Balcani inquieti
La Romania al bivio, tra onda sovranista e scelta europea
Il 18 maggio ballottaggio per eleggere il presidente della Repubblica. Lo scontro è tra il moderato Nicușor Dan e il candidato di estrema destra George Simion, favorito. Per Ovidiu Voicu, direttore del Centro per l’informazione pubblica di Bucarest, l'opzione estremista è percepita come l'unica alternativa all'attuale classe politica. A pesare sono insoddisfazione e scarsa redistribuzione della ricchezza

«Vogliamo che il nostro Paese vada avanti e non indietro». Sono stati circa 15mila, secondo i media locali, i cittadini romeni che il 9 maggio, Giornata dell’Europa, sono scesi in strada a Bucarest per manifestare il proprio sostegno all’Unione europea in vista del ballottaggio delle elezioni presidenziali di domenica 18 maggio. Una scena singolare, se si vuole: le manifestazioni pro-Ue di solito vanno in scena in Paesi che ancora non ne fanno parte, ma la questione in Romania è più calda che mai. Tra sette giorni, infatti, i cittadini saranno chiamati a scegliere tra il candidato di estrema destra e critico verso Bruxelles George Simion e il centrista moderato Nicușor Dan, già sindaco della capitale.
Sebbene Simion non abbia in programma di slegarsi dall’Ue, le sue posizioni rischierebbero di far iscrivere la Romania nella “lista dei cattivi” interni assieme all’Ungheria di Victor Orbán o alla Repubblica Ceca di Robert Fico, con possibilità di sanzioni e penalizzazioni. Per esempio, pur condannando chiaramente l’aggressione russa ha già fatto sapere di essere pronto a non aiutare più Kiev se prima i diritti dei romeni in Ucraina non verranno ristabiliti. Proprio per evitare uno scivolamento del Paese su queste posizioni, il presidente ad interim della Romania Ilie Bolojan ha voluto dare, tramite X, una chiara indicazione ai cittadini: «Oggi, nella Giornata dell’Europa, riflettiamo sul fatto che 18 anni di appartenenza della Romania alla Ue hanno significato per il nostro Paese più possibilità, più infrastrutture e chance di progredire nell’Europa unita».
Insoddisfazione verso la classe politica e ingerenze russe: cosa c’è dietro la svolta a destra dell’elettorato romeno
La palla ora passa al popolo romeno: al primo turno Simion si è imposto col 40,9%, mentre Dan è risultato secondo con il 20,9%. Un margine ampio ma non incolmabile, anche se Simion resta favorito. La popolazione, del resto, aveva già scelto quest’area politica lo scorso autunno, quando alle elezioni presidenziali poi annullate per interferenze russe aveva eletto l’ultranazionalista pro-Putin Calin Georgescu. «Sono due le ragioni principali di questo spostamento dell’elettorato», spiega a VITA Ovidiu Voicu, direttore del Centro per l’informazione pubblica, una divisione indipendente della sede romena della Open Society Foundation. «La prima causa è legata all’insoddisfazione della popolazione rispetto alle politiche dell’attuale governo e al fatto che la coalizione tra conservatori e socialdemocratici ha di fatto azzerato l’opposizione. Prima quando si era scontenti di uno ci si spostava sull’altro, ora invece l’unica alternativa rimane l’estrema destra». La seconda causa, sostiene Voicu, riguarda la propaganda e le ingerenze straniere, specie da parte della Russia, che passano soprattutto attraverso i social network.
Voicu non esita a definire Simion e prima di lui Georgescu come espressioni di «movimenti fascisti», anche se non crede che sia in corso una vera e propria radicalizzazione della società. «Si tratta soprattutto di un voto di protesta contro la classe politica attuale. Poi certo, c’è anche una parte della popolazione aperta alle idee di estrema destra, specie tra i giovani».
Una scelta tra due opposti movimenti antisistema
Anche quello per Nicusor Dan è, a suo modo, un voto di protesta. «Dan», ci dice Sielke Beata Kelner, ricercatrice italo-romena dell’Osservatorio Balcani Caucaso, «è stato tra i fondatori del partito Unione salvate la Romania, nato dalla società civile come movimento antisistema per protestare contro la corruzione». Sebbene oggi si sia distaccato dalla sua creatura e corra come indipendente, Dan rimane incanalatore di un voto contro l’establishment, anche se ora su di lui dovrebbero confluire i voti di chi teme una deriva sovranista della Romania. Quello con Simion, ha detto Dan, sarà uno scontro di civiltà. «Non sarà uno scontro tra due persone, ma tra un orientamento della Romania filo-occidentale e uno ostile e anti-occidentale. Per questo chiedo a tutti i romeni di essere parte di questa battaglia», le sue parole a La Stampa.
La retorica di Simion, però, sembra fare presa sulla popolazione con molta più efficacia. Per Kelner ciò accade perché la Romania ha un tessuto socioeconomico facilmente permeabile da un discorso populista: «Negli ultimi anni qui c’è stata una crescita economica importante ma la ricchezza non è stata distribuita in modo equo. Del nuovo benessere hanno giovato le grandi città, ma i piccoli paesi e i villaggi rurali si sentono dimenticati», spiega Kelner. «Questo, unito a una corruzione diffusa, esaspera la popolazione».
Orbán, Meloni e Trump: i modelli di Simion
C’è un dato, forse, che più degli altri rende bene l’idea di questa esasperazione. Secondo un sondaggio pubblicato a gennaio da Inscop Research, l’87,5% degli intervistati crede che la Romania debba proseguire sulla strada che la lega all’Occidente, inteso come Unione Europea, Stati Uniti e Nato. Il 72,5%, invece, crede che l’adesione di Bucarest all’Ue (avvenuta nel 2007) abbia portato miglioramenti da un punto di vista economico e sociale ma anche da quello personale. Sembrerebbe un paradosso, dunque, l’elezione di un candidato come Simion, che non a caso ha rimodulato il proprio discorso, cercando di moderare la propria posizione verso l’Europa.
«Il suo vero modello è Orbán, ma ora cerca di accreditarsi come una sorta di Giorgia Meloni», dicono sia Voicu che Kelner. Con la presidente del Consiglio italiana Simion condivide la famiglia di appartenenza al Parlamento europeo, i Conservatori e riformisti. In una recente intervista Simion si è definito un «euro-realista», favorevole a una «Europa delle nazioni». Una posizione critica verso Bruxelles ma molto più sfumata rispetto al vero e proprio anti-europeismo di Georgescu, il che lo rende più appetibile e affidabile. Del resto, secondo il sondaggio di Inscop il 57,1% dei romeni ritiene che Bucarest debba difendere i propri interessi se questi configgono con quelli comunitari.
Il riferimento numero uno di Simion è però Donald Trump. «Credo che gli piaccia soprattutto il suo profilo autoritario da uomo forte, l’idea di un leader che non si preoccupa troppo della democrazia, del Parlamento, della giustizia», riflette Voicu.
In apertura: la folla a un comizio elettorale di Nicușor Dan (AP Photo/Andreea Alexandru/LaPresse)