Scuola
Maturità, perché le proteste dei ragazzi vanno ascoltate
Alcuni candidati quest'anno si sono rifiutati di sostenere il “colloquio” orale dell'esame di maturità. Il ministro Valditara ha già detto che dall'anno prossimo, per loro, ci sarà la bocciatura. Ma cosa dicono i ragazzi con la loro protesta?

Quest’anno, per la prima volta da quando insegno nelle scuole superiori, non ho fatto parte di una commissione per gli esami di Stato. Forse anche per questo ho potuto osservare, ascoltare, valutare meglio. Ecco perché la discussione provocata dagli atti di protesta di alcuni candidati che si sono rifiutati di sostenere il “colloquio” orale mi colpisce molto e mi sembra un’occasione utile e necessaria per tentare un ripensamento complessivo di questo esame.
Tante volte la forma e le modalità dell’esame di maturità sono cambiate, anche radicalmente, negli ultimi anni. Si è passati dalla “tesina” e dal “quizzone” al sistema rigido dei crediti e al colloquio a partire da buste sorteggiate, spunti selezionati e personalizzati, in una modalità che rimane comunque discrezionale. L’ordinanza raccomanda la scelta e la personalizzazione, chiede di tener conto del “curriculum dello studente”, del suo percorso, delle sue attitudini. Ma raramente da quanto apprendo, ascolto, osservo, è così.
Ancora, la difficoltà principale è proprio nella concezione del “colloquio”, forma estranea all’habitus mentale della maggior parte di noi docenti; quanto la “valutazione” è lontana dal “voto” rigorosamente numerico e classificatorio; quanto le “indicazioni” e i contenuti da elaborare e sviluppare in maniera dialogica e contestualizzata son ancora assai lontani dallo spettro inossidabile dei “programmi”.
Proteste credibili ed efficaci
Le proteste dei ragazzi risultano perciò a mio modo di vedere assai efficaci e credibili, nonostante lo “scandalo” di molti. Anzi, è proprio questo scandalo a dimostrarne l’efficacia. Così come la prima reazione del ministero che minaccia “bocciature”!
È così che accogliamo i segni di disagio in vari modi espressi dai ragazzi? Credo che sarebbe piuttosto il caso di ascoltare e valutare con attenzione. Valutare appunto. I ragazzi che protestano non chiedono di non sostenere l’esame, di eliminarlo; come fanno invece da tempo tanti prof ed esperti vari. Forse, anzi, insieme ad Antonello Venditti, come simpaticamente mi faceva notare un collega, a credere ancora a questo esame sono rimasti soltanto loro. Ce lo dimostrano nella partecipazione emotiva alle sue varie fasi, se abbiamo la delicatezza e le competenze necessarie per accorgercene…
I ragazzi che protestano non chiedono di non sostenere l’esame, di eliminarlo, come fanno invece da tempo tanti prof ed esperti vari. Forse, anzi, insieme ad Antonello Venditti a credere ancora a questo esame sono rimasti soltanto loro
Ecco cosa chiedono i ragazzi: semplicemente attenzione e ascolto. Chiedono di essere valutati e non giudicati, di poter sostenere un “colloquio” appunto, che parta dal pieno rispetto di ciò che sono, delle loro fragilità e della loro bellezza. Chiedono di poter incontrare volti sorridenti, accoglienti, non posture inquisitorie da tribunale, non performance discutibili e imbarazzanti di chi pare aspettare questo momento per rispolverare antiche frustrazioni mai superate.
Quella falla nel sistema dei crediti
Ci mostrano, innanzitutto, una falla clamorosa nel rigido sistema dei crediti che imbriglia l’esame in maniera spesso paradossale, inchiodando ad esempio studenti eccellenti a punti di credito persi tre anni fa, o “costringendo” ad attribuire lodi ai soli candidati che abbiano potuto accumulare il massimo dei crediti, anche quando le prove d’esame non sono brillanti come la lode richiederebbe.
Ma torniamo al colloquio. «La commissione/classe cura l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio e il coinvolgimento delle diverse discipline valorizzandone soprattutto i nuclei tematici fondamentali, evitando una rigida distinzione tra le stesse e sottolineando in particolare la dimensione del dialogo pluri e interdisciplinare».
La commissione non deve “interrogare”, cercando nei contenuti svolti (ma anche spesso non esplicitamente svolti) il punto di caduta. Ma quanti di noi docenti sono effettivamente capaci di “curare” lo svolgimento di un “colloquio” in cui protagonista sia lo studente, i suoi interessi, i suoi percorsi e la sua capacità di dialogare ed argomentare in maniera “matura”?
Colloquio, non interrogazione
Mi sembrerebbe abbastanza chiaro, da questo e da altri punti, che la commissione non deve “interrogare”, cercando nei contenuti svolti (ma anche spesso non esplicitamente svolti) il punto di caduta, il “merito” perduto. E magari cogliendo occasione per giudicare e condannare, insieme agli studenti, anche i loro docenti, sempre naturalmente meno bravi di me! In una sorta di delirio autoassolutorio che è il segno piu preoccupante di una scarsa capacità di mettersi in discussione, di autovalutarsi, di imparare a migliorare. Provare per credere: quanti di noi docenti sono effettivamente capaci di “curare” lo svolgimento di un “colloquio” in cui protagonista sia lo studente, i suoi interessi, i suoi percorsi e la sua capacità di dialogare ed argomentare in maniera “matura”? Quanti sono capaci di preparare gli alunni ad un tal genere di colloquio, considerando del tutto già “valutato” tutto ciò che riguarda i contenuti disciplinari?
Ecco, forse una reazione più moderata e consapevole sarebbe in grado di dare ragione a tutto ciò, piuttosto che minacciare condannare e respingere, come al solito.
Massimo Iiritano è docente di filosofia e storia presso i licei, docente di Filosofia dell’educazione presso l’Istituto Universitario Pratesi e presidente di Amica Sofia. Foto di RDNE Stock Project su Pexels.com
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