Terzo settore & Progetto di vita
Roberto Speziale: «Guai a rimanere ancorati a un passato che non c’è più»
La riforma della disabilità, introdotta dal decreto legge n. 62/2024, ha imposto una profonda e articolata riflessione anche al Terzo settore. Fondazioni, associazioni, cooperative come stanno rispondendo alle sfide? In dialogo con il presidente nazionale di Anffas

Qual è il ruolo del Terzo settore – associazioni, cooperative, enti gestori – nel cambiamento disegnato dalla riforma della disabilità e dal decreto legislativo 62/2024? A quali sfide è chiamato? In cosa deve cambiare? Quale contributo può portare? Prosegue il racconto a più voci per guardare dentro il cambiamento in atto, con le sue opportunità e le criticità da affrontare. Ne abbiamo parlato con Roberto Speziale, presidente nazionale Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo – Anffas, per il quale la sfida è quella «cambiare e reimpostare il proprio pensiero come nuovo soggetto in un ambito mutato. Di non rimanere ancorati a un passato che non c’è più».
Qual è il ruolo del Terzo settore e quali sfide lo aspettano?
Già la riforma del Terzo settore ha tracciato una linea netta tra il passato e il futuro. Tutti sono chiamati ad adeguarsi e a rispettare quanto è ora la norma, pena il rimanere indietro e il non essere più in grado di affrontare quello che è un contesto totalmente nuovo e che non ammette l’essere approssimativi: ne va sia della stessa sopravvivenza di quelli che sono ora i nuovi soggetti del Terzo settore, sia della vita delle tante persone e famiglie che vengono da essi seguiti. Aps, Ets, OdV, imprese sociali… non si tratta solo di vedere cambiata la propria denominazione ma si tratta di cambiare e reimpostare il proprio pensiero come nuovo soggetto in un ambito mutato. La sfida è proprio questa, il non rimanere ancorati ad un passato che non c’è più, il non farsi trovare impreparati, l’essere costantemente aggiornati e pronti a rispondere a nuove questioni come, ad esempio, l’accreditamento e il convenzionamento, la gestione dei servizi che devono convergere in una transizione inclusiva, dimenticando tutto ciò che era standardizzato e precostituito come indicato anche dalla nostra Ricerca/Azione. Per questo come Anffas stiamo portando avanti un percorso di aggiornamento a 360 gradi, che vede coinvolte le nostre realtà: abbiamo predisposto un Codice di Qualità e Autocontrollo con collegato un Manuale, abbiamo realizzato numerosi eventi dedicati alle gestioni, abbiamo attiva ad oggi una formazione interna denominata “Accademia Anffas”, e tutto questo è racchiuso nel nostro Manifesto di Perugia, dove si traccia un piano strategico verso il 2030 affrontando questioni legate alle risorse economiche all’affidamento dei servizi, alla competizione del mercato e allo svilupparsi della riforma del Terzo settore.
In cosa a suo giudizio il Terzo settore è chiamato a cambiare?
Deve cambiare sotto molti punti di vista, a partire dalle nuove forme di organizzazione, di finanziamento e di erogazione di servizi, entrando in questi nuovi meccanismi senza esserne travolto: non è così semplice. La riforma in un certo senso ha costretto tutti gli attori del Terzo Settore a prendere consapevolezza di un nuovo ruolo da portare avanti che però non deve far dimenticare l’origine di tutto, ossia l’obiettivo primario della costruzione di una società più inclusiva e partecipativa. Non dimentichiamo che da sempre il Terzo settore opera per la realizzazione di un welfare realmente inclusivo e contribuisce a identificazione i bisogni emergenti andando spesso a supplire alle mancanze e ai ritardi dello Stato. La sfida è riuscire a divenire partner attivo e co-progettuale rapportandosi alle Pubbliche amministrazioni e andare oltre alla funzione di semplice erogazione di servizi.
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