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Dalla laurea alle Olimpiadi: i traguardi dei giovani rifugiati

Il team di Moas ha raccolto alcune storie positive di giovani rifugiati che si sono distinti per la loro motivazione, forza e creatività nonostante vivano in una condizione difficile

di Redazione

I giovani rifugiati rappresentano una percentuale in crescita tra le persone migranti nel mondo. Nel 2019 di tutta la popolazione mondiale di rifugiati il 12% aveva meno di 18 anni e l’11,4% tra 15 e 24 anni.

Tutti i giovani, inclusi i rifugiati, condividono l’energia e l’entusiasmo caratteristici di questa età. Sono ragazzi che si trovano spesso a dover affrontare molti problemi dovuti alla loro condizione, eppure la maggior parte di loro riesce a non perdere la speranza e la voglia di aiutare. Lo dimostrano i numerosi esempi di giovani rifugiati che si impegnano per migliorare la loro condizione e per aiutare le comunità in cui vivono mentre continuano ad inseguire i loro sogni.

Giovani rifugiati durante il COVID-19. La recente crisi mondiale dovuta alla diffusione del COVID-19 ha creato ulteriori problemi ai giovani rifugiati. Ciononostante, molti di loro hanno dato un contributo prezioso alle comunità in cui vivono, fornendo aiuto e supporto, a cominciare dai tanti rifugiati infermieri e medici: Moheyman, iracheno fuggito in Iran, o Bahati, rifugiata ruandese in Kenya, hanno combattuto in prima linea il coronavirus in ospedali e strutture sanitarie, mettendo la loro preziosa esperienza al servizio dei piu’ bisognosi.

Altri giovani rifugiati hanno supportato le comunità in cui vivono mediante la creazione e la fornitura di materiali e prodotti essenziali durante l’emergenza. La giovane Adhieu dal Sud Sudan, ad esempio, ha aiutato la comunità del campo profughi dove abita, in Kenya, realizzando mascherine fatte a mano, sapone e persino respiratori con i pochi materiali che è riuscita a reperire.

Sogni e speranze di giovani rifugiati. Come i loro coetanei, i giovani rifugiati hanno sogni e speranze, desiderano seguire le proprie passioni e talenti. Anche se le difficoltà che affrontano potrebbero scoraggiarli, perseguono con determinazione i loro obiettivi. Proprio come qualsiasi altro giovane, i rifugiati hanno ambizioni diverse: alcuni di loro desiderano diventare medici e aiutare le persone malate, altri sognano di fare gli artisti, altri ancora aspirano a divenire atleti. Anche in momenti critici, non si arrendono: le speranze dell’intero Refugee Olympic Team non sono state smorzate dal posticipo dei giochi olimpici dovuto alla pandemia, visto che continuano ad allenarsi per le Olimpiadi di Tokyo 2021. Questi giovani atleti rifugiati praticano diversi sport, come Jamal Mohammed, mezzofondista, o Ehsan Naghibzadeh, campione di taekwondo. Sono tutti dovuti fuggire dalla loro patria a causa della guerra, ma hanno potuto continuare ad allenarsi nei Paesi ospitanti, che hanno offerto loro la possibilità di arrivare fino alle Olimpiadi.

Molti giovani rifugiati cercano di ottimizzare le opportunità offerte dai Paesi ospitanti, soprattutto nell’ambito dell’istruzione. In Italia, per esempio, Bouba, maliano, è stato il primo beneficiario di protezione internazionale a laurearsi in Architettura – Pianificazione e politiche per la città, l’ambiente e il paesaggio all’Università di Sassari, in Sardegna, realizzando così il suo sogno: ora punta ora a un Master in Europa, per poi fare ricerca ed insegnare. Un altro esempio è quello dell’ugandese Fred Okot, che è riuscito a laurearsi in Management delle Risorse Umane durante la pandemia, discutendo la sua tesi online, secondo quanto previsto dal decreto italiano per il Coronavirus.


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