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#LibridiVITA

7 libri raccontano anoressia e bulimia

Dedichiamo la rubrica del venerdì #LibridiVITA a sette libri che raccontano le discese e le risalite nell’anoressia e bulimia. Per dire che i disturbi alimentari non hanno né genere né gerarchie: riguardano donne e uomini di qualsiasi fascia di età, ceto sociale, provenienza. Sono malattie e necessitano di cure adeguate. Perché da queste si può guarire. I disturbi alimentari non sono sempre colpa delle mamme, dei genitori o delle modelle. La verità è che le parole sono pietre e quando non le usiamo bene possiamo fare male.

di Sabina Pignataro

In tutti i manuali di ricamo si dice che la buona fattura di un lavoro a punto croce si valuta guardando il retro: i ricami fatti bene sono quelli che appaio uguali sia davanti sia dietro, dove non ci sono nodi. Le ragazze e i ragazzi che soffrono di disturbi alimentari, invece, si sentono come quei ricami che se li guardi da fuori hanno tutti i fili al posto giusto ma, non appena li giri, ti accorgi di quanto siano ingarbugliati. Un giorno, il buco nero ha preso tutti i loro progetti, grandi e piccoli e la loro vita si è trasformata in un esercizio matematico: hanno cominciato a contare gli acini d’uva, le penne al pomodoro, i grammi di parmigiano; a calcolare i gradini mentre scendono le scale; a misurare circonferenze, Kg e calorie.
Ma l’anoressia, la bulimia, il binge-eating (le abbuffate incontrollate) sono sempre un sintomo e mai una diagnosi (di stupidità, di incapacità, di debolezza, di bruttezza. «I chili, il peso, il cibo, sono i rami spezzati e i detriti che si porta giù una valanga, ma non sono la valanga, né ciò che la scatena», scrive Carolina Capria, una delle autrici di cui vi parliamo.

Ecco i titoli

Social Fame, adolescenza, social media e disturbi alimentari
di Laura Dalla Ragione, Raffaela Vanzetta
Il Pensiero Scientifico Editore
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Nei primi anni 2000 le persone che soffrivano di disturbi dell’alimentazione in Italia erano circa 300 mila. Oggi sono oltre 3 milioni. E sono in aumento, soprattutto tra gli adolescenti. Quali sono le cause? Quale ruolo hanno giocato e stanno giocando i social media? E soprattutto, come si possono affrontare i cosiddetti Dca in modo sicuro, competente e costruttivo?
Questi sono i temi affrontati dalle autrici Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta Direttore UOC Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (USL 1 dell’Umbria) e Raffaela Vanzetta psicoterapeuta, coordinatrice del centro di prevenzione dei disturbi alimentari Infes a Bolzano.

Corri corvo corri Un’esperienza di DCA raccontata al maschile
di Sebastiano Ruzza
editore Undici
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«Non mangi? Vuoi partecipare a una sfilata? Quella è roba da donne» sono le prime parole che Sebastiano, all’epoca diciannovenne, si sente rivolgere da un medico dopo aver tentato di togliersi la vita. “Corri corvo corri” racconta di cinismo, di superficialità, del minimizzare sul fatto che un ragazzo possa soffrire di disturbi alimentari. Ruzza oggi è membro dell’Associazione non profit Mi Nutro di Vita e socio fondatore alla nascita della Fondazione Fiocchetto Lilla.
«“Corri Corvo Corri” è la storia, la mia, di un ragazzo che, non per colpa sua, si ammala di anoressia e d’improvviso viene catapultato, insieme a chi lo circonda, in una realtà nuova, per molti versi spaventosa e umiliante. Una realtà da cui, tuttavia, si può sempre guarire».
«I Disturbi Alimentari non hanno né genere né gerarchie: riguardano donne e uomini di qualsiasi fascia di età, ceto sociale, provenienza. I Disturbi Alimentari sono malattie che in molti casi sfociano in morte. I Disturbi Alimentari sono malattie e non dipendono dalla volontà di chi sta male. I Disturbi Alimentari sono malattie e, come ogni malattia, necessitano di cure adeguate. Dai Disturbi Alimentari si può guarire. I Disturbi Alimentari non sono sempre colpa delle mamme, dei genitori o delle modelle. La verità è che le parole sono pietre e quando non le usiamo bene possiamo fare male», scrive l’autore.


Un chilo alla volta. Viaggio di andata e ritorno dalla prigione dell’obesità
Di Irene Vella
Prefazione di Giovanna Botteri
Feltrinelli
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Irene Vella è una giornalista, un volto noto. Una donna affermata, direbbero i più. In questo libro compie uno sforzo enorme: si mette a nudo. Svela il corpo. Svelando anche la sua anima. I suoi momenti di luce, e il buio più profondo. La lotta con il corpo, l’amore con esso. La bilancia che indica pesi sempre inadeguati: troppo magra, troppo grassa. Racconta gli sguardi, «un misto tra il disgusto e la compassione, “oh poverina, e pensare che ha un viso così bello, se solo non fosse così grassa!”.».
Un faro sull’obesità: «lo sapevo: non ero il mio peso, ma lo sono stata a lungo. Io non ero curvy, ero grassa, eppure odiavo quella parola. Che in realtà, se uno si accetta, non fatica a riconoscerlo: dopo tutto, è la descrizione di un corpo, come esiste il magro, così il grasso. E allora perché io non volevo sentirmelo dire? Io non mangiavo per fame. Né mangiavo per noia. Mangiavo dolore. Volevo soffocare il pianto con il cibo. Volevo vincere la guerra e alla fine ho perso me stessa. E sono scesa all’inferno. L’inferno dell’obesità. Ma la fine non era la fine. Era l’inizio della mia seconda vita».
Il suo libro è stato a lungo introvabile in libreria, diventato un punto di riferimento per coloro che, come lei, intendono (o si sono sottoposti) ad interventi di sleeve gastrectomy, una resezione gastrica verticale con tubulizzazione dello stomaco residuo orientata alla perdita di peso.

Io non mangiavo per fame. Né mangiavo per noia. Mangiavo dolore. Volevo soffocare il pianto con il cibo. Volevo vincere la guerra e alla fine ho perso me stessa

Irene Vella, autrice di Un chilo alla volta


La circonferenza della Nuvola
Carolina Capria, (anche autrice della pagina facebook L’ha scritto una femmina)
HarperCollins Italia
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Le protagoniste hanno dai 12 ai 16 anni e si trovano in una clinica, Villa Erica, perché soffrono di disturbi alimentari. Per anni si sono allenate a mangiare di nascosto, a vomitare di nascosto, a vivere di nascosto. Tutte hanno «sperimentato il proprio personalissimo modo di non essere abbastanza». Lisa è una ragazzina di 16 anni, pesa 36 kg e soffre di anoressia. «Aveva tutto ciò che poteva desiderare, la famiglia perfetta e un aspetto decente, e ha scelto di fare a pezzetti ogni cosa, e di ingoiarla». Mamma e papà l’hanno portata «in manutenzione per vedere se è possibile aggiustarla». La sua amica Susi, 102 kg, binge-eater (ha un disturbo da alimentazione incontrollata) «tira in giù il bordo della T-shirt nera e sgualcita, nel vano tentativo di nascondere quanto è grassa». Fran, bulimica, «è sempre allegra e si comporta come se fosse in gita con le amiche o in un villaggio vacanze». Reda, 12 anni, capelli raccolti e la postura elegante, anche lei anoressica, fa sempre tutto quello che le viene chiesto. Mat, impeccabile e altera, le gote rosa e i capelli ben pettinati, ha così tanta paura di non essere amata che dice sempre di sì: «Non c’è ordine che non esegua, l’importante è che voi poi mi sorridiate e diciate Brava!».

Sei Bellissima
Di Janna Carioli – illustratrice: Vittoria Facchini
Fatatrac
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Ogni persona ha un’ombra. A volte quest’ombra è mansueta, se ne sta al suo posto e ci lascia in pace a vivere la nostra vita con la spensieratezza che possiamo, altre volte invece quest’ombra ci tormenta, rendendoci difficile compiere gesti semplici e anche, quando si accanisce, respirare.
La protagonista di questo albo illustrato è una bambina di nome Lea che un giorno scopre la sua ombra. L’ombra di Lea è alta, sottile, bellissima. È tutto ciò che lei vorrebbe essere e non è.
“Voglio diventare come te.” dice Lea. “Non è difficile” risponde l’ombra.
E così Lea inizia a seguire le istruzioni che l’ombra le impartisce, decide di seguire e assecondare il buio che ha dentro nella speranza di sentirsi bella e, chissà, magari anche felice. Ma le cose non vanno così, e Lea non arriva mai a sentirsi soddisfatta e contenta di sé, e anzi, rischia di perdersi definitivamente e di dimenticata chi è e quali sono le cose importanti – i suoi amici, la scuola, giocare, i gelati, la gentilezza.
Rischia. Ma riesce a fermarsi in tempo.

La famiglia divorata.
di Agnese Buonomo
Mursia editore
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Dodici storie di malattie del comportamento alimentare raccontate dalle famiglie. A parlare sono un padre, una madre, una sorella, un fratello, costretti ogni giorno a vivere accanto alla malattia.
Il libro è dedicato alle famiglie che si sentono abbandonate, a quelle che stanno lottando, a quelle che hanno trovato una mano tesa, a tutte le famiglie che ne sanno poco o niente, ma soprattutto a quelle che non hanno ancora avuto il coraggio di chiedere aiuto.
Alcune storie raccontano di ragazze alle prese con i Dca, ma ci sono anche due storie che hanno come protagonista un ragazzo.
«Questo libro nasce con l’intento di dar voce a chi voce solitamente non ne ha o non ne ha mai avuta. Troppo spesso la famiglia vive la malattia nel buio e nel silenzio delle mura domestiche, sovrastata dall’ignoranza generale, dalla mancanza di cultura sull’argomento e dalla poca attenzione sociale», spiega l’autrice in questa intervista.

Volevo essere una farfalla
Michela Marzano
Mondadori
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Non è nuovo, ma resta un classico per comprendere una vita dell’autrice, sempre all’insegna del “dovere” e di ogni ragazza che vive sempre obbediente e disciplinata. L’autrice, la filosofa Michela Marzano, ha fatto di tutto pur di sentirsi amata dal padre, pur di sentirsi «piena» d’amore, di quell’amore che probabilmente non ha sperimentato nella sua infanzia, perché sotterrato dalle troppe aspettative, dalle troppe attese. Marzano racconta la tubercolosi che ha dovuto combattere, i tentati suicidi e i risvegli in ospedale, gli amori tossici e gli sguardi giudizievoli. L’anoressia e la guarigione.
«Mi ero convinta che se fossi riuscita a diventare leggera come una farfalla, tutto sarebbe andato a posto. Sarei diventata forte, indipendente, libera. E non avrei mai più avuto bisogno di nessuno».

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