#8marzo

La sfida di Irene ai tabù nel Kenya rurale

di Cosimo Bizzarri

Ha studiato per diventare operatrice sociale, ha scelto di non sposarsi, ma di aiutare le altre donne a conoscere i vantaggi della pianificazione familiare e del parto in ospedale. Mani Tese e Necofa le hanno offerto di lavorare insieme per sradicare alcuni dei problemi che affliggono la sua gente

Per raggiungere l’isola di Kokwa, al centro del Lago Baringo, nel Kenya occidentale, occorre farsi dare un passaggio da uno dei pescatori della zona. La
traversata dura una ventina di minuti e quando si scende bisogna stare attenti, perché nell’acqua bassa, vicina alla riva, ci sono i coccodrilli.

Irene Lechigei, ventitré anni, compie spesso questa traversata. Fa parte della comunità Ilchamus, un sottogruppo dei Masai. Sull’isola alcune famiglie di
Ilchamus vivono da dieci anni in esilio dopo essere state cacciate dalla terraferma dai loro vicini: i Pokot.
Gli uomini Ilchamus si dedicano soprattutto alla pesca e alla pastorizia. Le donne si sposano da adolescenti, diventano mamme presto e restano in casa. Le più fortunate lavorano come maestre nelle due scuole dell’isola. Ma Irene non è una donna come le altre.

Ha deciso di non sposarsi e si è iscritta a un corso a distanza in sviluppo rurale dell’università di Nairobi. Per un anno ha lavorato di giorno e studiato di sera, con le dispense e un modem improvvisato che le permetteva di cercare su Google quello che le mancava. Nella settimana degli esami, è andata a Nairobi, li ha superati con il massimo dei voti ed è tornata nella sua comunità.

Gli operatori di Mani Tese e Necofa, il partner locale dell’organizzazione umanitaria italiana, l’hanno conosciuta nell’unico ambulatorio dell’isola, dove faceva la volontaria, e le hanno offerto di lavorare insieme per risolvere alcuni dei problemi che affliggono l’isola.
«Nella cultura Ilchamus più figli hai più sei considerato ricco», spiega Irene. «Ma dato lo stato attuale dell’economia, è meglio avere meno figli ma poter garantire loro l’educazione e i bisogni di base».

Ogni giorno, Irene fa il giro dell’isola per spiegare alle donne i vantaggi della pianificazione famigliare e del partorire in ospedale. Tiene anche dei corsi nelle due scuole locali, dove insegna alle ragazze i rischi connessi alla mutilazione genitale femminile e ai matrimoni precoci, pratiche ancora molto diffuse tra gli Ilchamus.
Molti uomini storcono il naso. Secondo loro, le tradizioni vanno rispettate. Alcuni, a detta di Irene, arrivano addirittura a picchiare o cacciare chi partecipa ai suoi corsi. Ma altri sull’isola la ammirano perché ha trovato il coraggio e la determinazione di andare a studiare a Nairobi e tornare a casa per condividere quel che ha imparato.


Alla scuola di Kokwa grazie ai corsi di informatica base le ragazze ora guardano il mondo fuori dalla loro isola

Le ragazze dell’isola l’hanno presa ad esempio. E ora, grazie ai corsi d’informatica di base che tiene alla scuola di Kokwa, molte di loro che prima sapevano a malapena accendere un computer possono navigare online, informarsi su cosa succede fuori dall’isola e cercare opportunità di studio e di lavoro, anche all’estero.

Per quanto riguarda Irene, a maggio s’iscriverà a un corso avanzato di sviluppo rurale, che durerà due anni. Anche questo sarà online, quindi rimarrà a vivere e lavorare sulla sua isola, tra la sua gente: “Amo la cultura degli Ilchamus”, commenta Irene, “E sono felice di poter lavorare con loro”.


Le immagini sono di Matteo De Mayda


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