Idee Trattative in corso
L’adesione dell’Ucraina all’Ue: decide Bruxelles o Mosca?
Iniziati con un'anomala procedura accelerata, i negoziati per far entrare Kiev nell'Unione si sono arenati davanti ai veti di Viktor Orbán. Il premier ungherese fa il gioco di Vladimir Putin, il quale potrebbe spingere altri Paesi sulla stessa strada facendo leva sul potenziale agricolo dell’Ucraina, che minaccerebbe l’export di Polonia, Slovacchia e Romania

Mentre fra Kiev e Mosca si stanno faticosamente delineando i contorni di un possibile processo di pace o almeno di una sospensione temporanea dei combattimenti, l’Ucraina cerca di definire il proprio futuro. Il percorso di avvicinamento all’Unione europea è cominciato formalmente il 28 febbraio del 2022, quattro giorni dopo l’inizio dell’aggressione su larga scala dell’esercito russo in quella che Mosca continua insolentemente a chiamare «operazione militare speciale». Il quel giorno di fine febbraio Kiev presenta a Bruxelles la domanda di adesione all’Ue. I progressi, però, sono stati molto pochi.
Le tappe del sostegno europeo
Anche se a molti appariva più come un gesto di disperazione, se non un vero e proprio sos partito da una nave che colava a picco con la ricerca ultima di un salvagente a cui aggrapparsi prima di essere travolta dalla marea, il 23 giugno il Consiglio europeo, dopo il parere positivo espresso dalla Commissione, accorda all’Ucraina lo status di Paese candidato. Nel frattempo, l’Unione, oltre al limitato sostegno militare, aveva adottato un pacchetto di misure ad hoc miranti ad alleggerire, pur nella drammaticità degli eventi, le condizioni della popolazione e a puntellare l’economia dell’ex repubblica sovietica. Attiva la Direttiva di Protezione Temporanea che consente a milioni di profughi ucraini di trovare rifugio nei paesi europei, stanzia ingenti aiuti finanziari e liberalizza il commercio togliendo i dazi alle merci di Kiev che entrano nel mercato unico.
Va sottolineato che il cammino di adesione per i candidati si è fatto nel corso del tempo sempre più arduo. C’è chi è costretto ad aspettare per anni nell’anticamera frustrante di un labirinto apparentemente senza sbocchi, vedi il caso della Macedonia del Nord che ha presentato domanda di adesione nel 2004 e non ha ancora iniziato i negoziati, che sono notoriamente lunghi, complessi e snervanti. Per l’Ucraina, tuttavia, i vertici di Bruxelles si sono sbilanciati prospettando una procedura accelerata che, in realtà, non esiste. Si arriva così al 14 dicembre del 2023 quando il Consiglio decide di dare il via libera ai negoziati che vengono aperti ufficialmente il 25 giugno del 2024 sotto la presidenza semestrale del Belgio. Da allora, più nulla. Tutte le decisioni pertinenti all’allargamento nel Consiglio devono essere adottate all’unanimità.
Orbán, il vassallo di Putin che mette veti contro Kiev
Il governo ungherese non ha mai fatto mistero della sua opposizione, se non aperta ostilità, all’integrazione dell’Ucraina dell’Unione. Anche se i contenziosi bilaterali non dovrebbero prevalere sugli interessi complessivi dell’Ue, Budapest ha denunciato strumentalmente presunte violazioni dei diritti della minoranza ungherese per intralciare le aspirazioni europee di Kiev. È il debutto del secondo tempo della strategia sovranista sintonizzata sulla lunghezza d’onda del Cremlino. Se non si riesce a smembrare l’Ucraina con i carri armati si cerca, comunque, di impedirne il consolidamento delle istituzioni democratiche e la ricostruzione sia materiale che civile dello Stato, opportunità indiscutibili che offrirebbe l’adesione all’Unione. Nei giorni scorsi Viktor Orbán ha annunciato che indirà un referendum popolare sulla questione.
In campo agricolo l’Ucraina è un colosso rispetto ai Paesi confinanti. Facile, da parte russa, aizzare le comunità rurali di Ungheria, Slovacchia, Romania e Polonia contro un pericoloso concorrente destinato potenzialmente a sottrarre anche una buona fetta di fondi della Politica Agricola Comune in caso di ingresso nell’Ue. La demagogia sovranista si nutre della cultura del nemico e l’Ucraina, in questo contesto, può diventare un bersaglio comodo e utile per raccattare voti. Se e quando l’Ucraina riuscirà a superare lo sbarramento populista, comunque, entrerà verosimilmente nell’Ue come un membro a sovranità limitata territorialmente. Due sono i modelli che circolano. Il primo è quello della Finlandia, costretta da Mosca al non allineamento fino alla fine della Guerra fredda; l’altro è quello di Cipro, isola spaccata in due con la Turchia che occupa dal 1974 la parte settentrionale.
L’ingresso nell’Unione per l’Ucraina è di vitale importanza per liberarsi dal giogo di Mosca; in caso contrario rimarrebbe in balia delle mire espansionistiche russe come dimostra il conflitto in corso.
In apertura: Vladimir Putin (Alexander Nemenov/Pool Photo via AP/Associated Press/LaPresse)
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