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Ucraina, il compito della scuola ora è «riparare i viventi»

Nella nuova nota alle scuole, il capo dipartimento del Ministero, Stefano Versari, scrive: «La scuola è luogo in cui, attraverso molteplici forme di insegnamento e di relazioni educative, si crescono nuove generazioni e, quando purtroppo occorre, si curano le ferite dell’anima. Non con la medicina, non con la terapia, ma con l'umanità, utilizzando gli strumenti della pedagogia e della didattica

di Sara De Carli

«Riparare i viventi»: Stefano Versari, capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione, sintetizza così i tanti interventi necessari per farsi carico dei bisogni dei bambini e dei ragazzi in fuga dalla guerra in Ucraina. «Fra i molteplici interventi necessari, l’insieme di queste condizioni rende centrale l’azione sommativa della cura, riparare i viventi». Parte così la nuova nota diramata dal Ministero dell’Istruzione il 24 marzo, con “Contributi alla riflessione pedagogica e didattica delle scuole per gli studenti profughi dall’Ucraina”.

Versari, in una recente intervista, ne aveva anticipato a Vita i contenuti. Il 24 marzo intanto, a un mese dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, gli alunni profughi che avevano iniziato il loro percorso nelle scuole italiane erano 4.809 (dato Ministero Istruzione).

Dopo la prima nota del 4 marzo, «si rende ora necessario affrontare in maniera maggiormente riflessiva e strutturata l’accoglienza nelle istituzioni scolastiche dei tanti studenti profughi, consapevoli che gli arrivi proseguiranno e che le devastazioni in corso comporteranno, probabilmente, lunghi tempi di permanenza nel nostro Paese», articolando le azioni in tre fasi temporali. Una prima fase di “tempo lento per l'accoglienza”, fino alla conclusione di questo anno scolastico, volta primariamente alla ricomposizione di gruppi di socializzazione, all'acquisizione di prime competenze comunicative in italiano, all’affronto dei traumi e, per quanto possibile, a dar continuità ai percorsi di istruzione interrotti. Una seconda fase di “consolidamento e rafforzamento”, anche con la collaborazione delle comunità territoriali, mediante patti di comunità, nel periodo estivo. Una terza fase di “integrazione scolastica”, nell’a.s.2022/2023, «con modalità diversificate in relazione ai contesti particolari e alle condizioni generali che si realizzeranno, al momento ancora in gran parte ignote», annota Versari.

«Merita sottolineare ancora una volta l’importanza dell’accoglienza e dell’inclusione degli studenti i nelle nostre comunità scolastiche e delle loro famiglie nella società civile. Le ferite del corpo sono visibili e richiamano immediatamente l’ospedale e le cure. Le ferite peggiori tuttavia, sono quelle che non si vedono ad occhio nudo. La scuola è luogo in cui, attraverso molteplici forme di insegnamento e di relazioni educative, si crescono nuove generazioni e, quando purtroppo occorre, si curano le ferite dell’anima. Non con la medicina, non con la terapia, ma con l'umanità, utilizzando gli strumenti della pedagogia e della didattica», conclude la nota. Allegati alla nota, sitoggrafia e spunti per la riflessione pedagogica e didattica, con una raccolta di contributi diversi pervenuti dal mondo della scuola e dell'università, in questi primi giorni di conflitto.

Photo by Yura Khomitskyi on Unsplash


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