L'ex direttore di San Vittore

Luigi Pagano: «Mattarella ha ragione, ma le condizioni nelle carceri peggioreranno»

Dopo l’ennesimo monito del presidente della Repubblica sulle condizioni degli istituti di pena, intervista a Luigi Pagano, che ha diretto il penitenziario milanese per 16 anni ed è stato vice-capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Dap: «Nel Pnrr è previsto che siano costruiti dei moduli all'interno delle carceri. Ma questo non farà altro che accentuare il problema perché si aumenterà il numero dei detenuti presenti, ma diminuiranno gli spazi vitali»

di Ilaria Dioguardi

Il capo dello Stato, in occasione dell’incontro con il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – Dap Stefano Carmine De Michele, ha parlato delle «preoccupanti condizioni del sistema carcerario, contrassegnato da una grave – e ormai insostenibile – condizione di sovraffollamento nonché dalle condizioni strutturali inadeguate di molti istituti, nei quali sono necessari interventi di manutenzione e di ristrutturazione. Interventi da intraprendere con urgenza, nella consapevolezza che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia, ma deve includere ambienti destinati alla socialità, all’affettività, alla progettualità del trattamento». «La situazione delle carceri italiane, che percepiamo dalle notizie di cronaca, è veramente drammatica. Le parole del presidente Mattarella, per l’ennesima volta, sono state prese sotto gamba», dice Luigi Pagano, ex direttore del carcere San Vittore di Milano per 16 anni e già vice-capo del Dap.

Pagano, cosa l’ha colpita del discorso del presidente Mattarella?

Sicuramente il riferimento ai suicidi, che sono diverse decine l’anno (Mattarella ha detto: «È drammatico il numero di suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, sulla quale occorre interrogarsi per porvi fine immediatamente», ndr). Con questo caldo il problema del sovraffollamento in carcere è ancora più accentuato, anche perché i detenuti non hanno molte possibilità di uscire dalle celle: credo che andare nei cortili di passeggio con queste temperature sarebbe veramente un’impresa ardua. Ed era un problema da prevedere, l’estate arriva ogni anno. Non si vede all’orizzonte una qualche misura. Leggendo i commenti degli esponenti del Governo, mi sembra che vengano riproposti gli stessi problemi che sono stati riproposti quattro anni fa, con dei piani che non si riesce a capire di che tipo siano, quanto siano effettivi e quante possibilità ci siano di essere realizzati.

È drammatico il numero di suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto. Si tratta di una vera e propria emergenza sociale, sulla quale occorre interrogarsi per porvi fine immediatamente

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Ci spieghi meglio.

Che il problema in carcere possano essere i detenuti tossicodipendenti piuttosto che gli stranieri, piuttosto che le persone che non possono uscire perché non hanno delle referenze sociali, questo lo si sa e si dice da anni. Non mi sembra che sia stato delineato un quadro reale per poter in qualche maniera passare l’estate e, poi, prevedere un progetto che abbia più ampio respiro, alla lunga. Non mi sembra che si pensi a qualcosa di concreto.

Si continua a parlare della necessità di costruire altre carceri.

Per fare questo, ci vuole innanzitutto lo spazio, e poi tantissimo tempo. Il rischio è un altro. Se non erro, nel Pnrr è previsto che siano costruiti dei moduli all’interno delle carceri. Ma questo non farà altro che accentuare il problema perché si aumenterà il numero dei detenuti presenti, ma diminuiranno gli spazi vitali, che servono non soltanto per “vivere meglio”, ma anche per utilizzare quelle aree per impiantare le attività trattamentali. Il rischio è di avere un corto circuito peggiore di oggi perché si costruisce sul campo sportivo e nelle stanze dedicate ad attività. La situazione tenderà sicuramente a peggiorare.

Secondo gli ultimi dati del Dap i detenuti nelle carceri italiane sono 62.761 (al 31 maggio scorso), con un indice di sovraffollamento del 134,29%.

La maggior parte dei nuovi decreti o aumentano nuove fattispecie penali o inaspriscono le pene. Il decreto Sicurezza, che è stato di recente maltrattato dalla Cassazione, ha introdotto le pene per chi si ferma per protesta, per rivendicare i propri diritti. Aumentano le pene detentive anche per i minorenni, con il decreto Caivano. Mi sembra una politica che riguarda più l’ordine pubblico che la pena, così come era prevista nell’articolo 27 della Costituzione, che parla innanzitutto di rispetto della dignità umana (non credo che queste condizioni attualmente la rispettino), ma che ci sia anche una pena che vada al di là e che possa pensare al reinserimento sociale. C’è un paradosso.

Quale paradosso?

Il paradosso è che il carcere ormai è limitato alle situazioni borderline perché nel contempo aumentano le misure alternative. Attualmente ci sono circa 100mila persone in pena alternativa, e altre 100mila circa che attendono, i cosiddetti “liberi sospesi” che aspettano la possibilità di ottenere le misure alternative.

Il presidente Mattarella ha anche detto che non c’è solo il problema del sovraffollamento, ma anche delle «condizioni strutturali inadeguate di molti istituti».

Credo che anche il personale cominci a soffrire non soltanto il sovraffollamento, ma anche il fatto che ormai è utilizzato più per il controllo che come partecipazione all’attività trattamentale. Il che significa, in una dimensione strutturalmente ormai vetusta, con categorie di persone che avrebbero bisogno di essere aiutate, che quel contenimento rischia di confluire in situazioni veramente drammatiche. Anche gli agenti di polizia penitenziaria stanno male. Pochi giorni fa si è ucciso un ispettore a Secondigliano (il terzo agente di polizia penitenziaria dall’inizio dell’anno, ndr). Il male che si vive in carcere fa male a tutti quanti.

Nel suo discorso il capo dello Stato ha parlato della necessità di «ambienti destinati alla socialità, all’affettività».  Risale ormai a un anno e mezzo fa la sentenza della Corte di Cassazione che ha ribadito il diritto all’affettività in carcere, riconoscendo ai detenuti la possibilità di richiedere colloqui in intimità.

Purtroppo, non ci sono spazi per i detenuti, figuriamoci quelli per l’affettività, che dovrebbero essere diversi da quelli che ci sono.  Da quello che ho sentito, le contiamo sulle dita di una mano le persone che hanno potuto godere di questo genere di colloqui, su oltre 62mila detenuti. Io temo che nemmeno più i colloqui ordinari si arriveranno a poter fare, visto il grande sovraffollamento. Il dramma è che, nelle carceri, non si riescono più a garantire nemmeno l’ordinarietà e una vita dignitosa alle persone.

Il problema è garantire anche l’ora d’aria o un colloquio in intimità, che non significa soltanto sesso, ma anche vedere i propri figli senza controlli degli agenti. Credo che questo il presidente Mattarella abbia voluto sottolineare, con le sue parole: il carcere, che dovrebbe migliorare le persone, addirittura pregiudica le vite. Gli sforzi, più che nel rieducare, sono rivolti ad evitare i danni che lo stesso carcere sta arrecando ai detenuti e al personale. Lo Stato, in questo momento, non sta applicando le sue leggi. È quello che la Corte Europea dei diritti umani disse all’Italia nel 2013 con la Sentenza Torreggiani, quando ci condannò per trattamento inumano e degradante. Ci fu l’intervento del presidente della Repubblica Napolitano, si fecero molte cose che poi, purtroppo, andarono perse col tempo.

Nel suo discorso Mattarella ha parlato dell’insufficienza del numero degli educatori, del difficile accesso alle cure sanitarie. E ha fatto riferimento ai detenuti affetti da problemi di salute mentale.

Io credo che il Governo debba prendere seriamente in considerazione le parole del presidente Mattarella. A me sembra che sia stato preso sotto gamba, per l’ennesima volta. La stampa è più interessata ai processi mediatici piuttosto che alla realtà. È più facile parlare delle teorie piuttosto che pensare che nelle nostre carceri ci sono delle persone che soffrono (il verbo “soffrire” è un eufemismo).

Bisogna cambiare la cultura nelle carceri. La cosa eccezionale, rivoluzionaria, è applicare le leggi. Lo Stato, in questo momento, non sta applicando le sue leggi

Il fatto che trattiamo così delle persone che hanno commesso reati (non ci dimentichiamo che abbiamo anche un terzo di detenuti che sono imputati e che sono presunti innocenti) significa spregiare l’articolo 27 della Costituzione, significa spregiare i diritti di una persona. L’articolo 13 della Costituzione parla della libertà, che è un bene inviolabile e detta le condizioni in cui si può detenere una persona e violare quel diritto fondamentale. La Carta costituzionale dice che si può limitare il diritto alla libertà, ma ci raccomanda che è un bene prezioso, è il bene che fa umana una persona.

Cosa bisognerebbe fare per migliorare ora la situazione delle carceri?

Innanzitutto, in questo momento, non si può fare a meno di una misura deflattiva, che sia la liberazione anticipata, l’amnistia o l’indulto. Il problema è che, se non c’è un progetto reale dietro, a distanza di poco tempo si avrebbe di nuovo la stessa situazione. Questo indispettisce anche la gente. Ci vuole un progetto per le carceri. Il progetto lo abbiamo già, perché la legge ce l’abbiamo. Bisogna cambiare la cultura nelle carceri. La cosa eccezionale, rivoluzionaria, è applicare le leggi. Come diceva Lucio Dalla: «L’impresa eccezionale è essere normale».

Credit foto quirinale.it: il Presidente della Repubblica in occasione dell’incontro con una rappresentanza del Corpo di Polizia Penitenziaria

Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?

Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it