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Emergenze

Un viaggio fotografico attraverso la crisi del Lago Ciad

di Ottavia Spaggiari

Inaugura il 2 novembre alle 18.00 allo Spazio MiFAC di via Santa Marta 18, a Milano “Popoli del Lago Ciad. Una crisi umanitaria vista dall’interno”, la mostra del fotografo ciadiano Abdoulaye Barry, organizzata da Vita in collaborazione con Coopi e il sostegno di Aics, per raccontare la crisi umanitaria della regione del Lago Ciad. Un’emergenza dimenticata dall’Occidente, che ha coinvolto oltre 10 milioni di persone e creato 2,4 milioni di sfollati

Ha attraversato tre dei quattro Paesi africani colpiti da una delle più gravi emergenze umanitarie al mondo, Abdoulaye Barry, giovane fotografo ciadiano, vincitore nel 2009 del Premio della Giuria alla biennale Les Rencontres de Bamako, la più grande manifestazione fotografica del continente africano, per il suo lavoro sui bambini di strada.

Sono stati scelti i suoi occhi per raccontare l’emergenza della Regione del Lago Ciad, nella mostra “Popoli del Lago Ciad. Una crisi umanitaria vista dall’interno”, organizzata dal 3 al 19 novembre a Milano da Vita, allo spazio MiFAC, in collaborazione con Coopi e il sostegno dell’Aics. Curata da Laura Serani, che è stata direttrice des Rencontres de Bamako e Giuseppe Frangi, direttore editoriale di Vita e fondatore dell’Associazione Giovanni Testori, la mostra è un progetto fotografico che intende raccontare il vissuto quotidiano di un’emergenza “dimenticata”, eppure tra le peggiori al mondo, attraverso lo sguardo di chi la vive ogni giorno tra le mura di casa propria.

Sono oltre 10 milioni gli uomini, le donne e i bambini afflitti dalle violenze scoppiate con la nascita del gruppo terroristico nigeriano Boko Haram, un conflitto che ha avuto un tragico effetto domino, creando 2.4 milioni di sfollati e mettendo 7 milioni di persone a rischio di insicurezza alimentare e 120mila a rischio carestia.

È proprio in Nigeria, Niger, Ciad e Camerun, quattro paesi coinvolti dall’emergenza, che Coopi è impegnata nel sostegno di centinaia di migliaia di sfollati, rifugiati e comunità locali, attraverso progetti di assistenza umanitaria multisettoriali, dall’educazione alla salute fino alla sicurezza alimentare, finanziati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Il Lago Ciad è la più importante fonte di acqua dolce della Regione, mettere sotto scacco questa risorsa naturale significa privare milioni di persone di una fonte di sostentamento fondamentale".

Cronologia di una crisi

Una crisi dimenticata. Così ci si riferisce spesso all’emergenza umanitaria nel Bacino del Lago Ciad, dove dal 2009, le popolazioni locali sono state colpite dalla violenza crescente del gruppo di estremisti islamici Boko Haram, nato in Nigeria nel 2002, il cui significato in italiano potrebbe essere tradotto con “l’educazione occidentale è un peccato”.

Per capire la portata della crisi bisogna ricordare che il Lago Ciad è la più importante fonte di acqua dolce della Regione. Mettere sotto scacco questa risorsa naturale significa privare milioni di persone di una fonte di sostentamento fondamentale. A complicare la situazione, fattori endemici come i decenni di mancati investimenti, la corruzione e marginalizzazione delle comunità locali che non hanno fatto altro che alimentare il ciclo di violenza e povertà.

2014: #bringbackourgirls e oltre 1 milione di sfollati
Dopo anni, nel 2014 sul conflitto si erano accesi i riflettori di tutto il mondo, quando ad aprile 276 ragazze, tutte studentesse tra i 16 e i 18 anni, erano state rapite nella scuola secondaria statale di Chibok, nel nord-est della Nigeria, rimasta aperta per permettere di sostenere gli esami di fine anno, a differenza della maggior parte delle scuole del Paese, rimaste chiuse proprio per paura di ripercussioni da parte dei terroristi, contrari in particolare all’istruzione femminile. Non era però bastata la mobilitazione globale, con l’hashtag #bringbackourgirls, né gli appelli dei leader della terra e delle star di Hollywood ad ottenere il rilascio delle ragazze. Solo poche decine sono state liberate, la maggior parte di loro, ancora oggi, dopo più di tre anni, non sono riuscite a tornare a casa. Le violenze continuano ad imperversare e a dicembre si registrano oltre 1 milione di sfollati in 4 Paesi.

2015- 2016: Camerun, Ciad e Niger
Il conflitto tra Boko Haram e le forze governative, esploso nella regione è peggiorato drammaticamente negli ultimi anni, dilagando nel 2015 anche in Camerun, Ciad e Niger, arrivando così a coinvolgere direttamente circa 17 milioni di persone, per la maggior parte donne e bambini. Secondo Al Jazeera, nel Nord Est della Nigeria, circa 1 donna su 3 ha riportato di aver subito violenza sessuale, da parte di Boko Haram, delle forze di sicurezza o di altri gruppi armati. Nel 2016, vengono registrati 2.4 milioni di sfollati interni e rifugiati, una cifra triplicata in meno di due anni.​

2017: A pagare il prezzo più caro i bambini
A gennaio si registra che sono 7 milioni le persone a soffrire la fame, 5.1 milioni di queste si trovano in Nigeria
A pagare il prezzo più caro sono le ragazze e i bambini. Secondo l’ultimo rapporto di Unicef, ‘Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad crisis’, ad essere utilizzati sempre più frequentemente negli attacchi suicidi nel conflitto del lago Ciad, con 27 nuovi episodi nei primi tre mesi del 2017, rispetto ai 9 dello stesso periodo, lo scorso anno.
Dal 2014 sono stati utilizzati 117 bambini per portare a termine attacchi con bombe in luoghi pubblici in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun.
Sempre secondo l’Unicef, nelle interviste, molti bambini che sono stati reclutati da Boko Haramh anno dichiarato di non parlare con nessuno della loro esperienza perché hanno paura sia di essere stigmatizzati, sia di possibili rappresaglie violente da parte delle comunità locali. Molti di loro sono costretti a sopportare gli orrori subiti in silenzio.

Attraverso la fotografia voglio assumermi la mia quota di responsabilità".

Abdoulaye Barry, fotografo

L’obiettivo sulla crisi

«Attraverso la fotografia voglio assumermi la mia quota di responsabilità», così Abdoulaye Barry spiega perché la documentazione dei fenomeni sociali è al centro delle sue opere. Classe 1980, nato a N’Djamena, in Ciad, dove ancora oggi vive e lavora, Barry ha sempre ritratto il suo Paese ricercando la quotidianità anche negli aspetti più drammatici e complicati.
È seguendo questa poetica che Barry ha trascorso gli ultimi mesi, viaggiando attraverso il sud del Niger, al confine con la Nigeria, nell’estremo nord del Camerun, e in Ciad, documentando la quotidianità di chi vive la crisi sulla propria pelle, ogni giorno e l’intervento di Coopi, presente da anni in questi Paesi. «Ad influenzarmi di più sono le opere del fotografo franco-algerino Bruno Boudjelal, che trovo molto commoventi e Robert Capa», ha dichiarato Abdoulaye Barry «Le sue foto della guerra civile spagnola sono una vera e propria guida per il mio lavoro artistico».

L’intervento di Coopi

Se da un lato le operazioni militari hanno ristabilito una sicurezza relativa in alcune delle città principali, che rimanevano fino a poco tempo fa inavvicinabili dagli operatori umanitari, la criticità dell’area rimane altissima e la crisi, oltre ad essere ancora lontana dall’essere risolta, secondo Unicef, continua a non ricevere la risposta necessaria in termini di aiuti. Coopi è tra le poche organizzazioni intervenute in risposta alla crisi già dal 2014, attraverso un programma regionale nei quattro Paesi colpiti dalla crisi.

Camerun

Attiva in Camerun dal 1974, COOPI ha portato avanti nel Paese numerosi progetti. Da giugno 2017, nel dipartimento Logone e Chari, nell’estremo Nord del Paese è stato avviato un progetto educativo d’emergenza, grazie al finanziamento ricevuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Attraverso la ristrutturazione e l’equipaggiamento delle scuole, la distribuzione di manuali didattici per gli insegnanti e per gli alunni, la copertura delle spese scolastiche per 1.000 famiglie – le più vulnerabili – e l’attivazione di percorsi di formazione per gli insegnanti in pedagogia inclusiva, COOPI intende garantire il diritto all’istruzione per i bambini e ragazzi dai 5 ai 18 anni che, a causa dell’estrema povertà economica/culturale delle famiglie e dei ripetuti attacchi armati del gruppo integralista islamico Boko Haram, non hanno potuto frequentare regolarmente la scuola. A beneficiare dell’intervento 27.800 persone.

Sempre in Camerun, a Logone e Chari grazie ad Aics, Coopi ha avviato avviato un progetto d’emergenza relativo alla sicurezza alimentare e all’assistenza nutrizionale.

Il progetto punta ad aumentare la produzione per l’auto-sostentamento delle popolazioni, attraverso la distribuzione di sementi selezionate e di attrezzi agricoli, riuscendo così ad avere un impatto positivo su 20.400 persone. Un’attenzione particolare è inoltre riservata alle mamme.

Grazie alle dimostrazioni culinarie e alla distribuzione di alimenti prodotti localmente, come cereali e legumi, infatti COOPI intende offrire informazioni come preparare un pasto con questi prodotti che dia le Kcal giornaliere necessarie a prevenire l’insorgenza della malnutrizione sia nei bambini che nelle donne in gravidanza e allattanti.

Ciad

Impegnata in Ciad dal 1994, COOPI ha realizzato diversi progetti di assistenza ai rifugiati e alla popolazione autoctona, grazie al rafforzamento delle strutture educative di base, ai programmi di nutrizione e di sicurezza alimentare. Da giugno 2017, grazie al finanziamento ricevuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), nella zona del Bacino del Lago Ciad, un territorio in cui sono presenti un alto numero di sfollati e rifugiati, è stato avviato un progetto d’emergenza relativo alla sicurezza alimentare, nel Dipartimento di Mamdi e Kaya. Tre le azioni di COOPI sul territorio: sostegno alla campagna orticola e cerealicola grazie alla distribuzione di sementi certificate e di attrezzi agricoli, rilancio dell’allevamento di capre e, infine, percorsi di formazione inerenti al percorso colturale, dalla semina al raccolto. Ad essere direttamente coinvolte 1.390 famiglie, ovvero 55.000 beneficiari.

Niger

Presente in Niger dal 2012, COOPI è intervenuta a Niamey, Diffa, Dosso, Tillabéry e Agadez nei settori dell’educazione formale e informale (ovvero fuori dai contesti scolastici), della nutrizione e della sicurezza alimentare, della protezione e del supporto psicosociale.
Da Maggio 2017, con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), COOPI è impegnata a Diffa con un nuovo progetto per estendere l’accesso all’educazione formale e informale di qualità, assicurando l’istruzione a bambini e ragazzi in un ambiente protetto, attraverso corsi didattici e strumenti d’apprendimento adattati al contesto di emergenza e la creazione di 10 giardini nelle scuole primarie per iniziare i più piccoli alle tematiche relative alla salute alimentare. Il progetto si rivolge anche ai comitati di gestione e, in particolare, alle mamme, sostenute attraverso corsi di alfabetizzazione e attività generatrici di reddito. Per dare continuità all’offerta formativa è prevista infine l’inserimento professionale di 20 giovani tra cui alcuni portatori di handicap.

La mostra sarà aperta:

Martedì – Sabato dalle 15 alle 19
Sabato 18 Novembre e Domenica 19 Novembre dalle 10 alle 19

Foto: Abdoulaye Barry


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