Le ombre del profit
Moda, la filiera “tossica” e quei controlli più severi sempre annunciati
Il Tribunale di Milano ha disposto per la Loro Piana, società di alta moda del gruppo Lvmh, l'amministrazione giudiziaria per sfruttamento del lavoro, per un anno. Per il pm un meccanismo che si ripete, evidenziando l'incapacità delle società di rimuovere "situazioni tossiche". Alfonso Luzzi, presidente Movimento cristiano lavoratori - Mcl: «Abbiamo bisogno di controlli più severi, approfonditi e dettagliati. Queste situazioni non possono però essere demandate all'iniziativa del singolo»
di Alessio Nisi

Secondo la Procura di Milano Loro Piana, marchio vercellese del lusso del cashmere (acquisito per 2 miliardi di euro dalla multinazionale parigina Lvmh-Moet Hennessy Louis Vuitton della famiglia Arnault), non poteva “non sapere” che le sue commesse venivano esternalizzate. Certo, questo, non significa che avesse “piena consapevolezza delle condizioni di grave sfruttamento in cui operano i lavoratori ma quantomeno è certo che non ha una struttura organizzativa adeguata a impedire di aver rapporti commerciali con soggetti indagati per caporalato”.
Un meccanismo che si ripete, rileva il pm, che nel caso specifico evidenzia l’incapacità di rimuovere “situazioni tossiche”.
Questi alcuni dei passaggi con cui il Tribunale di Milano ha posto la società in amministrazione giudiziaria per sfruttamento del lavoro, per un anno.
Una vicenda che getta altre ombre sulla filiera della moda a Milano. Un danno ai consumatori, che pagano tanto un capo di abbigliamento che costa pochi euro, tanto pochi da non bastare neanche a pagare chi lavora. Un danno alla storia, all’originalità e alla qualità sartoriale del Made in Italy, di cui non c’è traccia nei capannoni della periferia di Milano. Uno schiaffo alla dignità di chi lavora.

Incapace di arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo
Dopo i casi che hanno coinvolto in passato i marchi Armani, Dior e Valentino, questa volta nelle indagini della Procura è finita Loro Piana: a stare agli atti, la società è stata ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo. In sintesi, non avrebbe impedito lo sfruttamento dei lavoratori.
Eppure, fa notare Alfonso Luzzi, presidente generale del Movimento cristiano lavoratori – Mcl e consigliere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro – Cnel, il cashmere al centro della narrazione di Loro Piana è quello che «viene raccolto attraverso filiere di estrema qualità che salvaguardano gli animali, le coltivazioni e gli allevamenti».
La denuncia
Le indagini erano partite a maggio 2025, dopo una denuncia presentata da un lavoratore di etnia cinese per sfruttamento e lesioni (era stato aggredito da parte del proprio datore di lavoro connazionale poiché aveva chiesto il pagamento degli stipendi arretrati, riportando lesioni con prognosi di 45 giorni).
Il fatto che il caso sia stato sollevato dalla denuncia di un lavoratore, spiega sempre Luzzi, «ci dice che abbiamo bisogno di controlli più severi, approfonditi e dettagliati. Queste situazioni non possono però essere demandate all’iniziativa del singolo». Soprattutto in casi, fa notare, «come questo di forme di lavoro nero veramente estremo».
Così estremo da pregiudicare la sicurezza di chi lavora. «Per produrre un bene ad un prezzo così basso, la manodopera deve essere sottocosto, non in regola». Soprattutto «sicuramente non era garantita la sicurezza in ambienti nascosti e non idonei dove le macchine lavoravano sette giorni su sette, 24 ore su 24».

Controlli superficiali
Sulle responsabilità di Loro Piana, Luzzi aggiunge che l’azienda gli audit di controllo li faceva, ma «si fermava ad aspetti formali e non entrava nel merito dei processi produttivi».
Disponibili a collaborare
E l’azienda? Loro Piana parla di «pratiche lavorative poste in essere da sub-fornitori non dichiarati e non autorizzati di uno dei suoi fornitori. In violazione dei suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha informato Loro Piana dell’esistenza di questi sub-fornitori». Spiega di essere «venuta a conoscenza di questa situazione il 20 maggio e, di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore».
Loro Piana, fa sapere, «condanna fermamente qualsiasi pratica illegale e ribadisce il proprio continuo impegno nella tutela dei diritti umani e nel rispettare tutte le normative vigenti lungo l’intera filiera produttiva. Loro Piana si impegna affinché tutti i propri fornitori rispettino i più alti standard qualitativi ed etici della Maison, in linea con il proprio Codice di Condotta. In quest’ottica, Loro Piana rivede costantemente e continua a rafforzare le proprie attività di controllo e audit».
A proposito dei «costi riportati», precisa poi, «non sono rappresentativi degli importi effettivamente corrisposti da Loro Piana al fornitore, né riflettono l’intero processo produttivo e il valore complessivo di tutti gli elementi, incluse tra le altre, le materie prime e i tessuti. Loro Piana esprime la propria totale disponibilità a collaborare con le autorità competenti in merito alla vicenda e intende fornire il massimo supporto per eventuali ulteriori indagini».
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In apertura, nella foto di Thibault Camus per Ap Photo/LaPresse, il presidente e ceo di Lvmh, Bernard Arnault.
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