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Cooperazione & Relazioni internazionali

Libano & Tunisia, Di Maio batti un colpo

Sui due fronti caldi della cooperazione internazionale, a parte le dichiarazioni di rito, poco o nulla è stato fatto. Il “non lasceremo solo il popolo libanese” del responsabile della Farnesina è strettamente legato al “ci sarà una risposta internazionale e sono felice che Paesi come la Francia siano in prima linea per aiutare il Libano”. Sulla Tunisia poi, ha perfino minacciato il contrario di quanto dovrebbe fare un ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Urge un cambio di passo

di Nino Sergi

E’ difficile capire a quale istituzione governativa, ministeriale, politica spetti di decidere interventi straordinari che richiedono di conseguenza decisioni straordinarie di fronte a circostanze come quella del Libano ma anche della Tunisia, tanto per fermarci all’attualità. Si tratta di decisioni che superano l’ordinarietà della programmazione annuale di bilancio e che sono richieste dall’essere l’Italia la settima potenza industriale del mondo, dalla sua posizione geopolitica, dall’aspirazione ad avere un ruolo a livello internazionale e nel quadro mediterraneo.

Sul Libano e su quanto accaduto a Beirut tutti hanno espresso solidarietà e vicinanza, hanno fatto toccanti dichiarazioni, hanno manifestato intenzioni di “incondizionato sostegno in questa dolorosa circostanza”. Tra il presidente Conte, il ministro Di Maio e la viceministra Del Re, le persone istituzionalmente coinvolte, c’è stata una lodevole gara. “L’Italia farà tutto quel che le è possibile per sostenerlo”. "Siamo pronti a rispondere alle esigenze più urgenti e a fornire tutta l'assistenza necessaria". ”Siamo molto vicini al popolo libanese. Lavoreremo nei prossimi giorni per dare il massimo sostegno. Per ora abbiamo inviato vigili del fuoco, personale specialistico, otto tonnellate di aiuti sanitari. Ci sarà una risposta internazionale… daremo tutto il nostro contributo”. “Siamo pronti ad aumentare ulteriormente la nostra risposta alle richieste e agli appelli delle agenzie ONU, della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa Internazionale e stiamo valutando ulteriori possibili stanziamenti”.

Ulteriori possibili stanziamenti, appunto. Ma chi li decide? Per ora, la Cooperazione governativa si trova ad agire con tanta buona volontà ma con pochi fondi residui, alcuni già allocati altrove ma “riallocabili” (che significa coprire nuovi bisogni scoprendone altri che stavano per essere coperti: in pratica il giuoco delle tre carte) e alcuni destinati ad altri settori in Libano e ora diversamente indirizzati. Si tratta comunque di pochi fondi “riallocabili”.

E’ questa la cooperazione internazionale per le emergenze e lo sviluppo di un Paese che vuole e pretende di contare nel mondo? O almeno nell’area mediterranea? Purtroppo sì, è questa. Ma torniamo alla domanda: chi decide i nuovi indispensabili stanziamenti che possano tradurre le parole e le dichiarazioni in atti politici e in fatti concreti?

Il ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri non può certo muoversi di sua iniziativa per coprire competenze che non gli sono proprie. Potrebbe farlo, magari per una cifra pari a quella che è stata ‘semi-condonata’ ad un partito che ha truffato lo Stato (i 49 miliini della Lega): si tratta di uno stanziamento indispensabile per il 2020 per coprire almeno le necessità più urgenti nei due contesti mediterranei a cui ho fatto riferimento: Libano e Tunisia. Ma qualcuno deve chiederglielo, con il consenso del Consiglio dei ministri.

Potrebbero essere le Commissioni Esteri dei due rami del Parlamento con i loro presidenti Vito Rosario Petrocelli e Piero Fassino ma, dopo le dichiarazioni di rito, le porte del Senato e della Camera si sono chiuse per la meritata pausa estiva.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte potrebbe farlo, coerentemente con il suo “l’Italia farà tutto quel che le è possibile per sostenere il Libano”, ma giustamente aspetta di essere sollecitato dal ministro competente, che è il ministro Di Maio.

Il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, nonostante – si possono immaginare e comunque sperare – le insistenze della viceministra per la cooperazione allo sviluppo Emanuele Del Re, rimane ancora vago e alquanto disattento sulla seconda parte del suo ministero (la cooperazione internazionale, appunto). Sul Libano, dopo i tempestivi interventi immediati (vigili del fuoco, personale specialistico, otto tonnellate di aiuti sanitari) il suo “non lasceremo solo il popolo libanese” è strettamente legato al “ci sarà una risposta internazionale e sono felice che Paesi come la Francia siano in prima linea per aiutare il Libano”. Sulla Tunisia poi, ha perfino minacciato il contrario di quanto dovrebbe fare un ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

La speranza da un lato e dall’altro la fiducia nell’intelligenza politica che il ministro Di Maio ha saputo spesso dimostrare rimangono ora le due ancore di salvezza perché la cooperazione internazionale dell’Italia, settima potenza industriale mondiale (è bene ribadirlo) possa assumere quel valore politico e quella consistenza finanziaria che il Parlamento, anno dopo anno, ha sempre ribadito. A partire dall’aiuto al Libano, fin d’ora e nei prossimi mesi del 2020.


*presidente emerito di INTERSOS, policy advisor di LINK 2007


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