Fisco
8 per mille, lo strano crollo dei finanziamenti per migranti e fame nel mondo
Le parole del cardinal Matteo Zuppi hanno riacceso l'attenzione sull'8 per mille a destinazione statale. Crescono i contribuenti che scelgono lo Stato come destinatario, ma nel 2023 solo il 6% delle risorse destinate al sostegno di migranti e minori stranieri non accompagnati è stato distribuito. Quindici milioni di euro così sono rimasti inutilizzati. Che cosa non funziona?

L’8 per mille è nato esattamente quattro decenni fa, con la legge n. 222 del 20 maggio 1985. Nella cornice del nuovo Concordato firmato un anno prima tra Stato e Chiesa, si stabilì che i contribuenti potessero destinare l’8 per mille della loro Irpef alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni (per scopi religiosi o caritativi) o allo Stato stesso per scopi sociali o assistenziali (qui i dati aggiornati relativi alle varie scelte effettuate dai contribuenti).
La norma fu una piccola rivoluzione e negli anni ha dato ossigeno a tanti progetti e interventi: la Chiesa cattolica nel 2024, sulla base delle firme raccolte nelle dichiarazioni dei redditi fatte nel 2021, ha utilizzato per il sostentamento del clero il 37,3% del miliardo ricevuto, il 36,4% per esigenze di culto della popolazione e il 26,3% per interventi caritativi (qui il resoconto economico, appena pubblicato). Nelle scorse ore il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, proprio in un convegno sui 40 anni della legge n. 222 /1985 ha contestato con «delusione» la scelta del Governo «di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8 per mille di pertinenza dello Stato».
C’è un’altra polemica però che in questi mesi corre tra gli addetti ai lavori sull’8 per mille: riguarda la parte destinata allo Stato e in particolare le risorse che i contribuenti destinano con le loro firme a combattere la fame nel mondo e a supportare i rifugiati. Una questione più sotterranea, mai portata clamorosamente alla ribalta, ma attorno a cui c’è una fortissima preoccupazione. La questione? Eccola: per i progetti destinati a rifugiati e fame nel mondo (sono due delle finalità dell’8 per mille previste dalla legge) ci sono sempre meno soldi. Per essere più precisi, non si sono ridotte le risorse che i contribuenti hanno voluto indirizzare a questa finalità. No, anzi, le risorse ci sono e sono persino aumentate: solo che non vengono utilizzate. Il problema qual è? L’intoppo sta nel modo in cui le risorse vengono ripartite (o non ripartite).
Il “boom” dei progetti non ammessi
Il fatto è che, proprio in questi due ambiti – rifugiati e fame nel mondo – lo scarto tra progetti presentati e progetti approvati ha visto un delta costante dal 2020 a oggi, toccando decisamente il fondo nel 2023. Quell’anno per la fame nel mondo i progetti presentati furono 134: ne sono stati approvati appena 28; nel secondo caso – rifugiati e minori stranieri non accompagnati – su 65 istanze presentate, solo 7 sono state approvate.
Il caso più eclatante è proprio quello dei finanziamenti per rifugiati e minori stranieri non accompagnati: dal 2019 al 2023, il budget disponibile è raddoppiato, passando da 8 a 16 milioni. Quello effettivamente attribuito dallo Stato per progetti concreti, invece, è passato dagli 8 milioni (100% della quota disponibile) del 2019 a 1 milione del 2023, appena il 6% della cifra che gli italiani, con le loro firme, avevano messo a disposizione.
Nel dettaglio, volendo proprio contare gli euro, nel 2023 il budget disponibile per la categoria “Assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati” ammonta a 16.335.709,09 euro. Vengono presentate 65 proposte progettuali, per un totale di 16.044.019,74 euro. Risultano idonei solo 7 progetti, per un totale di 952.121,37 euro assegnati. Cosa sarà degli altri 15 milioni? È una domanda che, per ora e per chissà quanto, soffia nel vento. Per legge le risorse non utilizzate restano sullo stesso comparto, per l’anno successivo, ma la preoccupazione è che il trend resti quello: niet, progetto bocciato.
Ma perché tante domande sono state respinte? Una improvvisa debacle dei progettisti delle organizzazioni di Terzo settore? Nella maggior parte dei casi, il no è dettato da un difetto amministrativo: una firma digitale che manca, un documento non conforme a un formulario diventato sempre più rigido e in cui i requisiti richiesti, tanto per la presentazione quanto per la rendicontazione, sono sempre più severi e spesso difficilmente compatibili con la natura stessa dei progetti. È quanto raccontano e denunciano alcune delle organizzazioni che ogni anno partecipano, in questi ambiti, al bando indetto dal Dipartimento che ha il compito di ripartire le risorse. Non parliamo di piccole organizzazioni alle prime armi, prive di competenze, strumenti e personale, ma di grandi e storiche realtà del panorama italiano, che sanno ben muoversi nel mondo della progettazione e che hanno a che fare quotidianamente con bandi pubblici e privati.
A sollevare pubblicamente la questione, qualche mese fa, era stato Carlo Mazzini, consulente di enti non profit sulla fiscalità e sulla legislazione speciale del Terzo Settore, con la consueta ironia: «Professionisti di ong ed altri enti blasonati macinano tonnellate di progetti, riempiono chilometri di form, rispondono a innumerevoli call. Possono vincere o perdere e di norma l’esito dipende dalla bontà del progetto, dall’apprezzamento della visione, dall’innovatività delle soluzioni. Ma nell’affrontare l’8 per mille statale – evidentemente – questi professionisti si dimenticano di inserire il documento d’identità del legale rappresentante, non aggiungono la specifica richiesta dagli uffici competenti, toppano platealmente le consegne».
Il dubbio che serpeggia, nemmeno troppo celato, è che sia un riflesso politico, legato alla visione dell’attuale Governo sull’immigrazione. Nel recente decreto del Presidente della Repubblica 13 novembre 2024, n. 213 – lo stesso contestato da Zuppi perché modifica ai criteri e alle procedure per l’utilizzazione della quota dell’8 per mille – nella procedura per la selezione e la gestione dei progetti per esempio viene introdotta una stretta: i beneficiari devono operare in base a uno Statuto che includa espressamente tra gli scopi istituzionali gli interventi previsti dal Regolamento e documentare un’attività nel settore per un importo pari al contributo richiesto negli ultimi tre anni. Condizione difficile da soddisfare per molte organizzazioni che si occupano di rifugiati e minori stranieri non accompagnati.
Il nodo delle tossicodipendenze
Al nodo dei progetti non ammessi, si aggiunge quello delle “dipendenze patologiche”. È la sesta finalità per l’8 per mille a diretta gestione statale, aggiunta nel 2023 alle cinque preesistenti: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali, edilizia scolastica. Ed è proprio questa aggiunta che ha deluso monsignor Zuppi: «Come Cei siamo delusi dalla decisione del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8 per mille di pertinenza dello Stato. Una decisione che va contro la logica pattizia dell’accordo, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica sia le altre confessioni religiose firmatarie di intese con lo Stato». Palazzo Chigi ha ricordato come sia stato il governo Conte 2 a modificare la legge del 1985 e a permettere a chi destina allo Stato l’8 per mille di scegliere fra cinque tipologie diverse d’intervento. Nel 2023 il governo Meloni avrebbe quindi semplicemente inserito una sesta finalità, legata appunto alle comunità di recupero dalle tossicodipendenze.
Proprio questa sesta categoria sembra però aver spostato l’ago della bilancia: dal momento in cui questa voce è stata introdotta, infatti, ha attirato una quota importante delle risorse dell’ 8 per mille destinate allo Stato.
Diamo ancora la parola ai numeri, per capire meglio le dimensioni e i termini della questione. Il consistente scarto tra istanze presentate e istanze approvate per quanto riguarda fame nel mondo e assistenza a rifugiati e msna non si riscontra negli altri quattro ambiti previsti dalla normativa: nello specifico, sempre in riferimento al 2023, per la finalità “Conservazione dei beni culturali”, sono state approvate 28 istanze su 47 presentate. Per le “Calamità naturali”, 10 progetti approvati su 23 presentati. infine, la “new entry”, ovvero “Recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche”, ha avuto 33 domande approvate su 73 presentate, 40 escluse, 33 approvate. Lo scarto c’è comunque, con relativo residuo, ma la consistenza è evidentemente diversa: una domanda su 10 approvata nell’ambito dell’assistenza ai rifugiati, una su due nell’ambito delle tossicodipendenze.
Il Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze peraltro il 28 maggio 2025 ha pubblicato due nuovi avvisi per selezionare nuovi progetti per la prevenzione e il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche (scadono il 25 luglio 2025): le risorse messe a disposizione per entrambi gli avvisi, 30 milioni di euro in tutto, derivano dalla quota non assegnata dell’8 per mille a diretta gestione statale per i progetti di “Recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche” oggetto di ripartizione nell’anno 2023.
Risorse da non sprecare
Cosa sarà delle risorse disponibili ma non assegnate, è il terzo nodo da sciogliere, tanto più che si tratta di somme importanti. Di fatto il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, può decidere di concentrare le risorse dell’8 per mille dell’Irpef a diretta gestione statale su specifici interventi, tenendo conto dei particolari caratteri di eccezionalità, necessità e urgenza dei medesimi. In passato è accaduto spesso.
Vero è che se in passato la Corte dei Conti ha più volte bacchettato lo Stato per la scarsa trasparenza sull’utilizzo della propria quota dei fondi dell’8 per mille e pure per la scarsa promozione dell’opzione – è «l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività e che non promuove i propri progetti» fu scritto – di recente lo Stato ha un altro atteggiamento e ha una campagna di comunicazione ad hoc che nel 2025 non a caso mette in subito in risalto la scelta per il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche.
Le firme per lo Stato sono effettivamente in crescita: il riparto dei fondi nel 2024 avvenuto sulla base dei redditi 2020, contava su 4.025.480 scelte per l’8 per mille a gestione statale e su 11.804.615 scelte per la Chiesa cattolica, ma le statistiche del Mef dicono che nel 2026 il riparto dei fondi (quello relativo ai redditi del 2022) avverrà su una base di 4.518.909 firme per lo Stato e 11.347.809 firme per la Cei.
Le parole del cardinale Zuppi, mentre manifestava la sua delusione al governo, suonano intanto come un monito: questa fonte di risorse «ci permette di essere vicini alle esigenze delle persone e a coloro che sentiamo più vicini alle nostre preoccupazioni: la lotta alla povertà, l’educazione, le tante emergenze in Italia e nel mondo. Sono una parte importante del nostro sforzo, per tutti». Sprecarle, o anche solo utilizzarle male, sarebbe un peccato.
Foto Avalon/Sintesi
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