Cooperazione internazionale

La storia di Dot: così è sopravvissuta al retinoblastoma, di cui in Africa si può morire

Uno dei tanti racconti a lieto fine, reso possibile dagli aiuti di Cbm Italia in Uganda. Questo tumore maligno oculare può essere curato ma, nelle zone più povere del mondo, è letale per 35 pazienti su 100

di Redazione

Questa è la storia di Dot, una bambina di 9 anni nata in un villaggio rurale del Sud Sudan e colpita da retinoblastoma, un tumore maligno della retina. Lei è una dei novemila bambini al mondo che ogni anno sono colpiti da questa patologia (fonte: American Academy of Ophthalmology). È stata la madre ad accorgersi che qualcosa non andava: l’occhio della figlia era molto gonfio. Si è confrontata con il marito David, che in quel momento si trovava a Juba, la capitale, dove frequentava il secondo anno del corso universitario di agricoltura. «La bambina ha un problema agli occhi», gli ha detto. Gli anziani della loro comunità sostenevano che non fosse grave, avevano provato alcuni rimedi erboristici ma Dot non era migliorata. «A quel punto ho detto loro di portarla in città, dove c’è un centro oculistico che poteva aiutarci», racconta David attraverso gli operatori di Cbm Italia, l’organizzazione internazionale impegnata nella salute, l’educazione, il lavoro e i diritti delle persone con disabilità nel mondo e in Italia, che lavora attraverso partner locali nei Paesi in via di sviluppo, come il Bec (Buluk Eye Centre) in Sud Sudan e il Ruharo Mission Hospital in Uganda. Quest’ultimo è situato a Mbarara, nella parte occidentale dell’Uganda, e rappresenta un punto di riferimento per la cura del tumore dell’occhio in questa parte dell’Africa.

Uno scorcio del Ruharo Mission Hospital, in Uganda

Dopo aver viaggiato tutta la notte, Dot e David (foto d’apertura) si sono finalmente ritrovati. «Una volta arrivata, l’ho subito portata al Bec, l’unico centro oculistico che c’è qui», spiega il genitore. «L’hanno visitata, e la diagnosi è stata: cancro all’occhio. I medici mi hanno detto che doveva essere operata al Ruharo, e così siamo partiti».

David e Dot si sono messi nuovamente in viaggio, percorrendo 900 km da Juba a Mbarara. «Dot è stata subito accolta dai medici che l’hanno visitata, operata e le hanno fatto la chemioterapia», racconta il padre. «Siamo stati lì da maggio a ottobre dello scorso anno, entrambi seguiti e aiutati ogni giorno ad affrontare questa difficile battaglia per la vita. E la mia piccola la sua battaglia l’ha vinta».

Come spesso accade in queste zone dell’Africa sub-sahariana, poiché la malattia non è riconosciuta e trattata per tempo, quando Dot è arrivata in ospedale il tumore era in uno stadio avanzato. Questo le ha causato la perdita dell’occhio. «Avere un occhio di vetro non è un grosso problema, si può sopravvivere. I bambini riescono comunque a fare tante cose, anche prendere lo zaino e andare a scuola. L’unico problema è che lei è ancora piccola e ha bisogno di un ambiente bello e sicuro, in cui le persone conoscono queste disabilità. Se pensassi ora di riportarla al villaggio, credo che la lascerebbero in disparte».

Nonostante la malattia che l’ha colpita, oggi Dot sta bene e la sua storia a lieto fine rappresenta una speranza per i tanti bambini affetti da retinoblastoma. «Avere un solo occhio non vuol dire essere finiti. La prossima volta che la vedrete, se ci riuscirò, sarà una bambina istruita. La porterò in una bella scuola, studierà, imparerà con bambini di differenti etnie», rassicura David.

La storia di Dot è una delle tante che Cbm Italia ha raccolto in Uganda sul tumore maligno oculare o retinoblastoma. La malattia, in uno stadio iniziale, si manifesta con un riflesso bianco nell’occhio (leucocoria) oppure con la deviazione dell’occhio (strabismo), nei casi più gravi, comporta una deformazione e un estremo gonfiore. Causato da errori genetici, ereditari o che possono verificarsi durante i primi anni di vita (nella maggior parte dei casi entro i tre anni), il retinoblastoma può formarsi in un occhio o in entrambi, e colpire anche altri organi. Questo tipo di tumore, se non trattato tempestivamente, ha gravi conseguenze: dalla perdita della vista a quella dell’occhio, fino alla morte.

Nei Paesi del Sud del mondo, povertà, mancanza di prevenzione, assenza di strutture e medici specializzati sono fattori che ostacolano la diagnosi precoce del retinoblastoma, contribuendo ad alimentare quel circolo vizioso che lega povertà e disabilità: basti pensare che la probabilità di sopravvivenza dei bambini alla malattia è del 65% nei Paesi a basso reddito, mentre sale al 96% nei Paesi ad alto reddito dove è possibile una diagnosi precoce. Per questo Cbm, dal 2006, porta avanti un importante programma di prevenzione e cura del retinoblastoma presso il Ruharo Mission Hospital che nel tempo ha permesso di aumentare la sopravvivenza dei bambini, insieme alla possibilità di una guarigione completa, conservando anche la vista. Grazie all’introduzione di una serie di trattamenti combinati (radioterapia, laserterapia, crioterapia, chemioterapia, rimozione chirurgica dell’occhio, utilizzo di protesi) e ad attività di sensibilizzazione sul territorio, oggi il Ruharo si prende cura di tanti piccoli pazienti: il 15% proviene da Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan, Ruanda, Burundi, Tanzania, Kenya e Somalia.

Cbm Italia in particolare supporta il Ruharo Mission Hospital, assicurando visite e diagnosi immediate, interventi chirurgici, ricoveri e trattamenti di lunga durata a 175 bambini colpiti da retinoblastoma ogni anno. L’obiettivo è di accogliere e curare ogni anno 100 nuovi bambini, mentre 75 proseguono la terapia iniziata negli anni precedenti. Il progetto supporta anche le famiglie (provenienti dalle aree più remote e rurali) nella degenza in ospedale sostenendo i costi di pasti, spese di trasporto per le tante visite, interventi di consulenza e supporto psicosociale per garantire ai piccoli pazienti di seguire fino in fondo il programma di cure che altrimenti, a causa della povertà, sarebbero costretti ad abbandonare.

Un’attenzione particolare è rivolta anche agli operatori sanitari della struttura ospedaliera, formati per l’identificazione, la diagnosi, il referral e la gestione dei casi di retinoblastoma. Cbm Italia svolge inoltre un’intensa attività di sensibilizzazione nelle comunità al fine di cambiare la percezione della malattia, e fare in modo che i bambini con problemi alla vista non solo siano visitati immediatamente ma accettati dalla comunità stessa.

Credits: foto Sven Aretz-Daniel Hayduk per Cbm Italia


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