Raghuram Rajan

La comunità è l’antidoto a un capitalismo malato

di Marco Dotti

La complessità aumenta, la disoccupazione morde e le democrazie di mercato non offrono più risposte al bisogno di eguaglianza e giustizia sociale. «Diventano meritocrazie... ma ereditarie», spiega l'economista Raghuram Rajan, che fu tra i pochi a prevedere la catastrofe del 2008. Per porre rimedio a questa situazione le risposte devono ripartire dai luoghi, in particolare da quel soggetto-perno che è la comunità

La complessità aumenta, la disoccupazione morde e le democrazie del mercato liberale non offrono più risposte al bisogno di eguaglianza e giustizia sociale. «Diventano meritocrazie… ma ereditarie», spiega l'economista Raghuram Rajan. Per porre rimedio a questa situazione, le risposte devono ripartire dai luoghi e, in particolare, da quel terzo spazio che è la comunità: «la comunità tiene l’individuo ancorato a una serie di reti umane reali e gli conferisce un senso di identità: questo permette di rispondere meglio alle crisi».

Stato, mercato, comunità: questi tre pilastri sono oggi affetti da un grave disequilibrio. Dar voce alla comunità come luogo di empowerment è urgente e fondamentale, spiega Rajan, che fu tra i pochi a prevedere la crisi del 2008. «Quando esiste il corretto equilibrio fra i tre pilastri, la società è nelle condizioni migliori per poter garantire il benessere della popolazione», scrive nel suo Il terzo pilastro (Egea, 2019). Rajan, oggi docente di Finanza alla Booth School dell’Università di Chicago, già governatore della Bank of India e vice presidente del consiglio di amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali, insiste su un paradosso: «siamo circondati dall'abbondanza, non siamo mai stati più ricchi grazie alle tecnologie». Per la prima volta, racconta Rajan, «non sono unicamente i Paesi più sviluppati ad arricchirsi, ma c'è una distribuzione della crescita. Per questo, nell'arco di una generazione abbiamo visto miliardi di persone transitare dalla povertà alla categoria del ceto medio». Eppure qualcosa non funziona.

Che cosa è successo al "sogno liberale"? Il ritorno alla comunità non risuona di "passatismo"?
Il cambiamento tecnologico ha acceso la luce sulle democrazie liberali tipiche mercato occidentale del dopoguerra e sull'ordine globale creato dagli Stati Uniti e abbiamo capito che qualcosa ha smesso di funzionare. Quindi è al futuro, al problema e al contempo alla soluzione che dobbiamo guardare. Andiamo con ordine.

Primo punto. Il cambiamento tecnologico ha permesso l'integrazione di mercati molto diversificati in tutto il mondo. Le imprese che partecipano a questi mercati globalizzati preferiscono una governance omogenea. Storicamente, questo desiderio di omogeneità ha fatto migrare i poteri normativi e di governance dalla comunità al livello regionale e poi a quello nazionale. I poteri tendono a passare attraverso i governi sovranazionali (pensiamo all'Unione Europea) e trattati (il previsto TPP) sulla scena internazionale. La gente comune si sente sempre più lontana da luogo dove vengono prese le decisioni e sente di avere poco controllo.

Secondo punto. Il cambiamento tecnologico – sia direttamente attraverso l'automazione, sia indirettamente attraverso il commercio globale – sta avendo effetti molto diversificati sulle comunità all'interno dei paesi industrializzati. Abbiamo una fiorente New York City da un lato e poi abbiamo il fallimento di città come Granite City, in Illinois. Queste diverse realtà hanno bisogno di risposte politiche altrettanto diverse.

Terzo punto. Le comunità che stanno perdendo posti di lavoro e forza economica stanno anche assistendo a un crollo sociale. Hanno bisogno di adattarsi. Tuttavia, il mercato tecnologicamente avanzato richiede competenze più elevate, che queste cominità non sono in grado di fornire, soprattutto perché le loro istituzioni locali, come le scuole, si deteriorano in termini di qualità. Ciò causa un ulteriore decadimento della comunità: i migliori se ne vanno altrove, per far studiare i propri figli.

Così, anche se le esigenze delle popolazioni delle loro comunità sono in aumento, la capacità delle comunità più colpite di produrre risultati sta diminuendo. Le democrazie del mercato liberale non offrono più parità di condizioni. Diventano meritocrazie… ma ereditarie. Per porre rimedio a questa situazione, sostengo che le risposte devono iniziare con la comunità

Raghuram Rajan

Quarto punto. Le capitali inizialmente non erano consapevoli di affrontare questa divergenza di sviluppo all'interno della nazione. Ora ne sono consapevoli ma non sono in grado di affrontare il proble,a. Le strategie per attrarre attività economiche, così come le istituzioni che possono costruire capacità (scuole, collegi comunitari), sono molto locali. Le politiche "place-based" determinate a livello centrale hanno un'efficacia limitata.
Così, anche se le esigenze delle popolazioni delle loro comunità sono in aumento, la capacità delle comunità più colpite di produrre risultati sta diminuendo. Le democrazie del mercato liberale non offrono più parità di condizioni. Diventano meritocrazie… ma ereditarie. Per porre rimedio a questa situazione, sostengo che le risposte devono iniziare con la comunità.

Comunità è una parola chiave anche per il nazionalismo e il populismo…..
È interessante notare che i nazionalisti populisti dicono "comunità", ma poi continuano a parlare di nazionalismo e della comunità nazionale, non della comunità locale. Le mie proposte sono per una comunità locale più inclusiva e sana che fornirà un antidoto al nazionalismo populista – che ha le domande giuste ma le risposte sbagliate.

Dobbiamo quindi ridefinire il paradigma locale-globale?
Sì, credo che il localismo possa aiutarci ad affrontare i costi della globalizzazione, preservandone i benefici. Riconosce che ogni luogo ha bisogno di una risposta differenziata per affrontare le pressioni della globalizzazione e decentra tale risposta. Abbiamo bisogno della globalizzazione, ma credo anche che dobbiamo dare alle comunità il potere di affrontarla.

C'è chi vede l'ascesa del populismo come un segno della crisi dell'economia capitalista. Una lettura semplicistica, ma sembra funzionare nell'opinione pubblica: c'è stato troppo mercato, dobbiamo imporre doveri e riaffermare il forte ruolo della sovranità statale. Che cosa ne pensa?
Penso che questa sia la risposta ovvia ma sbagliata. Tutti noi traiamo vantaggio dai mercati globali. Sarà particolarmente importante per i paesi industriali come l'Italia mantenere aperti i mercati e le frontiere man mano che le loro popolazioni invecchiano e diventano sempre più dipendenti da altri paesi per la domanda e il lavoro. La chiave è aiutare le persone ad adattarsi alle forze della globalizzazione in modo che ne accolgano i benefici.

È interessante notare che i nazionalisti populisti dicono "comunità", ma poi continuano a parlare di nazionalismo e della comunità nazionale, non della comunità locale. Le mie proposte sono per una comunità locale più inclusiva e sana che fornirà un antidoto al nazionalismo populista – che ha le domande giuste ma le risposte sbagliate

Raghuram Rajan

Un fondamento della comunità è la fiducia. Credi che possiamo ricostruire un pensiero e una pratica socialmente inclusiva a partire da "fiducia + comunità"? Le nostre società (penso all'Europa) stanno diventando sempre più povere di fiducia e di legame comunitario…
Ha ragione, la fiducia se ne va e in questo momento è a un livello davvero basso. Tuttavia, la maggior parte dei sondaggi mostra ancora che la gente si fida più dei politici locali e delle istituzioni locali che dei politici nazionali. Se rafforziamo ulteriormente il potere locale, c'è una maggiore probabilità di coinvolgimento della popolazione locale nella politica locale e la probabilità che si crei una fiducia ancora maggiore. Questo è ciò su cui dovremmo concentrarci.


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