Vanessa Pallucchi

La mia sfida? Che la transizione sia insieme sociale e green

di Sara De Carli

Vanessa Pallucchi è la prima portavoce del Forum del Terzo settore a venire dall'ambientalismo. «La transizione ecologica non è un aspetto tecnico, è il cambiamento di un paradigma di sviluppo. Non riuscirà mai a essere radicale se non passa dalla consapevolezza delle persone e dal fatto che si prendano in mano i processi per far sì che vadano nella direzione che vogliamo. Sento forte questa responsabilità, come ambientalista e come portavoce del Forum»

Vanessa Pallucchi è la nuova portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore. Nata a Spoleto, 55 anni, laureata in filosofia e educatrice di professione, dal 2018 è vicepresidente nazionale di Legambiente. Per il Forum negli scorsi quattro anni ha già coordinato la consulta tematica dedicata a Istruzione ed educazione.

Come è iniziato il suo percorso nel terzo settore?
Ai tempi dell’Università, nel circolo Legambiente di Spoleto, la mia città: erano gli anni ‘80 e c’era una lettura diversa del mondo, per alcuni versi anche più aggressiva: del tema ambientale ho sempre colto la dimensione politica, che ha portato a una grande evoluzione dei diritti. Dal 1997 sono stata presidente di Legambiente Umbria, per 8 anni, e lì ho approcciato il Forum del Terzo settore, a livello regionale. Dal 2007 sono presidente di Legambiente Scuola e Formazione, un’associazione professionale di secondo livello che promuove e coordina le politiche educative di Legambiente, a sostegno della formazione di insegnanti e educatori. È una esperienza originale, perché oggi si parla tanto di patti educativi di comunità e di comunità educanti, ma lì fin dal 2000 stanno insieme il mondo dell’educazione formale e non formale.

Con la pandemia l’impegno per il contrasto alla povertà educativa e per l’educazione di bambini e ragazzi è diventato centrale per moltissime realtà di Terzo settore: sarà un tema importante per tutto il Forum?
Con 3,5 milioni di minori in povertà su 9 milioni, è una sfida a cui dobbiamo dare risposta. Il tema della governance dei patti educativi di comunità è fondamentale: non dobbiamo perdere l’opportunità di farli diventare un sistema integrato sui territori. Il Forum è anche nel comitato di indirizzo strategico del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Ma non è solo questo: come Forum da molti anni battiamo per l’attuazione concreta della norma sull’apprendimento permanente, visto che in Italia non ci sono ancora percorsi che mettano i cittadini nelle condizioni di aumentare le loro competenze per dare un contributo scoiale e attivo, né che vengano riconosciute le competenze che essi già hanno. Come Terzo settore abbiamo fortissime reti e infrastrutture formative e sarebbe veramente una piccola rivoluzione se sui territori si costituissero reti ingrate fra pubblico e Terzo settore per dare ai cittadini una opportunità varia di formazione. Come Terzo settore abbiamo la capacità di intercettare i più fragili: sappiamo che non basta costruire opportunità, perché a volte chi ne ha più necessità non vi accede proprio perché la loro fragilità non li porta dentro questi meccanismi, mentre il Terzo settore fa un grandissimo lavoro di facilitazione. Il tutto, facendo attenzione ad una giusta transizione ecologica, che non riuscirà mai a essere radicale se non passa dalla consapevolezza delle persone e dal fatto che le persone prendono in mano questo cambiamento. Il cambiamento di per sé può essere in meglio o in peggio: dobbiamo prendere in mano i processi e far sì che vadano nella direzione che vogliamo.

È la prima volta che il Forum ha un portavoce che viene dall’ambientalismo e in questo momento forse la sua nomina davvero fa sintesi delle due sfide principali che attendono il Paese, anche alla luce del Pnrr: una transizione verde che però sia giusta e che non fagociti la dimensione sociale.
Sento molto forte questa responsabilità come ambientalista e come portavoce del Forum. Il Pnrr prevede molte azioni infrastrutturali, ma dentro quali sistemi di riforma e di gestione le mettiamo? Chi le fa funzionare? La transizione ecologica non è un aspetto tecnico, è il cambiamento di un paradigma di sviluppo. Questo è il lavoro che noi dobbiamo fare come Forum del Terzo settore, spingere in tal senso e formare i territori, perché è lì avverrà il cambiamento. La prossimità è strategica, ce l’ha insegnato la pandemia. Il Terzo settore sulla prossimità ha dato prova di essere una infrastruttura sociale forte e presente, adesso quelle risposte all’emergenza devono diventare prima consapevolezza e poi azioni concrete di cambiamento. Il Terzo settore ha dato prova di essere una infrastruttura sociale forte e presente: adesso le risposte all’emergenza devono diventare azioni concrete di cambiamento, anche tenuto conto del fatto che con la riforma gli Ets possono acquisire nuovi ruoli e modalità di collaborazione con le istituzioni.

Il completamento della riforma, l’ha detto appena nominata, è una delle sue priorità.
Ovviamente la riforma va portata a compimento, ma anche questo non basta: occorre darle ma reale e concreta attuazione. Gli enti devono cogliere le potenzialità della riforma e di un nuovo dialogo tra i soggetti: anche noi la dobbiamo interpretare in maniera pragmatica e innovativa, per non perdere l’opportunità di innovazione che la riforma dà per dare risposte al Paese. Non basta fare il cambiamento degli statuti, occorre costruire percorsi affinché questa riforma prenda vita sui territori. Il Terzo settore oggi è chiamato a costruire processi che non nell’emergenza ma in maniera strutturale rendano questo Paese in grado di non costruire più in maniera così sistematica situazioni di marginalità: per farlo ha una grande forza nell’impresa sociale, nelle associazioni, nel rilanciare il ruolo del volontariato e quindi della partecipazione in una società che è inasprita da tante situazioni di disagio, che diventano intolleranza e incattivimento sociale. C’è da consolidare la relazione con le istituzioni ma anche gli enti devono far propri modi nuovi di lavorare: ci sono tante sfide nella sfida. In questo senso il confronto e l’essere dentro una rete sono fondamentali: il Forum è anche uno stimolo, una opportunità di crescere insieme e di evolvere. Dentro la sfida del completamento della riforma ci sono tante sfide: ad esempio la partita del registro, che non può perdere i soggetti più piccoli oppure la coprogettazione e la coprogrammazione. All’assemblea del Forum tutti gli interventi, compresi quelli dei ministri, hanno riconosciuto che il Terzo settore rispetto alla coesione del Paese ha un ruolo importante: ognuno è chiamato a fare la propria parte, il Terzo settore l’ha fatta e la farà ma non possiamo lavorare in perenne situazione di emergenza.

Quali debolezze e punti di forza vede nell’iniziare il suo mandato?
Un punto di forza è ciò che è stato costruito nel mandato che ha visto Claudia Fiaschi come portavoce: ci è stata consegnato un grandissimo patrimonio di relazioni, che vanno mantenute, sviluppate, rese ancora più dinamiche. C’è stata una grande affermazione del ruolo del Forum. Un ambito di lavoro, più che una debolezza, è la valorizzazione di tutte le anime del Forum, nonché dei Forum regionali, anche con modalità innovative, per rafforzare l’obiettivo di una rappresentanza unitaria ed essere all’altezza delle sfide che il Paese dovrà affrontare.


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