Migranti

Morire di fame e sete nel Mediterraneo? È inaccettabile

Un sistema di ricerca e di soccorso istituzionale e canali di accesso regolari e sicuri: sono queste le richieste di Save the Children all'indomani dello sbarco a Lampedusa di una nave con a bordo tre cadaveri, di cui due bimbi piccolissimi

di Veronica Rossi

Ieri c’è stata l’ennesima tragedia nel Mediterraneo. A Lampedusa è sbarcata una nave con a bordo tre cadaveri. Due di questi erano bambini di due anni. Secondo le ricostruzioni, le vittime erano morte di fame e di sete, su un gommone partito dalla Libia da giorni. Fatti come questo continuano ad accadere, nell’assenza di seri interventi di soccorso e di salvataggio e di canali di arrivo sicuri. Si tratta di una mancanza che ormai è diventata «inaccettabile», secondo Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the Children.

Cosa ha suscitato in voi questa nuova, ennesima, tragedia nel Mediterraneo?

Ha turbato tutti profondamente. È veramente inaccettabile che due bambini piccoli – ma anche un uomo – possano morire di fame e di sete, di stenti, in mezzo al mare. È il frutto dell’indifferenza di chi non considera che chi scappa da guerre, da povertà estrema, crisi umanitarie in assenza di canali umanitari non ha alternative se non affrontare questa roulette che è la traversata della rotta più letale al mondo, mettendo a rischio la propria vita e quella dei propri cari. I dati più aggiornati – ma sicuramente si tratta di stime per difetto – ci dicono che dal 2014 quasi 32mila risultano morte o disperse nel Mediterraneo. Non possiamo accettarlo: sono persone che hanno diritto a essere soccorse.

Cosa chiedete, dunque?

Save the Children continua a rinnovare l’appello per un’assunzione di responsabilità nei confronti degli Stati membri dell’Unione Europea, per chiedere che vengano attivato un sistema coordinato e strutturato di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, garantendo il rispetto dei principi internazionali, come quello di solidarietà, che sono la base fondante dell’Unione. Chiediamo anche che vengano creati canali regolari e sicuri per accedere all’Europa, per evitare queste terribili tragedie del mare; ieri abbiamo dovuto assistere di nuovo all’arrivo sulle nostre coste di salme, tra l’altro anche di bambini piccolissimi. Il team di Save the Children, che è presente sull’isola, ha subito assicurato il raccordo e la cooperazione all’ente gestore del centro di prima accoglienza perché venissero attivate tutte le misure di protezione nei confronti dei sopravvissuti.

Quando arrivano le notizie di queste tragedie, spesso come cittadini ci sentiamo impotenti. Cosa possiamo fare attivamente per queste persone che rischiano la vita in mare?

Si può sostenere tutte quelle realtà e quelle organizzazioni che soccorrono e danno supporto a chi arriva via mare. Non solo Save the Children, siamo in molti a lavorare in quest’ambito.

E serve anche un cambiamento culturale.

Bisogna cercare di vedere coloro che arrivano come persone che hanno alle spalle un vissuto difficilissimo, di guerre, di povertà, di persecuzioni. Si deve considerare l’altro come un essere umano in difficoltà. Poi però la responsabilità delle decisioni è degli Stati membri, dell’Europa e, in generale, delle istituzioni.

Spesso chi salva vite in mare, però, viene addirittura criminalizzato.

Sicuramente negli anni hanno prevalso politiche di chiusura dei confini e di deterrenza, piuttosto che quelle di rispetto della persona umana. Un sistema di soccorso istituzionale, invece, è necessario per salvare vite umane. Non si può ragionare sulla pelle delle persone. I vulnerabili – bambini, adolescenti e anziani, anche se di questi ultimi ce ne sono pochi – sono più esposti ai pericoli quando succede qualcosa, come in questo caso. Per i piccoli è molto difficile affrontare situazioni emergenziali come quelle di rimanere tanti giorni senza bere e senza mangiare: rischiano più degli altri.

Nella foto in apertura, un’immagine risalente a uno dei più tragici eventi accaduti nel Mediterraneo negli ultimi anni, la strage di Cutro del febbraio 2023. All’epoca sono stati confermati 62 morti, tra cui 12 bambini, ma il conto delle vittime pare essere molto più alto. La barca su cui viaggiavano circa 200 miranti si è rotta ed è affondata mentre cercava di sbarcare vicino a Crotone.

Foto di © Avalon/Sintesi