Politica

80 milioni per attuare la delega sul Codice della disabilità: ma cosa serve davvero?

La ministra Catalfo ha twittato ieri stanziamenti aggiuntivi sul nascente Fondo dedicato all'attuazione della legge delega voluta dal Conte I per redigere il nuovo Codice della Disabilità. Qui le proposte delle associazioni della società civile nella contromanovra "Sbilanciamoci!"

di Sara De Carli

«In Manovra abbiamo aumentato le risorse del Fondo per la disabilità e la non autosufficienza di altri 30 milioni nel 2020 portando così la sua dotazione a 80 milioni l’anno prossimo, 200 nel 2021 e 300 annui a decorrere dal 2022. Presto una legge quadro sulla non autosufficienza»: così ieri su Twitter la ministra Nunzia Catalfo.

Facile per chi non mastica quotidianamente la materia confondersi con il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza, stabilizzato nel 2016, per cui il Disegno di Legge di Bilancio 2020 prevede 571 milioni di euro. Non è così. Il Fondo di cui parla la ministra è un nuovo Fondo per la disabilità e la non autosufficienza istituito dal Disegno di Legge di Bilancio per il 2020 (Tomo I, Titolo VII, art. 40) per il quale erano inizialmente state stanziate risorse pari a 50 milioni di euro per l’anno 2020, 200 milioni per l’anno 2021, 300 milioni annui a decorrere dall’anno 2022. Tale Fondo sarebbe finalizzato a un complessivo riordino delle politiche a sostegno e supporto delle persone con disabilità, ma non si specificano le azioni.

Ne parla con chiarezza il documento di “Sbilanciamoci!”, realizzato da un nutrito gruppo di organizzazioni della società civile, che ogni anno elabora e presenta il proprio "contro-rapporto" sulla finanziaria.

«Già il precedente Governo aveva ipotizzato, con un disegno di legge delega, di dare l’avvio a un percorso di costruzione di un Codice sulla disabilità, che però, non avendo coperture finanziarie, non ha mai visto la luce. Nulla però si dice su come il nuovo Governo intenda procedere: finanziare con queste nuove risorse la costruzione di un Codice sulla disabilità? Implementare con tali risorse anche i servizi preesistenti, mantenendo l’attuale sistema di presa in carico, e semmai solo razionalizzandolo un po’? Oppure ripensare completamente l’approccio alla disabilità, partendo dall’organizzare un nuovo sistema normativo che descriva compiutamente la progressiva presa in carico delle persone con disabilità partendo da un sistema di rilevamento dei bisogni, delle aspettative delle stesse, in coerenza con i loro percorsi di vita e contesti?», vi si legge.

«Si ritiene che oggi il ripensare l’approccio alla disabilità non possa non partire dallo smantellare il vecchio sistema di accertamento dell’invalidità civile, stato di handicap e disabilità, particolarmente gravoso, complesso e costoso, ma soprattutto inefficace nell’individuazione di quali poi debbano essere i sostegni e i supporti giusti (sociali, socio-sanitari, sanitari) per le singole persone con disabilità, onde garantire loro la partecipazione ai propri quotidiani contesti di vita (scuola, lavoro, relazioni sociali, eccetera). Si deve ormai poter attivare dopo una snella valutazione di base inerente le funzioni e strutture corporee (sufficiente per gli anziani che necessitano solo di cure assistenziali), direttamente e su richiesta dell’interessato, una valutazione multidimensionale predittiva rispetto alla costruzione di un suo progetto individuale che preveda i giusti, adeguati e coordinati supporti e sostegni, evitando, quindi ulteriori e frammentate valutazioni per l’accesso, volta per volta, a singoli servizi/prestazioni/programmi. Ciò determinerebbe una notevole riduzione di costi rispetto a quelli oggi presenti per gli attuali accertamenti e soprattutto eviterebbe di dover attivare procedimenti amministrativi (ulteriormente costosi) per l’attivazione di singoli e specifici interventi/programmi, peraltro inefficaci per le persone con disabilità, laddove erogati “a singhiozzo”, in maniera frammentaria e non coordinata. A ciò si aggiunga che nel voler sistematizzare gli interventi per la disabilità non si può prescindere dall’individuazione di Livelli essenziali di assistenza sociale, che devono quindi anche trovare un’adeguata copertura finanziaria in fondi statali (Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza e, pro quota, Fondo Nazionale Politiche Sociali), che oggi non sono minimamente in grado di svolgere tale funzione, corrispondendo a meno di un sesto della spesa che invece gli Enti Locali e le Regioni pongono in essere, al netto dei trasferimenti statali».

Le proposte di "Sbilanciamoci!" sulla disabilità sono le seguenti:

  1. Riconoscimento della condizione di disabilità e attivazione servizi con ricomposizione della spesa (costo: 20 milioni di euro)
  2. Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza e aumento del Fondo per la Non Autosufficienza, portandolo dai 571 milioni previsti per l’anno 2020 ad almeno 750 milioni per tale anno e a 850 milioni a partire dal 2021 (costo: 179 milioni di euro)
  3. Fondo per i progetti di vita indipendente, separando il fondo sperimentale da 18 milioni di euro dal FNA e istituendo un Fondo specifico per la vita indipendente con una dotazione di almeno 50 milioni di euro, cioè 32 milioni aggiuntivi agli attuali 18 (Costo: 32 milioni di euro)
  4. Incremento della dotazione del Fondo “Dopo di noi” (costo: 10 milioni di euro)

Foto Unsplash

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