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Looking4: a Novara per guardare al futuro con gli occhi della comunità

Dal borgo creato in Brianza per ospitare i malati di Alzheimer al progetto di solidarietà diffusa in Valtellina, nella prima tappa del percorso partecipativo voluto da Fondazione Cariplo in occasione dei 30 anni, sul tema del declino demografico e delle nuove povertà, sono emersi i primi “capitoli” dell’atlante dei bisogni che questo progetto intende costruire ascoltando i territori. Marco Rasconi, coordinatore della Commissione servizi alla persona : «Quando parliamo di una singola fragilità, parliamo di tutte le fragilità»

di Nicola Varcasia

Si può guardare al futuro con occhi diversi? Sì, se gli occhi che vedono, imparano, soffrono e sorridono sono quelli di una comunità. È questo il messaggio di sano realismo e affascinante speranza che è arrivato da Novara dove, nella bellissima cornice del Teatro Coccia, si è svolta la prima tappa di Looking4, il percorso partecipativo voluto da Fondazione Cariplo in occasione dei suoi primi 30 anni di attività.

I motivi di interesse della giornata dedicata a “L’età giusta per tutte le età” sono stati molteplici. A cominciare dalla relazione iniziale di Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, che ha chiarito in modo inequivocabile che per parlare di futuro in un Paese come l’Italia, caratterizzato da un declino demografico importante, occorre una volontà forte nel non negare i problemi, una pazienza tenace nel conoscerli e uno sforzo di visione e progettualità imponente per affrontarli. Un dato su tutti ha colpito: con la curva attuale, anche considerando ipotesi statistiche meno negative, i 12 milioni di potenziali mamme di oggi rischiano di scendere a 8 in pochi decenni.

Marco Rasconi, coordinatore della Commissione servizi alla persona di Fondazione Cariplo, parte proprio da qui: «I numeri dell’Istat ci dicono che dobbiamo cominciare un percorso per trovare soluzioni che non avremo domani o dopodomani, ma tra 40 o 50 anni. E così costruire una base su cui poi qualcuno dovrà andare avanti».

Al di là dei numeri, la parte del leone del percorso Looking4 sono le esperienze in atto, che già oggi rappresentano i mattoncini preziosi per costruire la base di cui parla Rasconi. La prima giornata di Looking4 è stata infatti una vera e propria maratona dell’ascolto, con una quindicina di racconti su progetti realizzati in diversi territori, intervallati da una magistrale riflessione di Alessandro Baricco sull’intelligenza collettiva come forma dell’incontro tra tutte le generazioni e dalle sollecitazioni di Alessandro Rosina sul valore e la riscoperta del lavoro come antidoto alla deriva Neet. I progetti presentati fanno parte delle centinaia di iniziative che negli anni scorsi sono state sostenute da Fondazione Cariplo attraverso il sistema delle fondazioni comunitarie che, a loro volta, costituiscono l’ossatura territoriale dell’azione sociale della Fondazione. I progetti presentati in questa prima tappa hanno riguardato l’ageing, l’inclusione sociale e l’accoglienza abitativa.

Roberto Mauri, presidente della cooperativa La Meridiana, di Monza, ha presentato “Il Paese ritrovato”, un borgo composto da vie, piazze, giardinetti, negozi, il teatro, la chiesa, la biblioteca, l’orto e gli appartamenti (ciascuno con otto camere singole dotate di servizi) che, nel loro insieme, costituiscono un luogo di cura per persone affette da demenza e Alzheimer. Questo progetto ha rivoluzionato il modo di intendere la cura e l’assistenza verso queste persone offrendo loro la possibilità di vivere la propria autonomia residua in libertà e al tempo stesso di usufruire della necessaria assistenza e protezione. La Meridiana aveva già una lunga esperienza nel campo, con l’apertura del primo centro diurno nel 1983, ma il dilagare del bisogno unito anche all’esigenza di vincere lo stigma che ancora avvolge queste problematiche richiedeva nuove soluzioni. Spiega Mauri: «Ricoverare in un nucleo Alzheimer persone con demenza che non hanno disturbi del comportamento esplosivi richiede a loro e alle famiglie uno sforzo e un adattamento terrificante. C’era l’obbligo di trovare qualcosa di più rispettoso della persona. Con questo stesso spirito, oggi ci siamo confrontati con alcune delle esperienze presentate qui rispetto al coinvolgimento degli anziani attivi».

Massimo Bevilacqua ha raccontato una interessante esperienza dall’area Sondrio – 56 mila abitanti di cui la metà vive in città e il resto in 22 piccoli comuni – dove, con il progetto “Più segni positivi”, la cura delle persone e del territorio viene valorizzata come risposta comunitaria alla crisi. Questo progetto di comunità offre un'occasione di ripartenza a persone e famiglie che, in seguito a un evento imprevisto come la perdita del lavoro, una separazione, malattia, invalidità o lutto, hanno visto ridotta la propria capacità economica e si trovano in una condizione di difficoltà e vulnerabilità. Due le azioni principali: un Emporio solidale in cui fare la spesa gratuitamente e usufruire di una serie di opportunità e servizi e l'attivazione di percorsi di reinserimento occupazionale sottoforma di Cantieri volti al recupero del territorio. Nel suo racconto, particolarmente coinvolgente, Bevilacqua ha ricordato il “tweet” che lanciava questo progetto di welfare in azione che dalla fine del 2014 ha coinvolto venti realtà non profit: «Davvero un cambio di sguardo può cambiare il corso delle cose? Nelle piccole comunità di montagna le fragilità si vedono bene, ma si guardano male. Proviamo a cambiare gli occhiali». La nuova lettura dei bisogni legati alle povertà emergenti da parte di “Più segni positivi” ha consentito così di scrivere tante pagine nuove dove «non si parla più rottamazione ma di recupero».

Chiediamo a Rasconi una suggestione conclusiva: «Mi ha molto colpito la trasversalità degli interventi. Ad esempio, oggi abbiamo sentito l’esperienza di persone anziane che manifestavano il desiderio di rimanere a casa e non andare in un istituto. Ecco, questo senso della casa, del non lasciare la propria vita ci dice che la fragilità non fa scomparire il bisogno di mantenere la propria identità interiore e questo è un bisogno trasversale. Anche le persone che scappano dai loro Paesi vogliono ritrovare quella casa e quello stesso senso di appartenenza a un luogo». Ecco che, allora, più si entra nel particolare, più il discorso torna al globale: «Quando parliamo di una fragilità, non stiamo parlando di una sola fragilità: l’accesso alla casa, al lavoro, il senso di appartenenza, il lavoro che nobilita sia le persone con disabilità sia i Neet ci mostra che più entriamo nel dettaglio più ritorniamo al mondo ampio. Questo è il senso dell’umanità stessa».

Di questa umanità all’opera potete trovare traccia anche nel numero di giugno di Vita, in cui raccontiamo l’esperienza di Cometa, presente anche ieri a Novara con Alessandro Figini per il progetto For&From, il negozio che offre impiego a 10 persone con disabilità a Como. Quanto a Looking4, la prossima tappa sarà proprio nel territorio comasco, a Cernobbio, mercoledì 15 giugno, per approfondire ancora questo nuovo sguardo al futuro con gli occhi della comunità.


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