzione nelle famiglie arcobaleno

Il Tribunale per i Minorenni di Bologna riconosce il legame di fratellanza fra la bambina e i due gemelli nati dalle due mamme: una scelta «nell’esclusivo interesse dei minori ed in ossequio al principio di ragionevolezza che deve sempre guidare gli operatori del diritto», perché diversamente i bambini «vivrebbero una distorsione tra realtà fattuale e giuridica»

di Sara De Carli

Le due mamme si sono conosciute nel giugno 1996, quando entrambe frequentavano l’università di Bologna. Nell’estate 2000, le due donne decidono di andare a convivere, prima a Bologna e poi a Milano. È il maggio 2010 quando iniziando il loro percorso verso la genitorialità. Nasce una bimba e poi, dopo quattro anni, due gemelli. La madre biologica dei bambini è diversa, poiché «entrambe le donne desideravano sperimentare la maternità», ma «da sempre si sono prodigate entrambe per la cura e la crescita dei tre minori sotto ogni aspetto, instaurando con gli stessi un solido legame affettivo e dimostrando la loro capacità ad adempiere alle responsabilità derivanti dal proprio ruolo genitoriale». Le due donne concordano «ogni scelta relativa all’educazione ed alla crescita» dei bambini e sono per loro «un solido e costante punto di riferimento». I bambini si rivolgono a entrambe chiamandole “mamma” e «le due donne sono parimenti riconosciute come figure genitoriali in tutte le relazioni esterne e nei contesti istituzionali». I servizi sociali scrivono che entrambe sono «presenti» nella vita dei bambini «in modo intercambiabile».

Fin qui si tratta della valutazione del Tribunale per i Minorenni di Bologna per decidere di un’adozione ex articolo 44 lettera d) della legge 184 del 1983, quella strada che da anni ormai viene seguita per la stepchild adoption, ossia l’adozione dei figli nati all’interno di una coppia dello stesso sesso e figli biologici di uno solo dei due. Ai tempi della discussione della legge Cirinnà, la stepchild adoption fu al centro delle polemiche e alla fine venne stralciata, con Melita Cavallo, ex presidente del Tribunale per i Minori di Roma che però raccontava di come solo presso il Tribunale che lei guidava fossero già state fatte almeno 14 adozioni con articolo 44 lettera d) per coppie dello stesso sesso conviventi. «Di adozioni con l’articolo 44 d) se ne fanno centinaia, in tutti i tribunali: se non si fosse detto che le due persone in questione sono conviventi sarebbe andato tutto liscio. Ma il giudice non può discriminare in base all’orientamento sessuale, lo dice la Costituzione», diceva.

Nel marzo 2016 ci fu un “prima volta”: il Tribunale per i minorenni di Roma riconobbe la prima stepchild adoption “incrociata”, riconoscendo a due donne la possibilità di adottare la figlia biologica dell’altra. E così arriviamo a giugno 2020. Anche in questo caso di tratta di una stepchild adoption incrociata, con due sentenze gemelle. Ma questa volta, con la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bologna del 25 giugno 2020, i tre bambini vengono anche riconosciuti come fratelli fra loro. È una prima volta, perché l’adozione particolare ex art. 44 lettera d) a differenza dell’adozione legittimante non prevede l’instaurarsi di legami con gli altri figli del genitore adottivo né con i nonni. I tre bambini in questione invece avranno tutti lo stesso doppio cognome e saranno fratelli. Per il riconoscimento del legame di parentela rispetto agli ascendenti, invece «il Tribunale per i minorenni non può esprimersi nel merito, in quanto, risulta competente in via esclusiva il Tribunale ordinario».

Il Presidente Giuseppe Spadaro, spiega così in sentenza le radici di una scelta che si àncora nel best interest del minore: diversamente i tre bambini «paradossalmente, vivrebbero una condizione di fatto familiare in cui avrebbero il medesimo cognome e gli stessi legami affettivi, ma una condizione giuridica che li vedrebbe estranei gli uni agli altri, pur nella comunanza di vita. Pertanto, nell’esclusivo interesse dei minori ed in ossequio al principio di ragionevolezza che deve sempre guidare gli operatori del diritto, si ritiene doveroso fare applicazione dell’interpretazione dell’art. 74 c.c. come sopra richiamata, ed estendere ai predetti minori il legame di fratellanza. È doveroso, inoltre, operare tale riconoscimento nel perseguimento del best interest del minore, il quale nella formazione della propria personalità nonché della propria identità personale, vivrebbe, viceversa, una distorsione tra realtà fattuale e giuridica che, oltre ad essere inammissibile, gli arrecherebbe senza dubbio un concreto pregiudizio. La costituzione di tale legame di fratellanza, inoltre, ha importanti ricadute in ambito successorio ove, in assenza, i predetti minori non potrebbero vantare alcun diritto ereditario gli uni verso gli altri, nonché in altri ambiti sociali, come quello sanitario, ove, come noto, l’assenza di parentela preclude l’accesso ad una moltitudine di diritti e di doveri».

Photo by Sharon McCutcheon on Unsplash


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