Giorgio Fruscione

Rotta Balcanica, per evitare il dramma servono corridoi umanitari

di Anna Spena

Sono circa 20mila i profughi bloccati al confine settentrionale del fiume Evros, tra la Grecia e la Turchia. La situazione è sempre più drammatica. I migranti cercheranno di passare il confine con qualunque mezzo, mettendo a repentaglio la loro stessa vita. «La Rotta Balcanica», spiega Giorgio Fruscione, ricercatore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale che ha vissuto diversi anni nei Balcani, «ricomincerà ad essere percorsa in massa e sarà ancora peggio di come la conosciamo oggi»

La prima Rotta Balcanica inizia nel 2015. Allora furono oltre 800mila i migranti, soprattutto siriani in fuga dalla guerra, che provarono a percorrerla. E così dopo aver percorso alcuni tra i paesi dei Balcani in molti arrivarono finalmente in Germania per chiedere l’asilo politico. Ma per l’Europa erano “troppi”. Così pochi mesi dopo, nel 2016, Bruxelles sigla un accordo con e Ankara per limitarne l’arrivo. Un accordo che prevedeva che l’Europa pagasse alla Turchia 6 miliardi di euro in tre anni per gestire la “pressione migratoria”. Ma quei soldi sono finiti. In Turchia ci sono 3,6 milioni di profughi. E dopo l’ultima offensiva del presidente siriano Assad, con l’alleato Russo Putin, nella regione di Idlib, in Siria, circa un milione e 300mila profughistanno provando a raggiungere i confini turchi. La situazione diventa sempre più drammatica, ne abbiamo parlato in questo articolo. Perché da un lato le persone vogliono lasciare il nordovest della Siria, dall’altro i profughi già presenti in Turchia si stanno ammassando ai confini con la Grecia per provare a superarli. Giorgio Fruscione, ricercatore Ispi, istituto per gli studi di politica internazionale, che prima di entrare in ISPI, ha vissuto per anni nei Balcani, e dal 2010 è vicedirettore e corrispondente delle notizie dai Balcani per l'East Journal, spiega: «Dal 2015 in poi, l’Unione Europea ha reagito all’ondata migratoria con il principio di esternalizzazione, delegando attraverso fondi e sostegno logistico ai paesi del vicinato balcanico la gestione dei profughi. Ed è lo stesso principio con cui, quasi 4 anni fa, venne concepito l’accordo con la Turchia: Ankara si sarebbe fatta carico dei profughi siriani spediti indietro dalle isole greche e in cambio l’UE forniva assistenza e fondi». Che succederà?

Che succede se riapre la rotta Balcanica?
La Rotta Balcanica in realtà non è mai stata chiusa. L’accordo che ha nel 2016 Ankara ha firmato con l’Europa è servito a bloccare l’arrivo di nuovi profughi. Chi si era già messo in viaggio è rimasto bloccato tra la Grecia e la Croazia. E ha quindi cercato una strada per raggiungere l’Europa. Anche in questi ultimi anni quindi la Rotta Balcanica, anche se informalmente, è continuata. Oggi la misura di contenere i migranti al confine greco-turco, così come il ricatto di Erdogan, è una strategia temporale sia da un lato che dall’altro. Non è infatti sostenibile che l’Unione Europea tenga bloccate le persone sul confine.

Quanti sono i profughi al confine?
Circa 20mila adesso. In questa situazione di stallo a perdere sono sempre i migranti. E nonostante il numero dei profughi che oggi bussano alle porte d’Europa sia, per ora, di gran lunga inferiore a quello di cinque anni fa, quello che è certo è che, in un modo o nell’altro, queste persone si ritroveranno prima o poi in uno dei paesi dei Balcani occidentali. Ma intanto adesso chi è bloccato al confine passa il tempo nella terra di nessuno.

Quali previsioni si possono fare?
La soluzione a breve termine non va a favore della risoluzione umanitaria del contesto migratorio. Quello che io posso dire è che queste persone aumenteranno fino a un punto in in cui o la Grecia ristabilisce le norme di diritto internazionale e consente alle persone di fare domanda di asilo nel Paese, possibilità che adesso gli è stata negata, o le persone troveranno un altro modo. E sicuramente passeranno oltre.

In caso contrario?
Come dicevo l’obiettivo non rimanere in Grecia. Quindi che inizieranno a percorrere la rotta balcanica in massa. Non poche migliaia alla volta, sarà davvero un flusso consistente. Finiranno in Bosnia (ne abbiamo parlato in questi reportage:Rotta Balcanica, attraversare i confini è un game disperatoRotta Balcanica, migranti trattati come gli animali). Ma le capacità dei centri di accoglienza bosniaci sono del tutto inadeguate. Lo stallo in Bosnia è la condizione peggiore per i migranti. E le persone che percorreranno la Rotta, una volta arrivate lì, saranno costrette ad affidarsi ai trafficanti di uomini senza scrupoli per superare il confine. La Rotta Balcanica diventerà ancora più pericolosa di come la conosciamo oggi. E ci saranno sempre più violenza e oppressione da parte della polizia croata.

E se continua lo stallo?
Più la gente si accumula al confine con la Grecia più troverà un modo, qualunque modo, per superare quel confine. Modi che mettono a repentaglio la loro stessa vita. Per arrivare poi in un altro paese in una condizione di totale illegalità.

Cosa invece si dovrebbe fare?
I corridoi umanitari e la ridistribuzione dei profughi sono l’unica soluzione possibile e allo stesso tempo pratiche completamente escluse. Una delle pratiche che stanno cercando di mettere in atto gli stati è quella del “rimpatrio volontario”. Rimpatri negli stessi paesi da cui le persone sono fuggite.

Nell’immagine di apertura uno squat di Velika Kladusa, in Bosnia


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