Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Adozioni internazionali e sport

La storia di Yeman, un oro che vale doppio

di Luigi Alfonso

Arrivato dall'Etiopia con un fratellino e sei cugini, tutti adottati da una coppia di milanesi, Roberto e Luisa Crippa. La medaglia di bronzo nei 5.000 metri e l'oro nei 10.000, agli Europei di Germania, lo hanno fatto conoscere di più in tutto il Paese. E lui racconta: «I miei genitori adottivi mi hanno dato una possibilità: una vita normale, un tetto, la scuola, l’atletica. Sono partito dal nulla»

Ha conquistato due podii agli Europei di atletica leggera che si sono chiusi ieri in Germania, in un crescendo entusiasmante: dapprima la medaglia di bronzo nei 5.000, poi l’oro nei 10.000 con un tempo di 27’46”13. Oro, come i grandi Cova, Mei e Antibo che in passato lo avevano preceduto in questa impresa. Yeman Crippa, originario di Dessiè (Etiopia), da anni è italiano a tutti gli effetti, in virtù dell’adozione internazionale che lo ha salvato da un orfanotrofio di Addis Abeba e verosimilmente da una vita di stenti in un Paese che era martoriato dalla guerra civile. Nato nell’ottobre del 1996, è arrivato in Italia quando aveva appena 5 anni. La generosità e l’amore di una coppia di milanesi, Roberto e Luisa Crippa, gli hanno permesso di cominciare un’altra vita. Quando ha mostrato raggiante la medaglia conquistata sulla distanza più lunga, i suoi genitori hanno gioito per lui. In pista, ha controllato l’allungo del norvegese Mezngi (originario dell’Eritrea) e poi, negli ultimi 400 metri, ha sferrato un attacco che ha scatenato l’entusiasmo e l’ovazione del pubblico presente all’Olympiastadion di Monaco di Baviera e milioni di telespettatori che si trovavano incollati di fronte alla tv.

«Mi sento fortunato ad essere stato adottato», ha raccontato dopo la nuova impresa, con quel suo consueto sorriso contagioso. «Questa, in fondo, è la mia seconda vita. In Etiopia mi aspettava un’esistenza misera, da orfano in orfanotrofio, non avevo idea di come sarebbe andata a finire. I miei genitori adottivi mi hanno dato una possibilità: una vita normale, un tetto, la scuola, l’atletica. Sono partito dal nulla. Avere dei vestiti e dei libri di scuola in Trentino era già tantissimo. I miei compagni avevano tutto. Io non ho mai avuto né giochi né vestiti comprati, mai avuto cose materiali. Io e i miei fratelli ci siamo sempre dovuti meritare tutto, ma va bene così. Ho imparato a soffrire, a sacrificarmi, a lavorare con determinazione per un risultato. Il mezzofondo, in confronto, mi è parso quasi facile».

Yeman (il suo nome completo è Yemaneberahn) ha un fisico estremamente asciutto, come la quasi totalità degli abitanti dell’Etiopia centro-settentrionale cresciuti tra gli altopiani di quella terra. È stato adottato insieme a un fratellino e a sei cugini. La coppia milanese si era trasferita tra i monti del Trentino Alto Adige, dove i bambini sono diventati adulti. Oggi, sono tutti indipendenti: ognuno di loro insegue i propri sogni. La storia di Yeman, tuttavia, è emblematica di un crescente fenomeno che si sta registrando in Italia, dove lo sport (in particolare l’atletica leggera, che vanta numerose discipline) mostra numerosi ragazzi nati in altri continenti, in particolare quello africano, diventati nel frattempo italiani. A differenza della Francia, che con la sua politica espansionistica ha accolto nei decenni i figli dei Paesi colonizzati, qui si parla di migranti fuggiti da guerre, carestie, miseria, violenze di ogni genere.

Mi sento fortunato ad essere stato adottato. Questa, in fondo, è la mia seconda vita

Yeman Crippa

Yeman e i suoi familiari sono arrivati da noi attraverso il Centro aiuti per l’Etiopia. «Da 4 anni a questa parte, però, non abbiamo più potuto fare le adozioni internazionali, in virtù di una legge etiope del 2018 che ha posto delle limitazioni», spiega Elena, una dipendente del Centro che risponde alla nostra telefonata: preferisce non specificare il cognome e parla a titolo personale. «Ora portiamo avanti progetti di cooperazione per le adozioni a distanza. Prima migliaia di bambini di quel Paese venivano adottati, soprattutto negli Usa. Lo sport? In effetti, atletica leggera e calcio sono un modo molto efficace che consente di integrarsi più facilmente. Si cerca di dare loro un contorno di accettazione sociale. Senza pensare che abbiano capacità diverse dai figli biologici, in effetti molti di questi ragazzi raggiungono buoni livelli, con punte elevate come nel caso di Yeman Crippa. D’altronde, etiopi e kenioti sono ben noti per le loro qualità fisiche e atletiche, soprattutto nel fondo e nel mezzofondo. Tanti passano per gli oratori. Oltre all’esempio di Yeman, tra i bambini adottati a suo tempo attraverso il nostro Centro, potrei fare quello di Ashenafi Jarre (2005), attaccante che gioca nel Torino Calcio under 18 e nella nazionale di categoria. Sì, lo sport è un valore aggiunto per la loro crescita, anche se non tutti diventano campioni».

Yeman ha cominciato a fare attività agonistica nell’Atletica Valchiese, in Trentino. Prima di entrare nella Polizia di Stato (corre infatti per le Fiamme Oro), ha studiato all’istituto alberghiero. Ma la sua passione per la corsa è stata più forte e oggi lui è un esempio per tanti fondisti di belle speranze. La sua umiltà e la grande determinazione costituiscono un modello davvero importante, soprattutto in un periodo storico in cui spesso i giovanissimi preferiscono il divano e i videogiochi al sacrificio in pista o in palestra. Corri, Yeman, non fermarti: l’Italia sogna con te.

Foto: Polizia di Stato


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive