Scuola
Maturità, parla Salvatore Borsellino: «Mio fratello riponeva la sua fiducia nei giovani»
Una traccia ha posto i maturandi di quest'anno davanti a una sfida con la memoria di Paolo Borsellino, a meno di un mese dal 33° anniversario della strage in cui venne ucciso da Cosa nostra. Per il fratello Salvatore, «i più giovani devono riappropriarsi della storia, per sapere quale futuro costruire»

Sarà che ci si avvicina a grandi passi al 19 luglio, una data che lacera il cuore e l’anima non solo dei siciliani, sarà che ci si rende sempre più conto dell’importanza di passare un’importante eredità di memoria ai più giovani, comunque fa piacere scoprire che tra le sette tracce della prima prova scritta di italiano della maturità 2025 è stata inserito il messaggio del giudice Paolo Borsellino, intitolato I giovani, la mia speranza, pubblicato dal settimanale Epoca il 14 ottobre 1992, tre mesi dopo la sua morte nella strage di via d’Amelio, in cui perse la vita insieme a Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina, i suoi cinque angeli custodi.
Nel messaggio di Paolo c’è tutto l’ottimismo che lo contraddistingueva quando credeva che i giovani hanno il potere di scardinare l’idea del consenso radicata nella cultura mafiosa
Salvatore Borsellino
«I ragazzi di oggi», recita un passo del messaggio di Paolo Borsellino, «sono perfettamente coscienti del gravissimo problema col quale noi conviviamo. E questa è la ragione per la quale, allorché mi si domanda qual è il mio atteggiamento, se cioè ci sono motivi di speranza nei confronti del futuro, io mi dichiaro sempre ottimista. E mi dichiaro ottimista nonostante gli esiti giudiziari tutto sommato non soddisfacenti del grosso lavoro che si è fatto. E mi dichiaro ottimista anche se so che oggi la mafia è estremamente potente, perché sono convinto che uno dei maggiori punti di forza dell’organizzazione mafiosa è il consenso. È il consenso che circonda queste organizzazioni che le contraddistingue da qualsiasi altra organizzazione criminale. Se i giovani oggi cominciano a crescere e a diventare adulti, non trovando naturale dare alla mafia questo consenso e ritenere che con essa si possa vivere, certo non vinceremo tra due-tre anni. Ma credo che, se questo atteggiamento dei giovani viene alimentato e incoraggiato, non sarà possibile per le organizzazioni mafiose, quando saranno questi giovani a regolare la società, trovare quel consenso che purtroppo la mia generazione diede e dà in misura notevolissima. E questo mi fa essere ottimista».

Giovani ai quali affidare con fiducia il futuro di un Paese che chiede ancora verità e giustizia su tanti omicidi, stragi, innumerevoli insabbiamenti, sui quali ancora non si riesce a eliminare, men che meno sollevare, quel velo di silenzio, omertà e indifferenza che impedisce di recuperare la memoria e farla divenbtare attiva.
Ai giovani guarda con fiducia anche Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, salutando piacevolmente la traccia dedicata al giudice ucciso dalla mafia 33 anni fa a Palermo.
Però chiedendo anche di fermarci tutti a riflettere… Perché?
Quello che mi chiedo è se i ragazzi abbiano gli strumenti per rispondere a una traccia del genere, visto che purtroppo a scuola certi argomenti non si affrontano, se non per iniziativa di alcuni professori. Io giro molti istituti scolatici e vedo che, quando i ragazzi sono preparati su questi argomenti, è soltanto perché i docenti ne parlano di loro iniziativa. Diversamente, ci si attiene ai programmi che si fermano alla fine della seconda guerra mondiale, mentre delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese, a partire dal 1946 in poi, non se ne fa cenno, non comprendendo che potrebbero dare ai ragazzi gli strumenti per conoscere il nostro presente. Presente che non potranno certo capire attraverso le fiction e le trasmissioni televisive spesso un po’ troppo distorsive.
La fiducia che Paolo Borsellino riponeva nei giovani, non era tale nei confronti di chi?
Io credo che la fiducia di Paolo nei giovani sia ben riposta, ma non sia altrettanto ben riposta quella nei confronti dello Stato che, a 33 anni di distanza, non è ancora riuscito a fornirci la completa verità su quella strage. Anzi, continuano i depistaggi che hanno allontanato il corso della giustizia: depistaggi istituzionali. Possibile che a distanza di 33 anni ancora non c’è stato un processo sulla sparizione di quell’agenda rossa che di quella strage è la scatola nera?
Quando lei va nelle scuole e parla ai giovani, qual è la consapevolezza dei ragazzi rispetto a quanto avvenuto nel nostro Paese in questi anni?
Io purtroppo, soprattutto per le mie condizioni di salute attuali, faccio incontri più al Nord che al Sud, ma ritengo che al Sud, a Palermo in particolare, ci siano dei giovani che ben conoscono quello che è successo e che sono molto attivi da questo punto di vista.
Giovani impegnati che, però, lo scorso 23 maggio scorso, in occasione della commemorazione della strage di Capaci, non hanno potuto raccogliersi nel minuto di silenzio delle 17.58, davanti all’albero Falcone, perché anticipato di qualche minuto rispetto a quando esplose il tritolo di Capaci. «Quanto è successo è stato vergognoso», aggiunge Salvatore Borsellino, «non soltanto inaudito. Io quest’anno, il 19 luglio, darò spazio proprio a chi ha vissuto per la prima volta nella storia una tale offesa. Dalle 20 in poi il palco sarà tutto loro, sarà della città bassamente ingannata attraverso l’anticipo del silenzio per impedire di arrivare al palco e quindi, forse, di contestare quei personaggi dubbi che su quel palco avevano avuto posto».
Ci aspetta, quindi, un 19 luglio altrettanto rovente?
Mi auguro di no. Posso solo dire che in via D’Amelio sarà allestito un percorso visivo attraverso i quadri di un pittore antimafia come Gaetano Porcasi, i cui quadri racconteranno le stragi dal 1947 a oggi, a partire dalla quella di Portella della Ginestra. Mi auguro che i ragazzi che avranno conseguito la maturità decideranno di partecipare: quelli che avranno scelto la traccia su Paolo, ma anche gli altri, per capire un po’ di più della nostra storia e di tutto coloro i quali l’hanno attraversata, spesso sacrificando la loro vita per renderci più consapevoli e liberi.
Foto di Fabio Cimaglia/Sintesi
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