Welfare aziendale

Più benefit per chi lavora e cura un familiare

In Italia ci sono 4,5 milioni di caregiver-lavoratori. Se il 30% di loro fosse messo in condizione di investire i 1.000 euro previsti dal tetto massimo dei "fringe benefit" in servizi assistenziali, si curerebbero meglio milioni di anziani. Con un risparmio di 1,5 miliardi sulla spesa pubblica. La sfida culturale, politica e operativa è rilanciata da una proposta di Carer, Anziani e non solo e Jointly

di Nicola Varcasia

Perché non concentrare le risorse del welfare aziendale a disposizione di un dipendente per un singolo bisogno. Ad esempio, un aiuto di 1.000 euro – o più – per l’assistenza ai propri familiari? Più che un esempio, in effetti, per molti questa è una necessità. Su sette milioni di caregiver italiani, si stimano in 4,5 milioni coloro che devono conciliare gli impegni di cura con il lavoro e la vita personale. Tuttavia, solo uno su quattro ricorre all’assistenza pubblica, mentre il livello di costi di strutture e servizi privati li rende inaccessibili a sei su dieci, con un 17% di caregiver che dichiara di spendere per la cura oltre 10mila euro all’anno.

Vantaggi flessibili

Questi dati sono offerti a supporto di una proposta che mira a migliorare, sia in quantità che in qualità, gli aiuti ai caregiver offerti dai sistemi di welfare aziendale. La proposta è portata avanti dalle associazioni Carer, dall’impresa sociale Anziani e non solo e dall’azienda Jointly, attiva nel settore del welfare e benessere aziendale. I tre soggetti che hanno lanciato un manifesto per sollecitare tutti gli attori di questo mondo a concentrare l’utilizzo dei cosiddetti fringe benefit proprio a favore dei caregiver lavoratori. Ossia coloro che devono occuparsi dell’assistenza dei loro famigliari anche quando lavorano. I fringe benefit (ad esempio l’auto aziendale) sono quei servizi e beni esentasse, dalla finalità personale e sociale, messi a disposizione dalle aziende per i dipendenti, entro una soglia che varia di anno in anno a seconda delle leggi in vigore.

Il lavoro che cambia

È chiaro che, come è stato osservato nel magazine di aprile – dedicato alla solitudine dei caregiver – la questione si gioca anche in termini di organizzazione complessiva del lavoro e non solo di servizi per certi gruppi di dipendenti. Ma l’impellenza di questo bisogno è tale da rendere necessario muoversi in tutte le direzioni.

E per passare dalla teoria alla pratica occorre fare sistema. I servizi devono essere realmente disponibili, altrimenti il progetto rimane una buona intenzione.

Mille euro per cominciare

Per questo, i promotori dell’iniziativa chiedono una collaborazione più stretta tra welfare aziendale e welfare pubblico territoriale a supporto dei lavoratori caregiver. Sempre per stare sui numeri, se solo il 30% di caregiver lavoratori (stimati in 1,5 milioni di persone) potesse investire le risorse previste dal tetto massimo sui fringe benefit (ovvero 1.000 euro) in servizi assistenziali di qualità si potrebbe ottenere un risparmio di 1,5 miliardi sulla spesa assistenziale a domicilio che oggi sostiene il sistema pubblico e che nel 2023 ha raggiunto i 3,313 miliardi di euro, secondo il rapporto della Ragioneria dello stato. Da notare anche che la ricerca – a cura di Bcg, basata su un campione di 12mila dipendenti di aziende di diversi settori – fa emergere come la maggior parte dei caregiver si occupi di genitori o parenti anziani e in un caso su tre (31%) lo fa per più di 14 ore settimanali

Aiutare stanca

L’impegno prevalente profuso da eusti lavoratori caregiver non è di tipo socio-sanitario ma, soprattutto, di compagnia e supporto nella gestione domestica, negli spostamenti, nelle attività. Una situazione destinata a peggiorare nella percezione di otto intervistati su dieci. Un carico di cura che risulta di media particolarmente gravoso non solo dal punto di vista del tempo dedicato, ma anche delle risorse economiche necessarie, considerato che il 17% dei caregiver dichiara di spendere per la cura oltre 10mila euro all’anno, costi sostenuti personalmente in un caso su due.

Dalla teoria alla pratica

Fare sistema dunque. Ma come? Le direttrici di questo impegno partono dal livello legislativo. Secondo il manifesto, occorre che la legge indichi una priorità per servizi di “welfare aziendale” – fiscalmente e contributivamente agevolati – mirati alla qualità sociale, in ottica di complementarietà e sussidiarietà con servizi di welfare pubblico rispondenti a bisogni di cura. Ma occorre anche che il sistema dei servizi sociali e sanitari pubblici (come previsto dalla Riforma della non autosufficienza e della disabilità) operi nel segno della personalizzazione, domiciliarità e attivazione del caregiver familiare come risorsa. Senza trascurare il lavoro di far maturare una maggior consapevolezza dei propri diritti e opzioni da parte dei lavoratori-caregiver per continuare a conciliare lavoro “ufficiale” e cura dei propri cari.

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Foto in apertura di Dulcey Lima da Unsplash

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