L'altro credito
Banca Etica al voto, Soldi: «L’istituto è sotto attacco»
Di fronte alle critiche della lista avversaria Restart, il candidato della Lista Partecipativa rivendica il percorso fatto dall’attuale governance dell’istituto, la bontà dei numeri sul credito, denunciando merito e metodo delle affermazioni rivolte sul suo conto e sull’operato del management sulla scia del quale intende proseguire il cammino con la sua nuova squadra

Il nostro dialogo con Aldo Soldi avviene all’indomani dei pesanti rilievi espressi dalla lista Restart sulla trasparenza della procedura che il 17 maggio porterà al rinnovo dei vertici di Banca Etica, con voto online dal 7 maggio. Logico, quindi, anche nel caso dell’intervista al candidato della Lista Partecipativa, partire dal fatto che ha accesso i riflettori su questa contesa, anche dal punto di vista mediatico. Gli argomenti affrontati nel loro insieme avranno valore anche quando – si spera – le acque si saranno calmate e l’istituto di credito fondato sui principi della finanza etica riprenderà il suo corso abituale. Ma non è questo il momento delle acque chete.
Soldi, come stanno le cose, davvero manca trasparenza nel percorso elettorale di Banca Etica?
La questione è molto seria, lo dico a chiare lettere, Banca Etica è al centro dell’attacco più duro nel corso della sua storia. Si è partiti con attacchi alla reputazione, si è proseguito con la vicenda delle banche armate e poi con gli attacchi al funzionamento e sui numeri del credito. Da ultimo, è arrivato l’attacco alla credibilità stessa della banca, con la diffusione di un allarme sulla trasparenza del voto e sulla possibilità che le operazioni si svolgano in maniera regolare.
Ci vede un disegno?
C’è una strategia, mi sembra evidente, niente viene lasciato al caso e vengono utilizzati tutti i mezzi. In merito a quest’ultima accusa, che ci ha portati su tutti i giornali, la domanda da porsi è: a chi giova? Io non lo so, però so a chi fa male: alla banca stessa.
Perché ?
Chi ha cuore la banca non si comporta così, il che mi porta a dire che non ci sono solo due liste che si fronteggiano, ma due idee di banca. Una è la continuazione del lavoro fatto fin qui.

Quindi la stabilità, la responsabilità, il guardare avanti con fiducia e serenità. Parliamo di una banca che funziona e della quale c’è da essere orgogliosi. L’altra è quella della denigrazione, della diffamazione, della diffusione di allarmi inutili. E dell’uso dei dati per fini di parte e dell’attacco spregiudicato per la conquista del potere.
A cosa si riferisce?
Ad esempio, nel corso dei sette incontri fatti insieme (organizzati dalla stessa Banca Etica nelle scorse settimane, ndr), per sei volte la direzione è dovuta intervenire per ristabilire la verità sui numeri. Questa non è la Banca Etica che i soci hanno creato e costruito. Nessuno si aspettava una cosa del genere che presumibilmente non è ancora finita. Ma l’attacco è pesante ed è sicuramente dannoso per la banca, per la sua reputazione e per il peso che si è conquistata in questi 26 anni.
Come intende replicare dunque sul tema della trasparenza del voto?
D’accordo la competizione elettorale e le idee diverse, ma qui stiamo parlando d’altro. Non c’è nulla che autorizzi ad affermare che il percorso elettorale non sia trasparente e affidabile. Sono affermazioni basate sul nulla. In Banca Etica si vota da 26 anni e si è sempre votato con assoluta trasparenza e tranquillità. La banca è un organismo vigilato, soggetto a controlli esterni e interni, è attrezzata per gestire percorsi elettorali, quindi l’allarme è assolutamente ingiustificato.
Passando agli altri temi, ci può sintetizzare l’importanza del tema della continuità e quali sono i suoi tratti essenziali?
Noi crediamo che in una banca l’elemento della stabilità sia un valore. Tanto più quando siamo di fronte ad una banca che funziona bene, che genera dei bei risultati e ha maturato una storia di cui andare assolutamente orgogliosi. Quindi la continuità per noi significa prima di tutto stabilità. Con cinque persone dell’attuale Consiglio di amministrazione, tra cui l’attuale vicepresidente e tre inserimenti nuovi con elevate competenze, come richiesto sia dalla normativa sia dalle tante aizoni da intraprendere.
Troppa continuità non implica il timore di innovare?
In un incontro con i soci spagnoli una socia ha utilizzato l’espressione molto bella: continuità è progresso. La continuità non significa fare sempre le stesse cose, ma avere le condizioni per poter governare il cambiamento che, peraltro, è insito nel modo di essere della banca. Ben solida nei suoi valori, se la banca non fosse costantemente cambiata oggi non saremmo qui a parlare di un’esperienza di successo. Inoltre, continuità e cambiamento si incardinano nel piano strategico che dà una visione sui prossimi tre anni e rappresenta la nostra bussola.
Qual è l’importanza di questo piano?
Ne condividiamo anzitutto i contenuti (qui il link alla sintesi), dei quali abbiamo partecipato alla elaborazione e, in secondo luogo, nutriamo un profondo rispetto per il percorso partecipativo da cui è scaturito, fatto di quasi un anno di incontri e consultazioni di soci, di lavoratori e di soggetti coinvolti nella vita della banca.
Ma non sarebbe stato meglio far approvare il piano dalla governance entrante?
Il piano strategico precedente era in scadenza e il Gruppo è abituato a dotarsi di un riferimento che consente, ad esempio, di effettuare i piani operativi anno per anno. Il lavoro nel merito, come accennavo, non è certo iniziato a novembre, con un Consiglio che dopo sette mesi sarebbe scaduto.
È invece partito 18 mesi prima della scadenza elettorale, per concludersi a dicembre 2024. Si tratta perciò di uno strumento necessario per il buon governo della banca che il Consiglio di amministrazione era non solo legittimato ma io direi quasi in dovere di adottare.
Si può cambiare?
Come è scritto nel piano stesso, in forza di un Consiglio che cambia o anche di fattori esterni imposti dal mercato, si possono operare le dovute revisioni e aggiornamenti. Non è un documento scolpito nella pietra. Per rovesciare questo punto di vista, potrei dire che mi sento più garantito di un piano fatto da un consiglio che la banca la conosce piuttosto che da uno che la banca non la conosce e magari ha bisogno di un anno per impararlo. Con la conseguenza di rimanere due anni senza piano strategico e diventa pericoloso.
Prima accennava al tema dei dati, un altro punto del confronto/scontro tra la vostra lista e Partecipativa e Restart riguarda i numeri del credito erogato.
Da quando esiste, Banca Etica ha sempre visto crescere il credito, in quanto sua attività fondamentale. C’è stata una leggera flessione nel 2023 – rispetto a trend che sono sempre stati in crescita – anno in cui i tassi di inflazione erano tali da comportare un rallentamento della domanda. Ma da noi il rallentamento è stato nell’ordine dell’1%, mentre nel sistema bancario è stato nell’ordine del 4%. Nel 2024 si è immediatamente ripreso e nel 2025 sta andando di nuovo molto bene. Il piano strategico a cui accennavamo prevede una crescita importante e quindi non siamo preoccupati. Vale inoltre la pena puntualizzare che quando parliamo del credito, in Banca etica si fa un particolare riferimento al credito verso il Terzo settore.
Come far crescere dunque questa peculiarità?
Se consideriamo l’insieme più grande dell’economia sociale, la percentuale del credito erogato supera di molto il 50%, mentre il Terzo settore in quanto tale raggiunge una percentuale comunque superiore al 45%. Quindi Banca Etica è già la banca del Terzo settore. Per crescere, il primo aspetto da considerare è il forte bisogno di consulenza e accompagnamento delle organizzazioni, in particolare quelle più piccole, ma non solo. In secondo luogo, è importante capire i bisogni emergenti di queste realtà, i cui connotati sono cambiati molto in seguito alla riforma e dopo la pandemia. Un dialogo che per la banca sarà facilitato in quanto molte di queste organizzazioni sono fra i nostri soci.
Dal punto di vista del rafforzamento della struttura?
La struttura dedicata all’attività creditizia è stata migliorata, i cambiamenti devono entrare pienamente a regime e quindi c’è uno spazio perché questo possa accadere. L’altro aspetto riguarda l’utilizzo intelligente della tecnologia, che è trasversale su molti ambiti, può aiutare a semplificare e a snellire le pratiche.

Tocchiamo il tema della partecipazione, un tratto essenziale per una cooperativa. Posto che non può esistere la bacchetta magica, come ravvivarla nell’ambito specifico di Banca Etica?
La complessità deriva dal fatto che la banca ha circa 49mila soci, tra persone fisiche e giuridiche, con ambizioni di partecipazione molto eterogenee fra loro. Bisogna quindi attrezzarsi per governare questi diversi tipi di partecipazione. Occorre fare in modo che le assemblee siano numericamente ben frequentate – anche se non si può immaginarne una con quasi 50mila partecipanti – e ben gestite, a livello di presenza fisica come on line. L’altro aspetto su cui lavorare è il sistema di rappresentanza, un tema su cui la banca ha lavorato nel corso degli anni. La nostra lista, d’altra parte, si chiama Partecipativa proprio perché nasce da un percorso di incontro con le sedi della partecipazione, dove ho trovato tanta gente vogliosa di partecipare e su questo quindi occorre investire.
Per quanto riguarda i Gruppi di iniziativa territoriale – Git?
Si tratta di un punto delicato perché, basandosi sul lavoro volontario, emerge molta eterogeneità e alternanza nella partecipazione. È il caso di ragionare, come è già accaduto, sull’opportunità di assegnare loro più risorse. In sostanza, però, occorre dare più potere di rappresentanza sul territorio e nei prossimi anni ci sarà lo spazio per migliorare anche questa attività. Inoltre, è anche possibile creare dei meccanismi di partecipazione tematici, ad esempio sul tema dell’ambiente o dell’inclusione finanziaria. Poi c’è il tema del tavolo dei portatori di valore.
Può chiarire questo concetto, non sempre chiaro per chi non conosce Banca Etica?
Ad oggi abbiamo sette portatori di valore. Cinque sono di tipo geografico, quattro in Italia e uno in Spagna, e due di coordinamento, uno dei soci lavoratori e l’altro dei soci di riferimento. Questi ultimi includono i soci fondatori o quelli che si sono aggiunti dopo ma sono comunque soci di riferimento, quali Arci, Acli, Agesci, Legacoop, Cgm, Oxfam e altri. Quelli territoriali invece sono i coordinamenti dei Git. Sono importanti perché rappresentano quella cintura democratica che, in una cooperativa a larga base sociale, supporta e indirizza l’andamento della banca. Rappresentano una garanzia per il futuro, intercettano le priorità che la società chiede a una banca cooperativa come la nostra.
Tra Git, portatori di valore e, soprattutto, base associativa, qual è il ruolo dei giovani?
Dell’importanza dei giovani per Banca Etica si può parlare sotto diversi aspetti, vale la pena farlo anche in termini di partecipazione. Nel percorso di costruzione del programma di lista abbiamo incontrato le due organizzazioni delle persone socie giovani in Italia e Spagna. Sono due luoghi molto vitali con ragazzi e ragazze che chiedono solo di dialogare, di essere ascoltati e di costruire assieme dei progetti. Al di là di questo, fa riflettere che oltre il 50% dei conti correnti aperti nell’ultimo anno sono di under 35. Tutto questo ci invita a creare, per dirla con uno slogan, un progetto per i giovani fatto con le idee dei giovani. A partire dalla struttura che già c’è.
Torniamo in chiusura sugli aspetti polemici di questa tornata elettorale. Lei è stato accusato esplicitamente da Alessandro Messina di voler portare Banca Etica nell’orbita di Unipol. Come risponde?
Rispondo volentieri perché l’argomento è andato sotto la cenere finché c’erano i confronti diretti, ora torna fuori e vedo che si va avanti senza esclusione di colpi. Si tratta di un’ipotesi di influenza destituita di ogni fondamento. Io ho un passato lavorativo nel mondo cooperativo, con esperienze in diversi settori della cooperazione, di cui vado assolutamente orgoglioso. La cooperazione è un’esperienza bella dal punto di vista economico e sociale nel nostro Paese e anche Banca Etica è una cooperativa. Il ragionamento su di me parte dal fatto che sono stato nel consiglio d’amministrazione di Unipol. Parliamo di vent’anni fa: francamente, in vent’anni è cambiato il mondo, sono paure messe in circolo senza nessun fondamento concreto, senza nessun elemento di serietà al limite della diffamazione se non fossero ridicole.
Lei cosa si porta a casa da questa cavalcata così intensa?
Ho incontrato tanta bella gente in ogni parte d’Italia. Gente che vuole bene alla banca, che ha piacere di ricordare di esserci stata fin dall’inizio. Una storia bellissima quindi, perché nessuno si vanta di aver partecipato a qualcosa di negativo. Ho visto tanta vicinanza al progetto della finanza etica e anche tanta voglia di mettersi in gioco. C’è un bel tessuto umano a cui la banca può fare riferimento che credo possegga anche gli anticorpi necessari contro le aggressioni di cui abbiamo parlato. Ci avviciniamo al compito di guidarla esattamente con questa logica di servizio tesa a creare comunità.
Leggi l’intervista ad Alessandro Messina, candidato della lista Restart
Foto in apertura dal sito della Lista Partecipativa.
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