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Integrazione

La dottoressa Nelly, dalle scritte razziste al liceo alla laurea in Medicina

di Alessandro Puglia

Durante un esame universitario una docente l’ha chiamata “ne*ra”, ma la ragazza italo-nigeriana non si è arresa e subito dopo aver discusso la sua tesi sperimentale ha deciso di raccontare la sua storia perché casi come questi non possano ripetersi. Per questo la neolaureata in Medicina ha scritto anche una lettera all’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge

Il 26 marzo per Ugochi Ngaobiri Nelly Ohazuruike, per gli amici semplicemente Nelly, non è stato soltanto il giorno della laurea in Medicina e Chirurgia all’università di Catania, ma è stata soprattutto una liberazione dal passato perché, nel suo percorso universitario, gli esami più difficili da superare sono stati quelli degli insulti razziali. «Cerco di dimenticare gli episodi negativi lasciandomeli alle spalle, ma se ci penso è normale che viene un po’ di amarezza, adesso dovrò fare il tirocinio in ospedale e ogni tanto penso a quello che potrebbe capitarmi per il mio colore della pelle quando girerò tra i reparti, ad ogni modo, persone che mi hanno fatto del male ne ho incontrate e sicuramente ne incontrerò ancora, ma io andrò sempre dritta per la mia strada», racconta Nelly, 30 anni, una forza della natura e sempre con il sorriso.

«Se certe cose non si raccontano si fa fatica a credere», per questo Nelly ha deciso di svelare come una ragazza italo-nigeriana è arrivata a raggiungere questo importante traguardo personale. Già, perché poco prima di laurearsi Nelly non si aspettava di certo che ad apostrofarla ne*ra fosse una docente della facoltà di Medicina di Catania: «É una docente che tuttora insegna, ma anche questo voglio dimenticarlo perché voglio costruire un cammino di pace come Gandhi», dice con l’amaro in bocca per quello che è accaduto.

É triste dirlo, ma purtroppo Nelly si sta abituando all’idea che quanto si è verificato durante uno degli ultimi esami possa ripetersi ancora: «Quando ero al quinto anno di superiori, al liceo scientifico, un compagno di classe mi aveva scritto sul banco: vatti a lavare sporca ne*ra, un giorno sono stata pedinata appena scesa dall’autobus da un uomo che mi apostrofava ‘p* ne*ra’, ma sono riuscita a superare anche questo ed essere arrivata a laurearmi significa anche aver fatto i conti con il mio passato, il mio è solo un colore della pelle dovuto a un eccesso di melanina» dice sorridendo, mentre al suo fianco c’è il suo fidanzato Giacomo Scuderi, psicologo, che la sostiene: «É come se mi fossi laureato anche io, non potrò mai dimenticare il giorno del suo ultimo esame, non so come è riuscita a resistere a tutto questo, la sua laurea ha sì un significato di riscatto sociale», aggiunge il fidanzato orgoglioso della sua Nelly che è riuscita a dare otto materie, tra cui radiologia e ginecologia, in soli tre mesi.

I genitori di Nelly sono entrambi nigeriani. Il padre Anoruo fa il medico in Guardia Medica di Cuneo, la madre Edna è infermiera. «I miei genitori sono arrivati in Italia negli anni ’70, hanno fatto tanti sacrifici per me e gli altri miei tre fratelli, Luca, Francesco ed Eustace. Se penso a mamma e papà loro sì che hanno dovuto affrontare ogni tipo di sopruso per il colore della pelle, come quello dell’affitto della casa. Di ognuno di questi episodi razzisti che ho vissuto ne ho parlato sempre con i miei genitori perché ci sono passati anche loro. Mia madre, ad esempio, che è una bravissima infermiera, si è sentita dire tante volte: io da te non mi faccio toccare, vattene via». Con il professore con cui Nelly si è laureata, il prof. Rocco De Pasquale, ha preferito invece non parlare di questi episodi: «Voglio però ringraziarlo perché mi è stato tanto vicino durante il mio percorso».

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Anche Luca il fratello più grande di Nelly fa il medico di professione: «Lui vive a Varese, Francesco invece è un ingegnere chimico, mentre Eustache adesso sta facendo un master in finanza e banca internazionale in Scozia, ad Edimburgo. Ecco se potessi tornare indietro andrei a studiare medicina nel Regno Unito, non di certo in Italia dove la multiculturalità è quasi considerata un reato, a mio fratello in Scozia non è mai accaduto qualcosa del genere», racconta Nelly che all’età di 18 anni ha ottenuto la cittadinanza italiana: «Ho fatto tutti i miei studi in Italia, non c’è nessuna più italiana di me, e sono fiera delle mie origini: parlo anche la lingua Igbo oltre che l’inglese e un francese scolastico».

Poco prima di laurearsi Nelly ha deciso di mandare una lettera dove racconta la sua storia a Cécile Kyenge, eurodeputata del Pd ed ex ministro dell’Integrazione nel governo Letta, con cui Nelly si è fatta scattare una foto durante un seminario organizzato da Focsiv sulla cittadinanza alle nuove famiglie immigrate.

Scrive la neo laureata in Medicina : «Lei si chiederà, cara On. Kyenge, perché le scriva. Certamente il primo motivo è legato al desiderio di condividere questo momento con una Donna di cui ho stima. Ma la verità è che, nonostante la gioia che sto vivendo e l’affetto che mi circonda in questi giorni, non posso negare di provare anche amarezza ripensando ad alcuni momenti che ho vissuto durante gli anni di studio. Un’amarezza che a Lei posso raccontare, ad altri no perchè non capirebbero. Ai tempi del liceo, il mio vicino di banco mi scrisse sul banco: vatti a lavare sporca ne*ra!Negli anni universitari, mentre ero in attesa dell’autobus, mi sono sentita dire da diversi passanti: tornatene al tuo paese!Molte volte, entrando nelle attività commerciali, vengo guardata con sospetto e appena proferisco verbo mi sento dire: Ah… ma parli italiano? Recentemente una docente universitaria mi ha aspramente rimproverato per via di un esame poco brillante (su questo nulla da eccepire poiché ne ha diritto per il ruolo che ricopre), ma nel farlo ha utilizzato diverse volte la parola “ne*ra”, sinceramente poco politically correct.Io vorrei che la mia laurea in Medicina e Chirurgia fosse un esempio. Sono una delle pochissime persone di colore che in Sicilia ha raggiunto questo difficile titolo di studio.In quanto donna sono probabilmente un caso ancor più raro. Le nigeriane (ricordo che anche se sono nata in Italia non sono stata italiana fino a 18 anni) non fanno solo le prostitute e i nigeriani non si occupano solo di droga. Parlino anche di questo i mass media! La mia storia e quella della mia famiglia, per tanti motivi, è un esempio di immigrazione e seconda generazione. Eppure le difficoltà d’integrazione e inclusione non sono mancate. La discriminazione razziale e di genere è presente ovunque, anche se ben celata per ragioni di etichetta. Ormai si sente parlare solo di migranti, ma con termini e modi sempre dispregiativi. Vorrei avere l’occasione e l’opportunità di dire alle persone che sono italiana e mi sono laureata, essere un esempio per i miei fratelli e sorelle! Lasciare un messaggio di pace su cui riflettere in questi tempi così confusi. Con la speranza di poterLa incontrare nuovamente, porgo cordiali saluti.Ugochi Ngaobiri Nelly Ohazuruike».

Una lettera che fa riflettere sul perché una ragazza italiana a tutti gli effetti decide di raccontare com’è arrivata al fatidico giorno della discussione di laurea, dove tra difficoltà e successi resta appeso un sentimento legittimo di paura che non dovrebbe affatto esistere.


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