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Mario Maggioni

Il perdono fa bene all’economia

di Monica Straniero

«Un esempio? Basti pensare che negli Stati Uniti il costo annuale per singolo detenuto in un carcere di massima sicurezza è pari alle tasse universitarie pagate da uno studente dell’Università di Stanford. Un cambiamento di vita da parte di queste persone potrebbe quindi ridurre il rischio di recidiva consentendo un notevole risparmio di spesa carceraria». Dialogo con il professor Mario Maggioni che sta curando una ricerca sul tema per la Cattolica di Milano

Esiste un rapporto molto profondo tra perdono ed economia. Stando ai risultati preliminari di una ricerca attualmente in corso all’Università Cattolica del Sacro Cuore e iniziata grazie a un finanziamento ottenuto cinque anni fa da una fondazione americana, il Fetzer Institute, il perdono è un gesto che può dare a chi ha sbagliato una seconda possibilità con ricadute positive per la società e l’economia. Sono tre i casi di cui si è occupata la ricerca. Vita.it ne ha parlato con il professore Mario Maggioni, ordinario di Politica economica e coordinatore dell’equipe che ha condotto tale ricerca presso il CSCC

Professor Maggioni, qual è l’obiettivo del progetto?
In un certo senso quello che vogliamo dimostrare è che le preferenze sociali (fiducia, generosità, gratitudine, onestà), possono cambiare a partire da una relazione significativa. Siamo anche convinti che se non si è capaci di perdonare e di chiedere di essere perdonati anche l’iniziativa più significativa non potrà mai iniziare e, se anche partisse, sarà comunque destinata al fallimento. Dunque il perdono è il fondamento di ogni azione comune umana e può essere “imparato”. Questo è vero anche per chi si trova a vivere situazioni marginali. Se un individuo riceve cura e attenzione, riesce a cambiare strada.

Come avete selezionato le popolazioni oggetto della ricerca?
Di solito per le ricerche universitarie di economia comportamentale il campione di riferimento è scelto tra gli studenti universitari. Per la nostra indagine abbiamo invece preferito selezionare soggetti in condizioni di difficoltà e di bisogno. Un gruppo di detenuti pluriomicidi di un carcere di massima sicurezza in California, che frequentano il programma riabilitativo 'Grip' di Insight-Out, un certo numero di ex-tossicodipendenti che stanno affrontando un percorso di recupero e riabilitazione presso una trentine di comunità terapeutiche (tra cui: Casa Famiglia Rosetta, Associazione Papa Giovanni XXII, Comunità Nuovi Orizzonti, Cooperativa Sociale di Bessimo, e tante altre) e un gruppo di bambini congolesi fra i 5 e i 12 anni che vivono in zone di guerra e con accesso difficoltoso all’istruzione primaria, aiutati dal programma di sostegno a distanza di Avsi.

In foto: il ritorno del Figlio Prodigo di Rembrandt

Non solo, il reintegro nella società di ex detenuti ed ex tossicodipendenti che hanno fatto un percorso di trasformazione interiore, può attivare dei circuiti virtuosi che in seguito possono effetti positivi a beneficio di tutta la società e di un’economia più giusta ed efficace

Il perdono può cambiare la vita. Quale metodologia avete seguito per valutare quindi l’effetto trasformativo delle relazioni di cura sulla vita delle persone
Abbiamo chiesto ai nostri soggetti di partecipare ad una serie di situazioni proprie dell’economia comportamentale (e della “teoria dei giochi”). Ai partecipanti è stato chiesto di fare delle scelte concrete aventi come oggetti dei beni reali. L’analisi è stata condotta all’interno di una prospettiva longitudinale, per cui gli stessi test sono stati eseguiti a 9-10 mesi di distanza per verificare se nei soggetti c’era stato un qualche cambiamento. Agli individui del campione è stato chiesto, ad esempio, di dividere o meno una certa quantità di un bene con una persona sconosciuta che era stata definita come “partner” in questa situazione. Oppure di rispondere ad una elargizione di una certa quantità di bene da parte del “partner”. Di solito in questa letteratura i ricercatori consegnano una somma di denaro ai partecipanti e poi li fanno interagire. Ma in questo caso per evidenti motivi etici non è stato possibile.

In alternativa?
Insieme alle Ong di riferimento, abbiamo individuato un bene ideale per ciascuna delle categorie oggetto di studio. Per gli ex-tossicodipendenti le sigarette sono percepite come un bene di grande interesse, mentre i detenuti californiani (in carcere è vietato fumare!) preferiscono zuppe pronte liofilizzate perché possono consumarle nelle proprie celle ed evitare la mensa del carcere che spesso li espone a gravi rischi. Invece per i bambini congolesi avremmo voluto utilizzare uno street food prodotto localmente, ma per una questione di tutela ambientale, abbiamo optato per dei pacchetti di biscotti. I detenuti californiani e gli ex-tossicodipendenti in comunità sono stati sottoposti anche a due test psicologici al fine di valutare la loro capacità di perdonare sé stessi, quella di perdonare gli altri e quella di chiedere perdono agli altri.

Cosa avete concluso fino ad oggi?
Nel caso dei detenuti californiani, si è visto che coloro che hanno partecipato al progetto Grip, sono più propensi sia a concedere (+33%) che a richiedere (+15%) perdono. Non solo. Sono diventati più generosi (+ 10%), più fiduciosi negli altri (+16%), e hanno acquisito una maggiore autostima (+13%). Anche gli ex tossicodipendenti dopo 9 mesi di comunità mostrano una maggiore capacita di perdonare sé stessi. Si potrebbe quindi concludere che anche chi ha sbagliato, ma se sente di essere stato perdonato, è più disposto a perdonare e a cambiare vita. Per quanto riguarda infine i bambini congolesi, tra cui, al cui al crescere dell’età, sembrano prevalere scelte più opportunistiche ed autocentrate, chi è sostenuto dal programma di Avsi, tende ad approfittarsi di meno nelle situazioni ed a operare scelte più eque.

In che modo tutto questo si riflette sull’economia?
​Basti pensare che negli Stati Uniti, secondo le stime del programma Insight-Out, il costo annuale per singolo detenuto in un carcere di massima sicurezza è pari alle tasse universitarie pagate da uno studente dell’Università di Stanford. Un cambiamento di vita da parte di queste persone potrebbe quindi ridurre il rischio di recidiva consentendo un notevole risparmio di spesa carceraria. Non solo, il reintegro nella società di ex detenuti ed ex tossicodipendenti che hanno fatto un percorso di trasformazione interiore, può attivare dei circuiti virtuosi che in seguito possono effetti positivi a beneficio di tutta la società e di un’economia più giusta ed efficace.


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