Aree interne

Friuli, Ovaro è il borgo che scommette su storia e materia

In Carnia sta nascendo un nuovo ecomuseo. Ovaro, grazie al bando borghi del Pnrr, lavora alla rigenerazione culturale della comunità. Storia e materia sono gli ingredienti del progetto: tegole, ceramica, sentieri, memorie formano un mosaico in costruzione. «Siamo partiti da ciò che era già vivo nel tessuto sociale e culturale, senza voler creare qualcosa di nuovo, calato dall'alto», dice l'assessora Agata Gridel. La presenza di un istituto comprensivo fa la differenza

di Elisa Cozzarini

Si passa per Ovaro, per andare al monte Zoncolan, famosa salita dei ciclisti e regno degli sciatori, o per raggiungere le pendici del Coglians, la cima più alta del Friuli, nelle Alpi Carniche. Ma non ci si ferma in paese, di solito. Si va oltre le sue tredici frazioni, con la Casa dalle cento finestre di Mione dal tetto verde brillante, il museo dell’ex miniera di carbone di Cludinico, la mostra permanente di ceramiche di Cella, o quella sui ricordi di guerra di Clavais, il bar – centro di aggregazione gestito dalle Acli, e molto altro. Il Comune di Ovaro, 1.700 abitanti, sta realizzando il progetto “Sulle tracce di storia e materia: borghi e musei per la rigenerazione culturale della montagna“, grazie ai fondi Pnrr sull’attrattività dei borghi storici, in collaborazione tra l’altro con l’Università di Udine.

Il paesaggio da Mione, frazione di Ovaro

Una comunità viva

«Il nostro intervento è poco vistoso, perché non prevede la creazione di qualcosa di nuovo», spiega l’assessora Agata Gridel. «L’idea è potenziare le tante iniziative già presenti nel tessuto sociale, partendo dai luoghi del patrimonio, con la cultura come collante. Pensiamo che, in prospettiva, questa impostazione sia più efficace». Il progetto è pensato per la rigenerazione della comunità, per valorizzarne i saperi, il paesaggio, la storia, la memoria, per il benessere dei residenti. «Viviamo anche noi il problema dello spopolamento, che interessa Alpi e Appennini», aggiunge Gridel. «Ma siamo orgogliosi di avere un istituto comprensivo che resta aperto non grazie a una deroga, ma perché ha un sufficiente numero di alunni. Inoltre, da quest’anno, è arrivato un dirigente che ha deciso di stabilirsi qui con la sua famiglia. Fa la differenza, anche per le collaborazioni che si possono portare avanti tra scuola e amministrazione». Sembra la storia narrata nel film con Antonio Albanese Un mondo a parte, ambientato in Abruzzo.

La frazione di Mione, con la Casa delle cento finestre sulla destra

Verso l’ecomuseo

“Sulle tracce di storia e materia” supera i confini comunali di Ovaro. Il lavoro sul patrimonio materiale e immateriale, infatti, si allarga ai vicini paesi di Prato Carnico, Comeglians, Ravascletto, Rigolato e Forni Avoltri, in un percorso mirato a creare un ecomuseo delle valli Degano, Pesarina e Valcalda. Marta Tasso, curatrice del progetto per l’associazione Isoipse, dice: «Un ecomuseo offre la straordinaria opportunità di connettere la comunità con il territorio e il suo patrimonio. Questo può avvenire solo coinvolgendo gli attori locali con una narrazione dei luoghi condivisa. La volontà è di favorire un processo di creazione dal basso, raccogliendo idee e suggestioni». Il percorso non è pensato per i turisti, ma il tema dell’attrattività si pone inevitabilmente. E nelle discussioni emerge che, chi viene da fuori, spesso dimostra di avere una visione stereotipata del paese di montagna: luoghi di silenzio, posti dove ci si stupisce che qualcuno possa vivere.

Beni collettivi

Lo stupore è invece nella miriade di storie da scoprire, come quella di Clavais, che è davvero un mondo a parte. Lassù, da tempo immemorabile, molti terreni sono beni collettivi, proprietà gestite direttamente dalla comunità fino al 1927, quando una legge ha accentrato invece le funzioni di gestione dei terreni. Nel 2020, dopo la tempesta Vaia, che ha devastato ettari di boschi del Nordest, un gruppo di volontari del luogo ha costituito un Dominio collettivo, ripristinando venti chilometri di sentieri del versante sudovest del monte Zoncolan. Gli abitanti si sono, così, riappropriati di un proprio bene e lo hanno reso fruibile da parte di tutti. L’iniziativa è stata premiata quest’anno con la bandiera verde di Legambiente, il vessillo che premia le buone pratiche sulle Alpi.

Davanti alla mostra permanente “Ricordi di guerra” a Clavais. L’assessora Agata Gridel è la terza da destra. Mattia Primus dell’associazione Clavajas il terzo da sinistra

Tra queste montagne, nel 2015, i volontari dell’associazione Clavajas (con trenta soci) hanno inaugurato un cippo commemorativo, nel luogo in cui il 4 aprile del 1945 si schiantò il bombardiere B-25 Pretzel statunitense. È una storia di cui si erano perse le tracce, riscoperte grazie alle ricerche di alcuni abitanti, anche negli archivi militari americani. Nel 2022 ha aperto la mostra permanente “Ricordi di guerra”, una stanza in cui sono esposti molti cimeli raccolti dalla gente del posto. Piastrine di corazzatura di giubbotti antischeggia, una sciarpa realizzata con il telo del paracadute da una donna del luogo, maschere antigas, pale e piccozze… oggetti che raccontano i due volti della quotidianità bellica: dei soldati da un lato, dei civili dall’altro.

Emilio Tronchin, dell’associazione “Planelas e scugjelas

Anche la mostra permanente “Planelas e scugjelas“, nella frazione di Cella, nasce grazie ai materiali raccolti dagli abitanti e messi a disposizione. Le tegole piane in cotto, planelas, prodotte con l’argilla nelle fornaci, si sono diffuse nell’alta Carnia a partire dal Settecento, sostituendo i tetti in paglia. Il verde brillante della Casa delle cento finestre è ancora quello delle antiche planelas. L’esposizione ne mostra l’evoluzione, fino alla chiusura dell’ultima fornace nel 1953, con l’arrivo della plastica. Molte anche le ceramiche esposte: le scugjelas. A raccontare queste e altre storie sono volontari del luogo come Emilio Tronchin, che conosce ogni particolare e, soprattutto, desidera tenere viva la memoria del suo paese. Sono queste le tracce di storia e materia che compongono il progetto di rigenerazione culturale a Ovaro.

In apertura, uno degli incontri del percorso per l’ecomuseo. Foto di Elisa Cozzarini

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