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Toscana: in otto anni persi 60mila volontari

Un convegno del Cesvot per interrogarsi sui cambiamenti: “Scopriamo come cambiare per rinnovare il terzo settore”. Aumentano gli enti del terzo settore ma diminuiscono i volontari

di Redazione

Leggere e interpretare il cambiamento del terzo settore, questo il tema del convegno “Leggere il cambiamento. Cultura organizzativa, attrattività, ruolo pubblico e politico del terzo settore” che si è tenuto ieri presso l’Auditorium dell’Innovation Center di Fondazione CR Firenze il 18 aprile. Al convegno organizzato da Cesvot e Regione Toscana sono stati ripercorsi i più importanti cambiamenti avvenuti nel terzo settore negli ultimi 20 anni. Cosa è successo e quali prospettive per un movimento chiamato a modificarsi per i profondi cambiamenti sociali in corso?
“Quello che proponiamo oggi è un confronto molto necessario anche per Cesvot, che dovrà essere in grado di stare accanto al terzo settore anche in questa epoca di grandi cambiamenti. Gli ets hanno bisogno di rigenerare i loro principi ispiratori e quelli organizzativi; di rinnovare senso e motivazioni del loro agire per essere compresi dai cittadini e dai potenziali nuovi volontari; di poter esercitare una collaborazione paritaria e virtuosa con l’ente pubblico, soprattutto nei nuovi percorsi previsti dall’amministrazione condivisa. Queste, e molte altre, le sfide che ci aspettano. È tempo che tutti insieme inneschiamo processi di trasformazione in difesa del terzo settore e dei volontari toscani”, spiega Luigi Paccosi, presidente Cesvot.
“Leggere il cambiamento del terzo settore si inserisce in maniera netta nella necessità di leggere il cambiamento delle nostre comunità, di interpretarne vecchi e nuovi bisogni. Quella che attraversiamo è una lunga fase di complessità sociale ed economica e, a fronte di questo, risulta sempre più importante la sinergia tra le istituzioni e il mondo del terzo settore, con l’obiettivo di dare risposte innovative e adeguate ai bisogni emergenti. È necessario per costruire insieme comunità sempre più inclusive, dal punto di vista delle opportunità e della capacità di prendersi cura delle persone. Come Regione Toscana crediamo fortemente nella capacità del terzo settore di leggere i bisogni dei territori e di attivare le energie presenti nelle nostre comunità ed è in questa direzione che stiamo lavorando. Ringrazio, quindi, il Cesvot per aver organizzato questa occasione di confronto e approfondimento e per il prezioso lavoro che svolge a fianco del volontariato toscano” dichiara l’assessora regionale alle politiche sociali e al terzo settore Serena Spinelli.

La tavola rotonda
Il convegno si è aperto con i saluti istituzionali di Luigi Paccosi, presidente Cesvot e Gianluca Mengozzi, portavoce Forum del Terzo settore della Toscana. In apertura, la relazione di Andrea Salvini, professore di Sociologia generale, Dipartimento di Scienze politiche, Università di Pisa, intitolata “Uno sguardo lungo vent’anni. Tentativi di ricomposizione teorica e propositiva”. Il convegno è proseguito con la tavola rotonda “L’impatto della riforma, il ruolo politico, i movimenti informali e la fatica del ricambio generazionale” moderata da Riccardo Bonacina, giornalista, fondatore di “Vita” che ha coinvolto Sebastiano Citroni, professore associato in Sociologia dei processi culturali, Dipartimento di Diritto, economia e culture, Università dell’Insubria; Luca Gori, ricercatore in diritto costituzionale, Scuola Superiore Sant’Anna; Luca Negrogno, professore a contratto, Dipartimento di Scienze dell’educazione, Università di Bologna; Simone Romagnoli, coordinatore Nazionale dei Giovani delle Acli; Chiara Tommasini, presidente CSVnet; Paolo Balli, direttore Cesvot.

I numeri del terzo settore in Toscana
Dalle ultime rilevazioni effettuate dalla banca dati Cesvot è emerso che il numero complessivo degli Ets è passato da 11.355 del 31/12/2022 a 11.556 al 31/12/2023, con un incremento percentuale pari a 1,77%. Nella nuova compagine del terzo settore toscano le Organizzazioni di volontariato (Odv) passano da 3.402 a 3.175 con una diminuzione percentuale di -6,67%. Aumentano invece le Associazioni di promozione sociale (Aps) che passano da 5.537 a 5.728 con un incremento di 3,45%. A queste due tipologie si aggiungono 927 imprese sociali, 21 enti filantropici, 408 altri Ets, 1.294 onlus e 3 società di mutuo soccorso.

Dai dati emerge con chiarezza come la riduzione del numero di volontari sia un processo che comincia a verificarsi ben prima del Covid-19. Dal 2014 al 2022 in Toscana si stimano circa 60mila volontari in meno impegnati nel volontariato organizzato che equivale a una riduzione del 18%. (dati Istat, Indagine Multiscopo sulle Famiglie).


Il rischio della stagnazione
Il terzo settore è sempre più arena di soggetti organizzati che assicura un ruolo importante nel realizzare welfare e politiche pubbliche erogando servizi. Questo aspetto ha conseguenze nella rappresentazione degli enti di terzo settore più come “produttori” di beni e servizi che promotori di relazioni e reti sociali. Altro aspetto legato a questa trasformazione è la crescente richiesta di professionalizzazione dei volontari che genera un forte processo di selezione in entrata, che può agire da disincentivo alla partecipazione.

Le culture organizzative da trasformare
Le vecchie classi dirigenti si stanno esaurendo, non solo sul piano anagrafico e demografico, ma anche rispetto alle rappresentazioni di cui si fanno portatrici; il processo di invecchiamento genera estesi timori rispetto alla tenuta organizzativa. Non c’è solo il tema del “ricambio generazionale”, ma più in generale, del “ricambio” in sé. Il rischio che si collega all’eccessiva aziendalizzazione è nella perdita di contatto con la comunità e nella
riduzione della capacità di advocacy.

Conclusioni e prospettive di cambiamento
La passione per il volontariato rimane ma emergono nuovi bisogni a cui dare risposte per un cambiamento possibile. Fondamentale è pensare a nuove vie di sviluppo che riescano a sorpassare le insidie di una eccessiva burocratizzazione e aziendalizzazione che corre il rischio di prosciugare lo spirito partecipativo e il legame col territorio. Per questo è fondamentale ripartire dall’identità organizzativa delle associazioni anche per sostenere un dialogo paritario con gli enti pubblici. Altro tema imprescindibile è nelle modalità di coinvolgimento e nei nuovi spazi di partecipazione per i volontari potenziali. Una modifica del “core business” organizzativo delle organizzazioni è utile anche per rinsaldare il potere di advocacy, la capacità di farsi carico dei problemi dei cittadini dando loro voce. Nuove modalità di espressione del volontariato stanno nell’animazione territoriale e nella costruzione di comunità accrescendo la capacità di tradurre nei territori la capacità di mobilitazione e ascolto sociale.


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