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Bilancio partecipativo, dopo Expo e nuovo sindaco. La Milano di Francesca Balzani

di Redazione

Dialogo con la vicensindaco e assessore al Bilancio a palazzo Marino: «Affidare ai cittadini un pezzo delle risorse è una sfida per tutti. Per il sito di Rho serve un progetto condiviso. Pisapia? Un sindaco e una persona straordinari: io però ho una mia autonomia personale e non considero la politica una professione»

Nessuno prima di lei aveva osato mettere nelle mani dei cittadini una fetta del bilancio di una città. A tagliare per prima il traguardo è stata Francesca Balzani, avvocato, allieva di Victor Uckmar ex parlamentare europea ed ex relatore generale al bilancio della Ue, oggi vicesindaco e assessore al bilancio del Comune di Milano (la seconda città italiana con un bilancio da 5,1 miliardi di euro l’anno). Vita.it l’ha incontrata nel suo ufficio in piazza della Scala. In testa all’agenda una prima valutazione sull’iter del bilancio partecipativo a un anno dal varo della delibera comunale 2088 che ha lanciato la fase di sperimentazione. La fase 2 del processo che affiderà la scelta di 9 milioni del bilancio di palazzo Marino ai cittadini, si chiuderà i prossimi sabato e domenica con i laboratori di co-progettazione. Dopo di che si procederà alla scelta dei progetti da finanziare (e il conseguente monitoraggio).

Come è nata l’idea del bilancio partecipativo?
Fu un’iniziativa di Giuliano Pisapia, che quando si candidò– io non c’ero ancora, ero al Parlamento europeo – si propose come il sindaco che avrebbe per primo sperimentato il vero bilancio partecipativo. Non è staro facile dare le gambe a un progetto sulla carta molto bello. Dietro un bilancio partecipativo che funziona, c’è un passo indietro della politica e un passo in avanti dei cittadini: due cose non scontate. Il meccanismo della democrazia diretta, non prevede la delega delle decisioni attraverso il voto, prevede che tu cittadino prima proponi e poi disponi. Per farlo però occorre impegnare energia e tempo, per esempio per partecipare agli incontri e studiare la geometria di un bilancio pubblico.

Dietro un bilancio partecipativo che funziona, c’è un passo indietro della politica e un passo in avanti dei cittadini: due cose non scontate

A proposito, a quanto ammonta il bilancio di Milano?
Fra la parte corrente, che tiene dentro i costi per i servizi e per il lavoro dipendente che vale circa 3 miliardi di euro e quella in conto capitale siamo intorno ai 5 miliardi di euro. Il bilancio è veramente un elemento che oggi è irrinunciabile se si vuole andare al cuore dei problemi. Non è quello strumento da tecnici che si poteva pensare essere in passato. Ora è la bilancia sulla quale misurare la verità dell’azione di qualunque ente pubblico, a maggior ragione del proprio comune.

Come siete arrivati alla cifra di 9 milioni e perché avete scelto di aprire solo a spese per investimenti e non per l’erogazione di servizi?
Non dimentichiamo che si tratta di una sperimentazione che toglie risorse ai consueti percorsi di bilancio. Nove è anche il numero delle zone amministrative in cui è suddivisa la città. Tenga poi conto che il rifacimento di piazza Oberdan è costato 700mila euro. Un milione di euro mi sembra una cifra congrua per finanziare progetti come il rifacimento di cortili, infissi, bagni di asili o scuole, la nuova pavimentazione di strade o la creazione di piste ciclabili, che possano impattare sulla vita dei quartieri in modo visibile e duraturo. Se il test darà buoni esiti non è detto che in futuro si possa allargare il raggio ai servizi.

La fase di ascolto si è chiusa con 2.200 presenze su 45 incontri: in media fanno meno di 50 presenze a incontro. Soddisfatti?
Direi di sì. Non è un argomento facile. Come ho detto occorre impegno. In più scontiamo anche la mancanza di abitudine. All’inizio il bilancio partecipativo è stato percepito come un alieno. Queste cose funzionano solo se vi è continuità, quando si ha la costanza di farlo diventare uno strumento di consueta partecipazione dei cittadini. Quando i cittadini capiranno che effettivamente questa può essere la chiave per migliorare la vivibilità del loro abitare, allora credo che anche i numeri della partecipazione cresceranno. Ma non voglio correre troppo, per ora vediamo come andrà questa sperimentazione.

Recentemente lei ha annunciato che sulla base dell’articolo 24 dello Sblocca Italia, darete vita a un meccanismo di baratto fiscale, che però userete solo per “coprire” le morosità incolpevoli, ma non come premialità per l’attivazione civile dei cittadini. Non crede sia una scelta restrittiva?
Penso sia esattamente il contrario. Collegando questo strumento alla morosità incolpevole con un tetto Isee (21mila euro) facciamo in modo che il principio del baratto fiscale non sia limitato solo al pagamento delle tasse, ma anche ad altri debiti verso l’amministrazione comuneale spesso più pesanti delle tasse come le multe, gli affitti, le mense e le rette scolastiche.

Facciamo in modo che il principio del baratto fiscale non sia limitato solo al pagamento delle tasse, ma anche ad altri debiti verso l’amministrazione comunale

Che tipo di attività andranno a fare i morosi?
Partiamo dallo Sblocca Italia e quindi da quelle attività che hanno a che fare con la presa in cura di pezzi di territorio: cura del verde, pulizia delle strade, piccole manutenzioni di edifici pubblici e cos’ via. Il prossimo passo sarà andare oltre lo sblocca Italia e a me piacerebbe immaginare attività che socializzino gli skills di ciascuno di noi. Per esempio un insegnante di letteratura italiana che paga la sua multa per divieto di sosta facendo letture dentro un centro per anziani

Qualche collega di altre città italiane l’ha chiamata per informarsi su questi progetti di attivazione civica?
Sì, in molti.

Altro tema di attualità è il dopo Expo…
Occorre trovare una soluzione strategica condivisa fra tutti i soggetti interessati. Dobbiamo metterci tutti, noi il Governo, la Regione e via dicendo sulla stessa lunghezza d’onda in modo che il progetto individuato sia il progetto di tutti. Sul quale tutti si sentano responsabili. Il tavolo è aperto. È una sfida importante, ma credo che insieme riusciremo a trovate la strada giusta per vincerla.

Giuliano mi ha chiesto di entrare nella sua giunta sono stata felice di farlo. È stata ed è un’esperienza molto bella. Ma io non considero la politica una professione

C’è qualcuno che la annovera fra i papabili candidati sindaco per il dopo Pisapia. Lei come e dove si immagina da qui a qualche mese?
Intanto facciamolo passare questo inverno. A livello personale questa esperienza mi piace moltissimo devo dire la verità secondo me Giuliano Pisapia è un sindaco straordinario, un uomo assolutamente fuori da tutti gli schemi. Nulla a che fare con il politico che uno si immagina. Un uomo libero, un uomo che ha una fortissima coscienza e sensibilità personale sui temi che secondo me sono fondamentali e irrinunciabili: i diritti, il rispetto… Io non mi aggancio mai a nessuno perché ho una storia personale sinceramente all’insegna della massima autonomia e indipendenza, sono stata fino a nove anni fa un avvocato con grande soddisfazione, con altrettanta soddisfazione sono stata al parlamento europeo e ho seguito il bilancio della Ue, poi quando Giuliano mi ha chiesto di entrare nella sua giunta sono stata felice di farlo. È stata ed è un’esperienza molto bella. Ma io non considero la politica una professione. Ora guardo al lavoro dei prossimi mesi, poi valuteremo il da farsi.


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