Adolescenti

Se i videogame diventano una risorsa educativa

Nel Comune di Firenze i ragazzi vengono avvicinati dagli educatori di strada, per fare insieme delle partite ai videogiochi. Non si tratta di un passatempo, ma di un progetto a supporto dei giovani, per permettergli di vivere al meglio il digitale. Ma anche il reale.

di Veronica Rossi

Quando le parole “videogame” e “ragazzi” vengono pronunciate nella stessa frase, spesso il tono è preoccupato – o indignato – per le conseguenze che i giochi digitali possono avere nello sviluppo dei più giovani. Ma non deve per forza essere così. Lo dimostra il progetto educativo “Edugamer”, portato avanti dalla cooperativa Il Girasole, parte del consorzio Co&so, che aderisce alla rete Edugamers for kids 4.0, promossa dalla onlus torinese Crescere insieme, e parte del progetto del Comune di Firenze “Ecosistema Giovani”. L’iniziativa, in partenza a maggio, coinvolgerà i ragazzi in sessioni di gioco in postazioni dedicate, con l’affiancamento di educatori di strada appassionati di videogame, che hanno svolto una formazione specifica sul tema.

«Il progetto non serve a invitare a giocare chi non gioca, ma chi già lo fa», dice Lotar Sanchez, coordinatore di “Edugamer”, «per affiancarlo con una figura educativa, che aiuta a decostruire il significato del gioco e delle immagini che vengono viste, per dare una scala di valori e capire cosa si è fatto. È una cosa che non si fa subito, la si costruisce attraverso una relazione». L’educatore, infatti, non dà divieti e non prescrive, ma sta accanto, crea un legame e guida i ragazzi nel loro percorso. In questo caso, si tratta anche di persone che già giocano e conoscono il mondo videoludico; questa caratteristica è importante, perché permette di agganciare in maniera autentica i giovani e di trovare una base di dialogo condivisa.

«Lavoro insieme al mio collega nel quartiere di Rifredi a Firenze», racconta Arif Gosani, educatore di strada coinvolto nell’iniziativa. «Entriamo in contatto con i ragazzi frequentando i loro luoghi di svago, che possono essere il campo da calcio, il parco o il circolo Arci. Ci facciamo conoscere, proponiamo le attività. In particolare, per questo progetto, entriamo in contatto con adolescenti delle medie e delle superiori; ci adattiamo alle necessità di ciascuno e proponiamo percorsi e giochi diversi a seconda della persona».

Per proporre i videogiochi ai ragazzi bisogna seguire la classificazione Pegi. A volte i genitori per ingraziarsi i figli gli comprano videogame non adatti alla loro età, ma non è corretto

I luoghi fisici in cui i ragazzi potranno andare a giocare – chiamati Edugaming zone – saranno quattro, in diverse zone della città: il Centro giovani isola, la Parrocchia di Santo Stefano in Pane, lo Spazio Giovani Cure e la Edugaming zone itinerante per le scuole. «Andremo negli istituti scolastici», spiega Sanchez, «anche per creare dei momenti educativi dedicati ai genitori. Gli parleremo, per esempio, di alcune dinamiche legate ai videogiochi. Una concetto che mamme e papà non sanno di solito, per esempio, è quello di flow, usato anche in educazione. È quando una persona raggiunge un momento di totale focus, in cui la curva di apprendimento è molto alta. Molti genitori arrivano dicendo che loro figli è molto pacifico e tranquillo, ma che diventa irriconoscibile quando gli spengono il videogioco per cena. Magari, però, sono arrivati proprio durante questo flow: saperlo significa negoziare col figlio. Ma anche rendersi conto che il ragazzo non sta diventando una persona aggressiva se si arrabbia per questo».

Oltre ai ragazzi che si trovano nei luoghi di aggregazione, il progetto vuole agganciare anche tutti quei giovani che hanno una socialità ridotta, attraverso il gioco online. L’obiettivo infatti è che gli amici con cui giocano – e che già si incontrano nelle Edugaming zone – pian piano riescano ad attrarli fuori dalle loro stanze, portandoli con gli educatori a fare anche attività offline.

I videogiochi utilizzati nelle Edugaming zone sono diversi, da quelli di simulazione sportiva a quelli in cui bisogna usare la logica. «A volte capita di fare delle partite di Fifa (noto gioco che simula partite di calcio, ndr)», racconta Gosani, «o altri giochi in cui i ragazzi devono cooperare per vincere. Se un giovane ha difficoltà nella gestione della rabbia e ha reazioni esagerate quando perde, la presenza di un educatore aiuta a fornire un metodo. Oppure ci possono essere adolescenti che hanno difficoltà a gestire le loro risorse. Usare assieme a un educatore videogiochi come Minecraft, o il più complesso Age of empires, in cui devi cercare risorse e gestirle bene per salire di livello può aiutare».

Ma ci sono dei videogame che proprio non si possono utilizzare? La risposta, anche per gli edugamer, è affermativa. «Si utilizzano giochi a seconda del sistema di classificazione Pegi, che prescrive età e contenuti», conclude il coordinatore. «Spesso i genitori che vogliono essere amichevoli con i figli comprano videogame che non sono adatti alla loro età, ma non fanno bene. Si tratta di un paletto che va messo sempre».

Foto in apertura da Unsplash

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