Non autosufficienza
Il futuro delle cure? A casa. A patto che…
Nella sola Lombardia nel 2025, gli over 65 assistiti a domicilio saliranno dai 92mila del 2019 a 226mila (+140%), il 10% delle persone in quella fascia di età. «La domiciliarità delle cure», sostiene Pietro Segata, presidente della cooperativa sociale Società Dolce, «è possibile se il paziente ha una buona autonomia, o può contare su un caregiver. Ma chi si prende cura di chi cura? Secondo Eurispes, il 75% di chi assiste non riceve alcun supporto formale»

Il futuro delle cure? È a casa. Se n’è parlato in un convegno all’università di Brescia, organizzato dalla cooperativa sociale Società Dolce, che in Lombardia gestisce cure domiciliari e cure palliative domiciliari. Una strada per la medicina, che nulla toglie per appropriatezza e risultato, ma aggiunge un valore: l’umanizzazione delle cure in un contesto familiare.
Il ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, il rettore dell’università di Brescia, Francesco Castelli, l’assessore regionale all’Università e Ricerca, Alessandro Fermi, l’assessore comunale alle Politiche sociali, Marco Fenaroli, il direttore generale di Ats Brescia, Claudio Vito Sileo, hanno aperto i lavori con Pietro Segata, presidente di Società Dolce e di AssistiamoCasa, lo spin off sanitario della cooperativa: «Prossimità – ha detto – è la parola chiave. Teleconsulto, telemonitoraggio, teleassistenza, teleriabilitazione, ma anche farmacie, e Rsa aperte».

Domiciliarità è la risposta per i pazienti non autosufficienti e per chi ha una malattia cronica o degenerativa, ma in certi casi anche per l’osservazione e la diagnosi, come raccontano i casi portati da Massimo Molteni, neuropsichiatra con un’esperienza in remoto su bambini con sospetto spettro autistico, Roberto Piperno, fisiatra e neurologo con pratiche di teleriabilitazione nelle cronicità e Sergio Criseo, fisioterapista e osteopata, con uno studio pilota su pazienti con Parkinson.
Nel 2025, gli over 65 lombardi assistiti a domicilio saliranno dai 92mila del 2019 a 226mila (+140%), il 10% delle persone in quella fascia di età, in linea con la media europea. La Regione mette in campo oltre 264 milioni di euro in 3 anni, di cui quasi 200 dal Pnrr. Nell’ambito delle risorse europee, 65 milioni saranno destinati dalle Ats agli enti accreditati, inclusi 8 milioni per le cosiddette Rsa aperte tramite contratti di scopo. Tutto rose e fiori? Non proprio: occorre risolvere la cronica carenza di personale sanitario qualificato e creare un coordinamento tra ospedali, distretti, medici di base e servizi sociali, con cartella sanitaria e sistemi informativi condivisi. E resta un aspetto fondamentale: «La domiciliarità delle cure – ha concluso Segata – è possibile se il paziente ha una buona autonomia, o può contare su un caregiver. Ma chi si prende cura di chi cura? Secondo Eurispes, il 75% di chi assiste non riceve alcun supporto formale, l’85% pensa che i propri bisogni non siano riconosciuti e solo il 12% ha accesso a servizi di supporto adeguati. Su questo occorre lavorare, affinché il sistema funzioni».
Nella foto, da sinistra, Alessandro Fermi, Francesco Castelli, Pietro Segata e Massimo Molteni
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