Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Sostenibilità sociale e ambientale

Serve più sociale nell’Italia fotografata dal Cerved

La seconda edizione del Rapporto sulla sostenibilità nel nostro Paese colloca l’Italia al di sotto della media europea. L’ad Mignanelli: “Occorre misurare il fabbisogno delle comunità per pianificare correttamente gli obiettivi dei progetti pubblici e aziendali”. Il gap però si riduce se si valutano gli aspetti green e la sanità. Stivale diviso tra nord e sud. Il ruolo della finanza sostenibile per un rilancio

di Nicola Varcasia

La mappa della sostenibilità sociale vede l’Italia al diciottesimo posto in Europa. La musica cambia, invece, quando si considera l’indice di sostenibilità ambientale, dove l’Italia figura al nono posto, prima della Francia. Nella classifica generale, che integra aspetti economici, sociali e ambientali dei singoli territori, il nostro Paese, su 29 nazioni europee analizzate, occupa la quindicesima posizione.

Sono i risultati emersi dal Rapporto Italia Sostenibile, giunto alla seconda edizione, presentato da Cerved Group. Lo studio ha preso in esame centinaia di variabili tratte sia dal database di informazioni proprietarie del Gruppo sia da fonti pubbliche, per definire un indice generale di sostenibilità, integrando aspetti economici, sociali e ambientali dei singoli territori.

“Con questo strumento – ha spiegato Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved Group – ci proponiamo di aiutare i decisori, le istituzioni e le imprese a ragionare in termini di impatto: occorre misurare il fabbisogno delle comunità per pianificare correttamente gli obiettivi dei progetti pubblici e aziendali. Colpisce, nei confronti internazionali (introdotti quest’anno) come in quelli tra le province italiane, l’evidente correlazione tra capacità di innovazione del tessuto produttivo e velocità della transizione ecologica. Ciò significa che le grandi questioni del riequilibrio sociale e ambientale non sono separabili dai problemi strutturali che limitano lo sviluppo”.

La debolezza italiana, evidenzia lo studio, è anzitutto economica: hanno risultati peggiori solo Romania, Cipro e Grecia, anche a causa di una produttività che da più di vent’anni non registra miglioramenti. Questa stagnazione, dovuta a una scarsa attrattività per gli investimenti esteri e alla limitata capacità di innovazione (investiamo poco in ricerca e sviluppo e siamo ultimi tra i grandi Paesi per digitalizzazione), è all’origine della crescita stentata, dei redditi fermi da dieci anni e del basso tasso di occupazione (57%, 10 punti sotto la media UE). Va comunque ricordato che in valori assoluti l’Italia resta un gigante rispetto a questi Paesi. Interessante notare che, se scorporate, le regioni di Nord Ovest e Nord Est si piazzano addirittura al sesto e settimo posto, immediatamente a ridosso dei migliori cinque Paesi monitorati (Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Finlandia), confermando l’immagine di un’Italia a due velocità.

Concentrandosi sulla sostenibilità sociale – formata da indici che considerano capitale umano, assistenza sociale, fragilità delle famiglie, sistema sanitario, di sicurezza e giustizia – la mappa restituisce un quadro molto simile a quello della sostenibilità economica, collocando l’Italia al di sotto della media europea, al diciottesimo posto tra i paesi analizzati. I forti divari territoriali sono confermati anche a livello sociale, con il Mezzogiorno al terz’ultimo posto, davanti solo a Grecia e Romania. Le debolezze dell’Italia derivano soprattutto da un’elevata fragilità delle famiglie (più di un quarto è a rischio povertà), da una scarsa capacità di formazione del capitale umano e da un sistema di sicurezza e giustizia molto poco efficiente. L’Italia spicca però nell’assistenza sociale e, soprattutto, nella sanità, dove si piazza al settimo posto.

La musica cambia, invece, quando si considera l’indice di sostenibilità ambientale: l’Italia è al nono posto, prima della Francia. Le regioni del Sud restano indietro, ma con un divario molto più ridotto. In particolare, pur con un territorio più fragile dal punto di vista sismico e idrogeologico, l’Italia vanta indici migliori della media europea in tutte le altre dimensioni analizzate: sono più bassi i livelli di inquinamento e le emissioni di gas serra, in netto calo negli ultimi anni. Per quanto riguarda i consumi e la riconversione energetica, l’Italia è sostanzialmente in linea con l’Europa, con un quinto dell’energia consumata che proviene da fonti rinnovabili, mentre i risultati sono decisamente migliori nel caso delle emissioni industriali: 5 tonnellate per abitante, con una riduzione del 25,4% dal 2011 al 2020, superiore di dieci punti alla media UE.

Un altro tema interessante toccato dalla ricerca riguarda il ruolo delle PMI anche sui temi della sostenibilità. “Le piccole e medie imprese devono poter misurare i risultati raggiunti in ambito ESG se vogliono attrarre capitali e crediti, italiani e stranieri – conferma in proposito Mignanelli -. La continua crescita della finanza sostenibile rappresenta infatti un motivo di ottimismo, il 2021 è stato l’anno del debito sostenibile, le emissioni mondiali di prestiti e obbligazioni legati a progetti e parametri sociali e ambientali sono cresciute in modo esponenziale e il nostro Paese figura ai primi posti per obbligazioni green emesse. I capitali degli investitori e i crediti bancari si dirigono sempre più verso aziende capaci di fornire misure credibili della loro sostenibilità ed estendere queste misure alle PMI è determinante per l’attrattività del Paese”.

Resta comunque da chiedersi, come mai la sostenibilità sociale ci veda così indietro, considerando le enormi potenzialità del tessuto italiano.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA