Cartoline da Venezia
Che fine ha fatto Jeff Bezos? Sulle orme del matrimonio dell’anno
Due giorni in laguna nel bel mezzo dell’evento mondano che ha catalizzato le attenzioni di tutto il globo. Proprio accanto alle contestazioni, ai party esclusivi e agli hotel di lusso, c’è un mondo fatto di volontariato e solidarietà, una comunità che si prende cura

Hai visto Bezos? Un giorno e una notte a Venezia e al risveglio tutti mi hanno fatto la stessa domanda. Ho risposto che no, non l’ho visto. Poi però ci ho ripensato. In effetti, l’ho visto e rivisto passeggiando lungo le calle in un pomeriggio rovente, il bagaglio leggero che comunque pesa e gli occhi sui muri che qui parlano sempre. Il proprietario di Amazon è sui manifesti che tappezzano il centro storico: lo mostrano sorridente sopra la scritta “Tax billionaires” oppure accanto a Trump con lo slogan “No Bezos no war”. E poi c’è la locandina del corteo del 28 giugno promosso dal comitato No space for Bezos, a cui chiunque è invitato con «gonfiabili, strumenti e cose per far rumore». Mi è venuta voglia di andarlo a cercare.

Un drappo elegante di fronte all’hotel
Prima tappa, Rialto. A qualche centinaio di metri di distanza, c’è l’Aman Venice, l’esclusivo hotel sul Canal Grande dove alloggiano gli sposi. C’è poco da vedere. Un elegante drappo copre la visuale e lo striscione srotolato dagli attivisti pochi giorni fa non c’è più. Quasi di fronte, c’è l’ufficio dell’assessore al Turismo e alla Coesione sociale Simone Venturini. Alla domanda se il Comune abbia autorizzato l’utilizzo di spazi pubblici, risponde che «Bezos ha affittato location che vengono normalmente affittate per eventi, una trattativa tra privati, noi ci occupiamo di ciò che è di nostra competenza per ciò che riguarda la sicurezza di concerto con Prefettura e Forze dell’Ordine». La donazione per la salvaguardia di Venezia? «Ha destinato tre milioni di euro divisi equamente tra tre istituzioni che operano sul territorio lagunare: il Corila (Consorzio per la ricerca lagunare), la Venice International University e l’Ufficio Unesco di Venezia», conferma.

L’emporio vicino al chiostro
Proseguo verso il sestiere di Cannareggio. Il primo ricevimento si è svolto qui, nel chiostro privato vicino alla chiesa della Madonna dell’Orto, uno degli esempi più preziosi del gotico veneziano. Impossibile entrarci, molto difficile raggiungere casa anche per i residenti a leggere i post sui Social («ordinanza di chiusura alle 18, ma i canali sono stati chiusi dalle 16»). Ma a cinquecento metri di distanza, c’è un altro spazio che in questi giorni è balzato agli onori delle cronache. È l’Emporio della solidarietà: i giornali locali ne scrivono perché ha subìto un furto di olio, era destinato alle famiglie in difficoltà che vivono nel centro storico e nelle isole (in questo momento sono 130) che qui possono trovare viveri, prodotti per l’igiene e materiale di cartoleria tramite una tessera che viene consegnata a seguito di un primo colloquio conoscitivo. «La scorsa notte c’è stato un secondo furto», racconta la presidente Anna Brondino, «se mi avesse telefonato ieri pomeriggio mi avrebbe trovata in lacrime. Due furti in una settimana per noi hanno un peso specifico».

Aperto dal 2019, questo spazio è nato su iniziativa dell’associazione Corte del Forner. «La corte è la corte veneziana con tutte le case intorno, il forner è il panettiere», mi spiega Brondino. «Ci chiamiamo così perché siamo una corte fatta di persone e crediamo che il pane lo debbano avere tutti. La Giornata nazionale della colletta alimentare non ci bastava, volevamo contribuire in modo continuativo ai bisogni della città. Il Comune ha concesso in comodato d’uso gli spazi dell’ex ospedale pediatrico Umberto I a Sant’Alvise e così è nato il nostro emporio. Offriamo un aiuto concreto per superare situazioni di crisi».

L’associazione è tenuta in piedi da 75 volontari, «siamo partiti da cinque famiglie, il picco massimo l’abbiamo raggiunto in pandemia, quando consegnavamo la spesa a 200 nuclei. Oggi accanto all’emporio sono attivi gli sportelli del lavoro, quello psicologico, quello digitale e per il microcredito, oltre all’ottico della solidarietà. Ci occupiamo di educazione alimentare con i corsi di cucina contro lo spreco e raggiungiamo le case di chi non può spostarsi grazie anche alla collaborazione di un gruppo di giovani Scout». Nonostante la vicinanza, dicono che no, «non hanno pensato a Bezos in questi giorni. Il nostro compito è ridare dignità alle persone e sostenerle nel percorso di riacquisizione dell’autonomia».
Estate a palazzo
Sulle tracce di Bezos, non posso non raggiungere piazza San Marco. Qui si sono concentrate diverse contestazioni, da Greenpeace (uno striscione di 400 metri quadrati con la scritta “If you can rent Venice for your wedding, you can pay more tax”) alla protesta di Extinction Rebellion, fino agli attivisti che hanno illuminato il campanile con la scritta No space for bezos no space for war. Io ho trovato turisti e selfie. Poi però sono salita al Museo Correr e mi sono seduta accanto a una decina di signore anziane, tutte over75, nell’ala napoleonica. In una sala magnifica che risale al 1805, con una vista incredibile sulla piazza, una psicologa e una storica dell’arte raccontano la storia del palazzo e del museo. Un’immersione nell’arte e nella bellezza, uno spazio vivo di incontro che si rinnova da dieci anni grazie all’associazione Red carpet for all. Si chiama “Estate a palazzo” e si propone di offrire «comode conversazioni sull’arte alle anziane e agli anziani residenti a Venezia», raccontano Valentina e Roberta Paulon.

Ieri il gruppo ha partecipato a un laboratorio di danza a Mestre, al Museo M9, dove è allestita la mostra Arte salvata – Capolavori oltre la guerra dal MuMa di Le Havre. Una delle partecipanti dice che faceva molto caldo, ma oggi ha deciso di partecipare lo stesso. La signora che mi siede accanto ha un abito rosso che le illumina il viso, mi racconta che vive in terraferma ma ama passeggiare in centro storico ed entrare nei musei. «Merita vedere quello che c’è dentro, sa?».

«Il numero degli anziani in quarta età nel centro storico è davvero rilevante», si legge sul sito dell’associazione. «Dei 12.982 anziani superiori ai 75 anni del centro storico e isole, 5838 vivono da soli. La possibilità di mantenersi impegnati, di ricostruire rete sociale (scientificamente correlata al benessere individuale e alla sensazione di sicurezza) a fronte degli inevitabili lutti, di mantenere una buona autostima pur nelle perdite funzionali che si affrontano via via, è frutto di forza d’animo e iniziative personali. L’esperienza di “Estate a palazzo” ci ha insegnato molto e confermato quanto l’accoglienza informale, affettuosa, personalizzata crei quella fidelizzazione che di per sé rappresenta un grande risultato: queste persone hanno vinto fatica, ostacoli e inattività, spesso problemi di salute per raggiungerci e questo ci fa sentire onorate».
Ho imparato parole nuove
Alla fine non ho visto Mr. e Mrs. Bezos. E dire che, su consiglio di un’amica, per l’occasione avevo indossato «un fresco abito con fantasia floreale». Ho camminato a Venezia, ho intercettato la vita, ho imparato parole nuove. La mia preferita è stravedamento. È un fenomeno atmosferico di straordinaria limpidezza, che permette in pochi istanti di estendere la visibilità sul panorama fino a cogliere le montagne che si specchiano nell’acqua come in un lago. Ci vuole uno stravedamento interiore per cogliere davvero la complessità di questa città.
Jeff Bezos lascia l’hotel a Venezia, venerdì 27 giugno, prima delle celebrazioni del matrimonio con Lauren Sanchez (AP Photo/Luca Bruno Lapresse)
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