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Sma: si allargano i criteri per la prima terapia genica approvata, ora anche alla forma 2

La principale causa di morte genetica per i bambini, la Sma, ha vissuto una rivoluzione terapeutica. Ora la prima terapia genica per la Sma è stata approvata anche per la Sma tipo 2. I farmaci che consentono ai piccoli pazienti uno sviluppo normale vanno somministrati prima della comparsa dei sintomi. Serve dunque fare una diagnosi precoce.

di Nicla Panciera

Una buona notizia per la comunità dei pazienti con Sma e le loro famiglie viene dall’’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del Farmaco Aifa all’estensione anche alla Sma tipo 2 della prima terapia genica per la Sma, onasemnogene abeparvovec (Zolgensma®), approvata nel 2021 per la Sma 1. Ora, l’estensione dell’approvazione ne consente la somministrazione anche a bambini con Sma 2 fino a 13.5kg e ai pre-sintomatici con 3 copie del gene Smn2.

L’atrofia muscolare spinale (Sma) è una patologia neuromuscolare rara e grave, oltre che prima causa di morte genetica infantile, caratterizzata dalla progressiva perdita della funzionalità del muscolo, compromettendo il movimento, la respirazione e la deglutizione, che si verifica quando risulta mancante o difettosa la versione di un gene necessario per produrre una proteina essenziale nota come proteina di “sopravvivenza dei motoneuroni” (Sms). Proprio con l’avvento della terapia genica, la comunità dei pazienti Sma e delle loro famiglie ha visto cambiare la storia naturale della malattia. La terapia genica è efficace nel consentire uno sviluppo neuromotorio del tutto confrontabile a quello dei bambini senza una diagnosi. Ma solo se viene assunta tempestivamente e prima della comparsa di sintomi irreversibili.

«Questo è un altro passo avanti incredibile per la nostra comunità» ha commentato Anita Pallara, presidente di Famiglie Sma. «Di fronte alle rivoluzioni terapeutiche che stiamo vivendo, riusciamo a percepire l’efficacia dei nostri sforzi, di quelli della comunità scientifica e delle aziende. Al contempo, grazie a questi epocali cambiamenti, mutano le aspettative e i bisogni dei pazienti. È questo un capitolo tutto da scrivere, ma nel frattempo la Sma esiste ancora: è, quindi, fondamentale la diagnosi precoce perché al momento abbiamo la possibilità di cambiare la radicalmente la vita delle persone ma bisogna arrivare in tempo. La mancanza di uno screening neonatale esteso in tutta Italia crea dei bambini di serie A e bambini di serie B a seconda della regione di nascita. Questo è inaccettabile. Pensiamo al dramma di chi sa dell’esistenza del farmaco ma arriva alla diagnosi quando ormai è tardi. Tutto il sistema che ruota intorno alla Sma deve mobilitarsi per questo».

La rivoluzione farmacologica è stata un cambiamento radicale anche per i clinici, come conferma Marika Pane, direttore clinico del Centro Nemo pediatrico di Roma e professore associato di neuropsichiatria Infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che ricorda «un viaggio lungo vent’anni. Non avevamo nulla da offrire, se non una diagnosi mortale per ogni giovane coppia che arrivava con un fagottino con i segni di malattia. Dopo la notizia infausta, ci serviva del tempo per riflettere. Oggi, rimane comunque la notizia di una diagnosi ma mostriamo loro le curve dello sviluppo dei piccoli pazienti con Sma che sono del tutto sovrapponibili a quelle dei bambini senza diagnosi, perché mantengono le tappe dello sviluppo dei loro coetanei».

La Sma tipo 1, i cui sintomi si sviluppano all’età di 6 mesi e porterà al decesso o alla ventilazione permanente entro i due anni, e la Sma tipo 2, con sintomi che compaiono tra i 6 e i 18 mesi di età e il bambino non camminerà mai ma potrà andare incontro a scoliosi ingravescente e insufficienza respiratoria. «Bisogna tenere conto del fatto che la degenerazione dei motoneuroni inizia prima della nascita, si intensifica rapidamente e che il processo non può essere invertito» spiega Pane. «L’aspetto innovativo di questo trattamento è che interviene direttamente sul difetto genetico con un’unica somministrazione; quindi, è effettuato una sola volta nella vita. Tramite vettore virale, la terapia fa da cerotto al gene malato, che produce proteina che manca, bloccando così l’arrivo e l’evoluzione dei sintomi. Il limite nei criteri di eleggibilità alla terapia è il peso di 13.5 kg del bambino. Ma le agenzie americana Fda ed europea Ema lo hanno già esteso a 21 kg, attendiamo i risultati di uno studio di sicurezza ed efficacia anche su pazienti di peso maggiore».

Nel nostro paese, tra studi clinici, pratica clinica, sono già stati coinvolti circa 125 bambini con la Sma 1 e si prevede di trattarne altri 5-6 con la forma 2; i centri che hanno trattato almeno un bambino sono 16. Tuttavia, «è importante che i centri rispondano a certe caratteristiche i pazienti devono essere strettamente monitorati, parametri ematici, ravvicinati per individuare effetti collaterali gravi o gravissimi».

«I pazienti trattati nel mondo sono finora 3700 tra accesso allargato, studi clinic e utilizzo nella pratica clinica, che insieme al prolungato periodo di osservazione degli stadi ha permesso di consolidare i risultati di efficacia e sicurezza» Roberta Rondena, Country Value & Access Head di Novartis. Il trattamento prevede una singola somministrazione endovenosa, «Per chi per ragioni di sicurezza non tollera sono in corso due studi internazionali sulla somministrazione intratecale. L’impegno di Novartis in questa area terapeutica continuerà per raggiungere sempre più pazienti e garantire che tutti gli eleggibili possano avere accesso al trattamento»

Le sfide per Famiglie Sma non sono mai finite. Racconta Anita Pallara che «il 28 marzo è arrivato in Italia un piccolo palestinese di 10 mesi, accompagnato dalla mamma e dal papà, gli altri fratellini rimasti in Palestina. Mi avevano contattato direttamente e, grazie alla Regione Puglia che li ha accolti, e agli sforzi di Novartis, siamo riusciti a fare in modo che il piccolo, con la Sma grave, completamente ipotonico, ricevesse il trattamento una decina di giorni fa. Li vado a trovare spesso e un pomeriggio l’ho visto muoversi nel lettino e girarsi a guardarmi. Parliamo sempre di screening e nuove terapie, ma non avevo mai assistito al materializzarsi sotto i miei occhi dell’efficacia della terapia genica. Resteranno qui tre mesi per eseguire i necessari controlli. Nascere nella parte giusta del mondo è una grande fortuna. La nostra sfida ora è aiutare tutti i bambini e portare il nostro privilegio anche al di fuori dei nostri confini».

Foto: conferenza stampa di presentazione


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