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Ucraina

Le voci e le parole scioccanti dei soldati russi in Ucraina in un film

Al Festival di Berlino è stato presentato il film della regista ucraina Oksana Karpovich "Intercepted". Un'ora e mezza di conversazioni telefoniche intercettate di soldati russi dall'Ucraina con le loro famiglie. Un nastro audio scioccante sopra le immagini di una terra desolata.

di Redazione

Oksana Karpovych

Al Festival di Berlino è stato presentato il film della regista ucraina Oksana Karpovich “Intercepted”. Un’ora e mezza di conversazioni telefoniche intercettate di soldati russi dall’Ucraina con le loro famiglie, un nastro audio sopra le immagini di una terra desolata.   «Ho scoperto questo materiale all’inizio dell’invasione. Le intercettazioni sono disponibili online sul canale Youtube dei servizi di sicurezza Ucraini. Era molto il materiale perché intercettazioni di questo carattere venivano pubblicati ogni giorno. Quindi ho deciso di restringere il campo al periodo che parte dall’inizio dell’invasione alla fine dell’anno. Abbiamo creato un database ed un sistema per valutare quali segmenti potevano essermi utili”, ha spiegato la regista presentando il film.

Lei mentre parla spesso ha le lacrime agli occhi, e guardando Intercepted il paesaggio che attraversa, e che fa da controcampo alle conversazioni telefoniche dei soldati russi, restituisce una diffusa desolazione nella quale sembrano congelarsi i gesti anche più semplici del quotidiano. Le case saccheggiate, le campagne dove malgrado tutto i contadini continuano a mungere le mucche; i palazzi coi buchi dei proiettili e le strade che si spalancano su voragini. E una vita che scorre, malgrado tutto, con le persone sulla spiaggia o che fanno come possono le cose di sempre.

Oksana racconta: «Volevo ricreare l’esperienza umana di trovarsi in un paese dilaniato dalla guerra, e questa esperienza comporta essere testimoni di violenza e di ciò che accadeva durante gli attacchi. Al contempo, scoprire ed ascoltare queste intercettazioni restava scioccante, i commenti che fanno su di noi. Sono molto scioccanti le chiamate che riguardano torture, massacri. Si sente una perdita di umanità vera e propria, nel modo in cui certi intercettati ne parlano.Vorrei che questo film scuotesse il pubblico. Mentre lavoravo sul film, mi sembrava di creare una specie di documentario-horror, la realtà è tanto orribile, e così lo è il film».

La sala dopo un’ora emmezza di quegli audio è sotto shock. Silenzio per un intero minuto dopo la fine del film. Poi le persone in sala si alzano e fanno un’ovazione. Raramente si riesce a vedere il quadro del mondo così, in un’ora e mezza. Del mondo russo. Ecco un campionario di frasi dalle intercettazioni: “Mamma, mi è piaciuto così tanto torturare! Posso raccontarti di quali torture ho appreso e in quali ho partecipato”. – “Figliolo, è normale. Anche io, se ci fossi finita, avrei provato piacere, come altrimenti?”

“No, non sono diventato ostile qui – semplicemente uccido i nazisti. Ieri stavamo camminando, ci è venuta incontro una donna con due bambini – e li abbiamo uccisi. – Bene, sono i nostri nemici. – Sì, non mi dispiace per loro. È stata la loro scelta. Avrebbero potuto andarsene, come gli altri. – Giusto, non avere pietà di loro. Uccidili”. “Hai visto basi della NATO lì? – No. – Non mentirmi – ci sono basi loro ad ogni passo, ce lo dicono in televisione. – Non guardare la televisione, mamma – dicono bugie. – Come può essere una bugia? Certo che è la verità. È per questo che vi hanno mandato lì, per proteggerci dalla NATO. Voi siete eroi. Fallo sapere agli amici. – Non è rimasto quasi nessun amico – tutti uccisi. – Sono orgogliosa di te e dei tuoi amici”. “Sai, questi maledetti ucraini vivono così bene – meglio di noi, davvero. – Beh, è ovvio – l’Occidente li paga, hanno paura di perdere questo e per questo combattono – ma per cosa? “Porterò così tanti vestiti a te e ai bambini – siamo qui in un appartamento ora, hanno lasciato tutto, sono fuggiti. Una famiglia sportiva – solo dieci paia di scarpe da ginnastica, tutte di marca. Ho raccolto tutto, l’ho messo nello zaino. I ragazzi trasportano via tutto con i camion, ma io non ho un camion. – Sei bravo, pensi a casa. A proposito, Sofia quest’anno va a scuola – magari prendi anche un computer da qualche parte?”

In queste conversazioni, le voci dalla Russia sono molto più interessanti di quelle degli occupanti. Con loro è tutto chiaro – sono venuti a prendere, uccidere, torturare. Ma proprio le voci femminili – madri, mogli, amiche – mostrano un grado di disumanizzazione che sembra possibile solo in una fantasia distopica. Queste voci amorevoli chiedono di uccidere di più, affinché i loro cari tornino a casa più velocemente. Queste voci desiderano la morte degli ucraini. Queste voci chiedono di non avere pietà dei bambini. “Mamma, perché siamo venuti qui? La gente viveva la loro vita, e ora abbiamo coperto metà del paese con cadaveri. Perché?” dice il figlio, e la madre: “Non osare dire così. Non sono affatto persone. Continua a combattere”.

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