Sostenibilità sociale e ambientale

La raccolta differenziata è un buon affare

di Sara Bragonzi

Sono passati ben due decenni da quando anche in Italia si è iniziato seriamente a fare raccolta differenziata. Questo grazie alla Riforma dei rifiuti che ha istituito il CONAI Consorzio Nazionale Imballaggi per la raccolta di carta, vetro, plastica, alluminio e poi batterie e olii.

Per la gestione dei rifiuti solidi urbani, ovvero delle nostre pattumiere, il bilancio dei primi vent’anni è positivo, anche se insufficiente:

  • Si è passati da una raccolta differenziata sotto il 9% nel 1997, a oltre il 47% nel 2015
  • Nel 1997 in discarica andava l’80% dei rifiuti urbani (21,3 Mton), nel 2015 sono scesi al 26% (nonostante i rifiuti urbani prodotti siano aumentati di quasi 3 milioni di tonnellate)

Gli stessi italiani hanno cominciato ad avere un approccio più responsabile sul tema, se è vero quanto dichiarano con l’indagine IPSOS promossa da CONAI dal titolo “1997-2017 , 20 anni dal Decreto Ronchi: gli italiani e la raccolta differenziata”. Il 91% dice che fa abitualmente la raccolta differenziata, il 93% che la considera una utile necessità e il 91% che la mette al primo posto tra i comportamenti anti-spreco e tra le buone abitudini ambientali, come dimostra

La riforma Rifiuti in ogni caso ha fatto decollare l’industria verde del riciclo dei rifiuti. Ora gli obiettivi europei richiedono di raggiungere il 60% di riciclo dei rifiuti urbani per il 2025 e 65% entro il 2030.

Gli obiettivi a livello europeo ora in vigore sono ambiziosi ma potrebbero essere a portata di mano, a patto che tutto il territorio nazionale si impegni a farlo. La Basilicata è ferma al 31%, la Puglia al 30%, il Molise e Calabria al 25% e la Sicilia addirittura al 13%.
Come denuncia lo stesso Edo Ronchi, padre della Riforma Rifiuti, restano però ampie zone d’ombra vista la poca attenzione ai rifiuti non urbani, che costituiscono la larga maggioranza e che hanno un enorme potenziale economico ancora inespresso.
(Sul riciclo dei pneumatici ne ho parlato nel post del dicembre 2016. )

Un tentativo interessante per cercare di alzare ulteriormente il tasso di riciclo dei rifiuti urbani da imballaggio al Sud è ad esempio il progetto che ha come obiettivo il vetro, con un finanziamento di 3 milioni di euro del Consorzio Recupero Vetro. Le regioni coinvolte sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia a cui è richiesto di aumentare almeno del 10% le tonnellate raccolte rispetto al 2016. L’obiettivo può essere raggiunto, con una lavoro su tutta la filiera organizzativa e logistica, aumentando la raccolta del vetro mediamente di circa tre chili per abitante (poco più di una decina di bottiglie e barattoli in totale).

Le importanti quantità di rifiuti avviati al riciclo hanno fatto crescere un settore industriale della green economy che vede i rifiuti come risorsa e che conta oltre 6.000 imprese (in aumento del 10% rispetto al 2008) con circa 155 mila addetti e un fatturato di circa 50 miliardi di euro. Considerando anche le imprese che gestiscono rifiuti come loro attività secondaria o che utilizzano il recupero di rifiuti nel proprio ciclo produttivo, contiamo altre 3.150 realtà produttive e ulteriori 183 mila addetti.

Un esempio di azienda italiana del settore green economy è l’ex siderurgica bergamasca Montello oggi nel settore del riciclo è un gioiellino che fattura 100 milioni di euro l’anno e ha quasi raddoppiato i dipendenti.

Una novità arriva ora dall’Europarlamento che ha approvato il pacchetto sull’economia circolare. Il voto del 14 marzo infatti apre la strada verso una politica europea finalmente in grado di trasformare l’emergenza rifiuti in una grande opportunità.

Per il via libera definitivo si dovrà attendere il negoziato tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue.

Se andrà a buon fine gli obiettivi da raggiungere saranno giustamente ancora più ambiziosi:

  • per il riciclo dei rifiuti si passerà dal 65% proposto dall’esecutivo di Bruxelles al 70%,
  • per gli imballaggi dal 75% all’80%,
  • per la discarica si scende a un massimo del 5% contro il più generoso 10% previsto dalla Commissione.

Il raggiungimento dei nuovi e più ambiziosi obiettivi europei di riciclaggio consentirebbe di creare 580 mila posti di lavoro, con un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee grazie ad un uso più efficiente delle risorse e quindi ad una riduzione delle importazioni di materie prime.
I posti di lavoro potrebbero crescere sino a 867mila se all’obiettivo del 70% di riciclaggio si accompagnassero a livello europeo e nazionale anche misure ambiziose per il riuso, in particolare nell’arredamento e tessile. Solo in Italia si possono creare almeno 190mila nuovi posti di lavoro, al netto dei posti persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo.


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