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Looking4, da Pavia l’idea di un laboratorio per l’innovazione sociale

La quarta tappa dell’evento di Fondazione Cariplo per i trent’anni di attività ha trovato una prima sintesi di un viaggio che, nel mese di giugno, ha tenuto insieme inclusione, ambiente, cultura e scienza. Dall’Ateneo di Alessandro Volta, la proposta di rafforzare i legami tra comunità, territorio e ricerca attraverso luoghi e momenti di condivisione

di Nicola Varcasia

C’è un giovane professionista che da bambino andava a funghi col nonno e poi, da grande, ha imparato a trasformarli in prodotti di moda sostenibili. C’è una dottoressa che unisce alta tecnologia e network per dare un nome a chi è scomparso in mare durante uno dei viaggi della speranza verso le nostre coste, mentre una sua collega, insieme con un team multi disciplinare, bussa alle porte di proteine sconosciute che nascondo le chiavi per sconfiggere le malattie rare. E poi c’è anche il professore di un istituto agrario capace di dare una svolta alle sue lezioni facendo appassionare gli alunni alle strumentazioni per l’agricoltura di oggi e di domani.

Sono tante le donne e gli uomini di scienza, tecnologia e genuina passione per il proprio lavoro, che hanno raccontato la loro esperienza di studiosi, imprenditori e manager nella quarta tappa di Looking4, il percorso partecipativo di Fondazione Cariplo in occasione dei trent’anni di attività. Per affrontare l’argomento proposto dal titolo, Pane e ricerca, il percorso è approdato nell’aula magna dell’Università degli Studi di Pavia, l’ateneo di Alessandro Volta e Lazzaro Spallanzani, per citare due tra le decine dei suoi più illustri studenti che hanno fatto la storia della scienza.

Il primo a prendere la parola è stato Alberto Sangiovanni-Vincetelli che, come lui stesso di definisce, è uno scienziato di esportazione e non un cervello in fuga, poiché la condivisione del sapere non può essere ridotta ai confini nazionali. Da tanti anni a Berkley, California, Vincetelli è tornato di recente nel nostro Paese per strutturare il Mind District, il nuovo polo scientifico che sta nascendo nell’ex area Expo, a Milano. Una lezione la sua, che ha toccato anche il punto nevralgico del rapporto tra ricerca e applicazioni industriali delle scoperte, andando al cuore del lavoro scientifico e, forse, del lavoro in quanto tale: «La buona ricerca è quella che porta qualcosa di nuovo, quella per cui, quando hai fatto qualche cosa, ti dà una gioia interiore di aver capito che la tua soluzione ha un valore e potrà essere usata, magari anche da qualcun altro che non sei tu. È come una rivelazione».

Il tema della condivisione dei saperi è stato di fatto quello che ha ispirato tutti i racconti passati in rassegna. Ne chiediamo una lettura trasversale a Giancarlo Albini, presidente della Fondazione Comunitaria di Pavia, espressione della comunità locale: «Ricordare oggi la storia e il contributo di Pavia allo sviluppo della civiltà umana, grazie ad alcune delle scoperte, come l’elettromagnetismo, che hanno cambiato il mondo, è un motivo, oltre che di orgoglio, di riflessione sul valore di una comunità e di un territorio. Non a caso nel secolo scorso Pavia e la sua provincia hanno dato spazio anche a due grandi santi, San Pampuri e San Luigi Orione e questo ci mostra come si possano coniugare, nello stesso spazio, ricerca e innovazione con l’attenzione agli ultimi e ai sofferenti». Per continuare a costruire progetti ed esperienze in cui la risposta al bisogno sia orientata realmente alle persone e non a logiche astratte di mercato, Albini avanza la proposta di costituire un laboratorio di innovazione sociale: «In Italia e nella società c’è bisogno di innovazione tecnologica ed economica, ma anche sociale. Un’innovazione che sappia cogliere i bisogni espressi dalle persone e dalle comunità e che a volte sono latenti. Un momento come questo, in cui tutti questi elementi sono rappresentati, può essere considerato come il punto di inizio augurale di questo cammino».

Un cammino che può già contare su tanti passi fatti, come ha osservato Francesca Lavatelli, dottoressa nel dipartimento di Medicina molecolare dell’ateneo pavese, nel suo intervento dedicato a spiegare quanto abbiamo già imparato dalle malattie rare, a loro volta molto importanti per aiutarci a capire anche la natura di altre patologie: «La medicina incontra i suoi limiti nelle malattie rare, la ricerca è impegnata a riempire questo vuoto di conoscenza e la conoscenza in medicina diventa cura». Nel suo caso, il team della dottoressa Lavatelli sta approfondendo con nuovi strumenti il funzionamento delle proteine cosiddette t-Dark all’origine della presenza dell’amilodosi da transtiletina, una malattia degenerativa dagli effetti molto drastici.

Sempre in tema di condivisione dei saperi, l’esperienza in tutt’altro ambito, di Tommaso Gianna, dell’Istituto Agrario Gallini, nella provincia Pavia, vicino a quelle di Alessandria e Piacenza, mostra come l’innovazione può essere accolta a braccia aperte anche in settori nei quali può sorgere una certa, consuetudinaria, diffidenza, ad esempio quello agricolo. Gianna ha dunque compiuto un grande sforzo di trasmissione di nuove competenze per il futuro. Attraverso la passione e l’esempio è riuscito a coinvolgere studenti inizialmente scettici all’utilizzo di sensori, droni, dati satellitari e agricoltura di precisione: «Le domande che mi sono posto hanno riguardato il come poter stimolare la curiosità dei ragazzi e come poter arricchire le loro conoscenze e renderle anche indelebili, non soltanto volatili».

L’accento sulle «domande giuste» che, nella scienza, a volte sono perfino più importanti delle risposte è stato posto anche da Amalia Ercoli Finzi, del Politecnico di Milano, in uno straordinario intervento in cui ha ricordato il suo impegno per cercare la vita su Marte, passando per la Luna, dopo aver contribuito a far atterrare una navicella su una cometa per studiare gli aminoacidi, ossia i «messaggeri della vita».

Looking 4 non finisce qui, anzi, il 14 luglio, a Milano si terrà l’evento di restituzione in cui si farà il punto su che cosa è emerso in questo viaggio e che sarà il punto di partenza per la costruzione di quell’atlante partecipativo dei bisogni su cui Fondazione Cariplo intende proseguire la sua attività nei prossimi anni. A questo sono serviti i tavoli di lavoro che, anche nella giornata di ieri, hanno arricchito il carnet di proposte e spunti su cui lavorare. Dall’inclusione sociale della prima tappa novarese, passando per l’attenzione all’ambiente e allo sguardo culturale della seconda alla terza tappa a Cernobbio e Brescia, si è giunti alla scienza, ai dati e alla condivisione dei saperi. Solo in un percorso di questo tipo, forse, i parassiti per eccellenza, quali sono i funghi, si riscoprono per ciò che realmente sono o possono diventare, se opportunamente considerati: promotori di sviluppo sostenibile.


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