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Terzo settore e governo, le partite che non possiamo lasciare in sospeso

Quali sono le partite che riguardano il non profit e che non possiamo permetterci di lasciare ancora in sospeso in questi ultimi giorni di attività parlamentare e di Governo, prima dell’avvio della fase elettorale? Dai correttivi fiscali previsti nel decreto semplificazioni alla definitiva richiesta di autorizzazione alla Commissione europea, ecco i punti su cui la fine del Governo Draghi non può arrestare il cammino del Terzo settore

di Gabriele Sepio

Non fermiamo il cammino del Terzo settore. Nello scenario politico che si va delineando, restano diverse cose che non possiamo permetterci di lasciare in sospeso in questi ultimi giorni di attività parlamentare e di Governo prima dell’avvio della fase elettorale. Per migliaia di enti del Terzo settore, specie in questo momento storico, è di fondamentale importanza concludere l’iter della riforma e consentire l’operatività degli strumenti e delle opportunità per le quali già dal 2016 sono state stanziate risorse ancora in massima parte non utilizzate.

Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale nei giorni scorsi del Decreto che dà finalmente il via libera al social bonus e delle linee guida sulla raccolta fondi, è indispensabile concludere l’iter di approvazione del pacchetto di modifiche ai decreti di riforma del Terzo settore proposto all’art. 26 del DL semplificazioni (DL 73 del 2022, passato in prima lettura alla Camera dei Deputati). Si tratta di un passaggio importante frutto di un intenso lavoro di concerto tra ministero del Lavoro, ministero dell’Economia e finanze e Forum del Terzo settore e che introduce alcune semplificazioni e correttivi alle disposizioni fiscali e non solo. L’importanza dell’approvazione delle modifiche in questione è cruciale anche per l’avvio della richiesta definitiva di autorizzazione alla Commissione europea con la quale è stato avviato un confronto per ottenere il via libera alle misure fiscali.

Sarebbe davvero grave – oltre che decisamente incomprensibile – che le forze politiche e il Governo ancora in carica in questa fase non riuscissero a concordare l’approvazione in aula di un pacchetto di emendamenti mirato a sostenere gli enti del Terzo settore in un momento cosi difficile per il Paese. La mancata approvazione sarebbe ancora più grave se pensiamo che gli emendamenti non solo sono stati già concordati dai ministeri competenti ma dispongono anche della necessaria copertura finanziaria. Il ruolo strategico degli enti del Terzo settore, reso ancora più evidente dalla pandemia, non ha certo bisogno di essere ricordato e va sostenuto fino alla fine della legislatura dando un segnale concreto al comparto sociale del Paese.

Due allora i punti che meritano una particolare attenzione in questa fase e il giusto approfondimento per chi segue da vicino le vicende del Terzo settore. Da un lato, i contenuti degli emendamenti e le risposte che questi contengono alle istanze degli enti del Terzo settore. Dall’altro l’urgenza nella conclusione dell’iter di autorizzazione delle misure fiscali che impedisce il pieno sviluppo delle enormi potenzialità del comparto dell’economia sociale italiana a partire dal via libera ai nuovi strumenti dedicati alle imprese sociali, le misure fiscali e i regimi forfettari per gli enti del Terzo settore, la finanza sociale, il riallineamento delle regole Iva, solo per fare qualche esempio.

Cosa prevedono le modifiche richieste al Codice del Terzo settore e perché sono importanti

È indispensabile che in fase di chiusura della legislatura vengano approvate alcune modifiche su cui i ministeri competenti e il Terzo settore stanno lavorando da tempo. Le proposte di revisione toccano diverse norme contenute nei decreti di riforma a partire dal Codice del Terzo settore. Un primo aspetto importante riguarda i chiarimenti legati all’applicazione dei criteri per stabilire quando una attività è svolta con modalità commerciale o meno. Si tratta di una definizione fiscale di non poco conto per gli enti dal momento che incide anche sulle scelte legate alla veste giuridica da assumere e alla sezione del Registro unico nazionale (Runts) più opportuna anche considerando il trattamento tributario ancora orfano di puntuali documenti di prassi da parte dell’Agenzia delle entrate. In linea di massima una attività di interesse generale è non commerciale se svolta in sostanziale pareggio economico tenendo conto del confronto tra i corrispettivi ricevuti e i costi sostenuti, considerando anche la possibilità di conseguire un margine di utile che entro determinati limiti resterebbe, comunque, non tassabile.

Su questo principio intervengono gli emendamenti che introducono alcuni chiarimenti utili per preparare gli enti all’applicazione delle norme e fornire risposte agli operatori. Viene chiarito prima di tutto che la gamma dei costi da considerare per poter qualificare una attività come non commerciale è molto ampia fino a comprendere, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e tra questi quelli indiretti e generali, ivi inclusi quelli finanziari e tributari. Viene poi ampliata la soglia di utile non tassabile che passa dal 5% al 6% per cento per non oltre tre periodi d’imposta consecutivi al posto degli attuali due periodi. Altro aspetto che consente di semplificare la vita degli enti nel primo periodo di applicazione delle nuove norme riguarda la disposizione che consente di spostare all’anno successivo tutti gli adeguamenti fiscali e contabili legati al mutamento della qualifica dell’ente da commerciale a non commerciale e viceversa. Insomma, una disposizione che offrirà una boccata d’ossigeno per gli operatori che non dovranno affrontare gli oneri burocratici richiesti a fronte del cambio della qualifica dell’ente.

Una modifica importante riguarda poi la tassazione delle rendite derivanti dalla gestione del patrimonio degli enti. Un tema, questo, che è sempre stato molto controverso, dalla vicenda Ici/Imu alla c.d. “mini Ires”, e che ha portato a numerosi contenziosi che la proposta emendativa intende scongiurare. Viene prima di tutto chiarito che le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato possono ottenere l’esenzione dei redditi degli immobili destinati allo svolgimento dell’attività di interesse generale. Quindi questo tipo di enti non dovranno versare né le imposte relative ai redditi fondiari né quelle sugli eventuali canoni di locazione ricevuti, a patto di investire le somme nello svolgimento dell’attività di interesse generale. Sul fronte della tassazione delle rendite una novità riguarda anche gli enti filantropici per i quali potrebbe esserci la possibilità di considerare esenti anche le rendite mobiliari oltre che quelle immobiliari. In quest’ultimo caso si tratta di una disposizione particolarmente meritevole considerando che gli enti filantropici, per definizione, non svolgono attività commerciale e destinano principalmente ad erogazioni liberali in denaro o in natura le proprie entrate.

Molto attesa da enti associativi e sportivi la modifica che estende le esenzioni fiscali previste per i corrispettivi ricevuti da associati e famigliari anche a quelle provenienti da iscritti e tesserati, uniformando cosi le regole del Codice del Terzo settore a quelle del Testo unico delle imposte sui redditi. In sostanza le quote supplementari ricevute dalle associazioni di promozione sociale, come, ad esempio, quelle versate per partecipare a corsi o manifestazioni, nonché le somme ricevute per la somministrazione di alimenti e bevande, vengono defiscalizzate se provenienti da una ampia categoria di soggetti coinvolti a vario titolo nella vita dell’ente. Queste misure verranno estese anche alle società di muto soccorso, finora prive di specifiche regole fiscali,

Ultimo aspetto meritevole da segnalare riguarda l’utilizzo del limite massimo consentito per la concessione degli aiuti di stato in deroga alle regole generali. In coerenza con le raccomandazioni contenute nell’action plan della Commissione europea uno degli emendamenti in questione consente agli enti del Terzo settore di passare dal regime ordinario del “de minimis” a quello più ampio concesso alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (SIEG) e che arriva a 500mila euro nell’arco di un triennio.

Prossimo step l’autorizzazione Ue. Quali sono le opportunità per gli enti bloccate dal mancato vaglio della Commissione europea?

L’approvazione degli emendamenti costituisce, dunque, una piattaforma di lancio per inviare alla Commissione europea un fascicolo aggiornato e completo, evitando in questo modo un’analisi parziale dei decreti di riforma da parte delle autorità europee.

Si tratta, dunque, di due step che presentano una stretta correlazione tra loro e costituiscono due tasselli senza i quali è impossibile completare il mosaico della Riforma. Proprio per questa ragione con la mancata approvazione del pacchetto emendativo verrà ritardata, con conseguenze di non poco conto, la definitiva attuazione di misure particolarmente importanti per il rilancio dell’economia sociale e il sostegno degli enti. È bene ricordare, infatti, che alcune tra le più importanti novità legate ai nuovi regimi fiscali previsti dalla Riforma del Terzo settore sono ancora in attesa di essere sottoposte al vaglio dell’autorizzazione Ue.

Il mancato invio dell’autorizzazione porta al rinvio dell’efficacia di disposizioni particolarmente rilevanti per completare il quadro giuridico e tributario del Terzo settore come, ad esempio, quelle che consentono di inquadrare la commercialità o meno delle attività svolte dagli ets, che precludono l’accesso a numerosi regimi fiscali agevolativi oppure le disposizioni di coordinamento Iva che al momento rischiano di lasciare fuori da importanti regimi di esenzione gli enti del Terzo settore non commerciali, pensiamo alle prestazioni socio sanitarie o a quelle di ricovero e cura, solo per fare qualche esempio. L’autorizzazione Ue è indispensabile anche per la completa riforma della disciplina dell’impresa sociale il cui regime fiscale previsto dall’art. 18 del D. Lgs. n. 112/2017 è sottoposto al vaglio della Commissione. Ad oggi le imprese sociali, pur in grande crescita numerica, non possono ancora beneficiare delle norme fiscali di vantaggio né sono operative le agevolazioni fiscali per incentivare gli investimenti a favore di questa categorie di enti del Terzo settore. Senza contare che fino all’autorizzazione Ue l’anagrafe delle onlus viene, di fatto, congelata non consentendo nuove iscrizioni e “costringendo” le realtà inserite nell’elenco che svolgono attività commerciale ad attendere il varo delle nuove norme fiscali prima di entrare definitivamente nel Runts. Peraltro la permanenza dei due registri (Runts e anagrafe delle onlus) e la prosecuzione del periodo transitorio con l’applicazione di due diversi regimi non solo fiscali, è in evidente contrasto con i principi ispiratori della Legge delega alla riforma del Terzo settore avente come obiettivo quello di dare un’unica veste agli enti non profit attraverso la qualifica di ets con un unico Registro nazionale di riferimento. Aggiungo un ulteriore tassello mancante, non meno importante dal punto di vista operativo per gli enti del Terzo settore, che riguarda la finanza sociale. In attesa del vaglio Ue restano al palo anche i nuovi strumenti finanziari introdotti dalla riforma, come i titoli di solidarietà. Questi ultimi si rendono particolarmente utili in questa fase di sviluppo degli enti dal momento che mirano ad incentivare la raccolta da parte degli istituti di credito finalizzata alla concessione di prestiti agevolati a favore degli enti del Terzo settore, grazie anche alla previsione di un regime fiscale di favore che equipara i titoli di solidarietà a quelli di Stato.

*Gabriele Sepio è segretario generale di Fondazione Terzjus ETS

In foto, il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, rende le comunicazioni al Senato della Repubblica, 20 luglio 2022, www.governo.it


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