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Economia & Impresa sociale 

Una lente contro il social washing

Fondazione Sodalitas annuncia la nascita di un Osservatorio permanente sullo sviluppo sostenibile delle imprese. Ne anticipiamo alcuni contenuti, che rispecchiano l’evidente bisogno di innalzare l’attenzione sulla “esse” quando si parla di principi Esg, tema a cui è dedicato il VITA di ottobre, già disponibile per gli abbonati, acquistabile online e, in edicola, dal 14

di Nicola Varcasia

Ragazzi che non studiano e non lavorano, la formazione di chi cerca un rilancio, la povertà che cresce, il calo demografico. Come si inserisce la responsabilità sociale delle imprese in questi e altri capitoli di uno sviluppo che tutti ormai vogliono sostenibile? Anche a questi temi è dedicato il numero di ottobre di VITA, che potete già acquistare a questo link e che sarà in edicola il prossimo 14 ottobre. In perfetta sintonia con questi temi, Fondazione Sodalitas ha lanciato un Osservatorio sulla sostenibilità sociale d’impresa, uno strumento di consultazione e ricerca che fornirà indicazioni utili proprio per scoprire nuove connessioni tra le emergenze sociali e il mondo delle aziende. Non a caso, lo ha fatto nell’ambito del Salone della CSR, quest’anno dedicato alle “Connessioni sostenibili”, in un incontro che ha anticipato il lancio vero e proprio della prima edizione che si terrà il prossimo 15 novembre 2022 presso l’Auditorium di Assolombarda a Milano con la presentazione del Primo Rapporto dell’Osservatorio sulla Sostenibilità Sociale d’Impresa.

“L’Italia ha una potenzialità straordinaria”, ha sottolineato Alberto Pirelli, presidente di Fondazione Sodalitas (nella foto), ricordando, tra gli altri esempi, le oltre 12 mila imprese che hanno a capo persone con meno di 35 anni nel solo quadrilatero Milano Monza Lodi Brianza: “La sostenibilità sociale diventa sempre più centrale, ma la crescita dell’impresa dipende anche dal benessere, dalla creatività e dalla competenza delle persone che vi operano, e nello stesso tempo dall’empatia e fiducia che essa sa generare presso i propri stakeholder: clienti, fornitori e investitori, comunità e territorio”.

Insomma, c’è sempre più bisogno di “S”, se vogliamo dirla nei termini della sigla Esg – Environment, Social, Governance e a cui è dedicato il numero di ottobre di Vita.

“L’Osservatorio nasce con lo scopo di conoscere approfondire comunicare il contenuto distintivo delle imprese e affrontare i profondi impatti su persone e società generati dai cambiamenti in corso, per realizzare una prospettiva duratura di sviluppo”, ha spiegato Alessandro Beda, Consigliere Delegato di Fondazione Sodalitas.

Importante obiettivo di questo lavoro sarà focalizzare sul contesto italiano il confronto con le esperienze europee, che sarà reso possibile da un’alleanza strategica con CSR Europe.

“A differenza delle attività dedicate all’ambiente, che sono più misurabili, sul sociale la situazione è molto più fluida”, ha proseguito Beda, “ecco perché occorrono KPI per misurare e comunicare l’efficacia delle azioni, evitando il rischio di socialwashing: è uno sforzo corale e pertanto occorre trovare il modo di misurare e comunicare e in questo è fondamentale il rapporto tra impresa e terzo settore”.

Sono già 96 le imprese partner del neonato Osservatorio che, oltre all’Alleanza con CSR Europe, si avvarrà della consulenza di Omnicom per la comunicazione e di un nascente Comitato scientifico composto da esperti autorevoli: “L’Osservatorio è un progetto aperto alle imprese, alle associazioni industriali, ai centri di ricerca e ai cittadini interessati alla responsabilità sociale delle imprese”.

Tra le prime evidenze emerse dall’anticipazione dell’Osservatorio che, come detto, verrà presentato il15 novembre, è il rapporto tra la sostenibilità ambientale e sociale: ossia, tra i responsabili della sostenibilità di molte grandi aziende c’è un accordo unanime sulla interconnessione tra le componenti della sostenibilità. Altrettanto unanime è l’opinione per cui, in questa interconnessione, sono gli aspetti sociali a fare più fatica ad emergere: la gravità dell’emergenza climatica da un lato, le iniziative di comunicazione delle aziende dall’altro sono tra le cause di questa sproporzione su cui lavorare per riequilibrare verso l’altro il lavoro sulla sostenibilità.

C’è molto da fare, anche e soprattutto rispetto alla misurazione della sostenibilità sociale d’impresa. Concludendo il suo discorso, Beda ha toccato molti altri fattori da approfondire: “È necessaria l’individuazione di Kpi (key performance index) per valutare il percorso fatto e il ritorno economico della Ssi. Oggi per il sociale tendono a prevalere indicatori qualitativi a scapito di quelli quantitativi che caratterizzano le iniziative a carattere ambientale. La rendicontazione efficace nei bilanci di sostenibilità per dimostrare i risultati raggiunti, evitando i rischi di social washing è uno dei passi da compiere, assieme alla necessità di trasformazioni profonde a livello di visione obiettivi, governance e cultura del management”.

Se poi cercassimo una definizione di sostenibilità sociale, la troviamo in queste parole: la capacità delle imprese di riconoscere i bisogni delle persone sia all’interno che all’esterno dell’azienda per rispondere a una domanda di benessere. Se riconoscete in questa frase un’eco olivettiana non sbagliate. Le radici più vitali della imprenditorialità italiana possono dare una spinta a far risalire la nostra “S” debole, che potete esplorare, con analisi, riflessioni e proposte sul nuovo numero di Vita.


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