Malattie da prioni
Mariuzzo, la famiglia con la malattia che non fa dormire: «La nostra battaglia per la ricerca di una cura»
L'insonnia familiare fatale è dovuta a un'alterazione genetica a trasmissione autosomica dominante. I portatori di questa mutazione hanno il 90% di probabilità che la malattia letale si manifesti in età adulta. Non esiste una cura, ma la famiglia Mariuzzo e l'associazione Afiff collaborano attivamente con gli specialisti alla ricerca di una soluzione

La descrivono come una bomba a orologeria nel cervello. È una mutazione genica all’origine di una malattia rarissima, l’insonnia familiare fatale, che conduce alla morte in pochi mesi dalla comparsa dei sintomi, i quali si manifestano intorno ai cinquant’anni nel 90% delle persone con la mutazione.
La malattia si manifesta con alcuni sintomi tipici, legati all’assenza di sonno, come disturbi cognitivi, stati di apparente sonnolenza e allucinatori in cui le persone interpretano il contenuto di un sogno. Questa malattia, di recente descrizione, rientra tra le encefalopatie spongiformi, malattie da prioni ancora senza una cura.
Sapere di avere la mutazione apre un abisso. «È sicuramente emotivamente molto problematico fare il test genetico. In assenza di un trattamento, scoprire di avere l’alterazione genica significa vivere con la consapevolezza di avere il 90% di probabilità che la malattia si manifesti ad un certo punto della vita. Per questo non è automatico decidere di farlo. Dopotutto, questo è stato anche il senso della nascita dell’associazione, proprio dare un supporto a chi ottiene la diagnosi», racconta Giovanni Mariuzzo, presidente dell’Associazione Familiari Insonnia Familiare Fatale Afiff.
L’associazione raggruppa familiari e amici ed è nata intorno proprio alla famiglia Mariuzzo e ad altre ad essa collegate, nella zona di Treviso e Venezia. Mariuzzo puntualizza: «Ognuno ha la propria percezione e tutti vanno rispettati. Noi teniamo verso tutti non una porta aperta, ma un portone aperto. Comprendiamo chi vuole vivere come se non fosse un problema suo e comprendiamo chi poi sente nascere un dubbio dentro di sé, cambia idea e ci contatta. Le dinamiche sono molto diverse nei diversi ambiti familiari e noi siamo rispettosi delle scelte di tutti. Spieghiamo la possibilità di un supporto psicologico e di un confronto con tutti gli altri che stanno vivendo la stessa situazione e, per garantire la privacy, forniamo i contatti degli specialisti».
La malattia
Il gene interessato dalla mutazione incriminata è PRNP, quello che codifica per la proteina prionica, la cui forma alterata si accumula in modo rapidissimo in una zona del cervello chiamata talamo che presiede, tra le altre cose, al ciclo sonno-veglia. La neurodegenerazione in quelle aree scatena una profonda alterazione del sonno, che nella fase iniziale si manifesta con l’incapacità di addormentarsi e di continuare a dormire. La modalità di trasmissione è autosomica dominante, quindi ogni portatore ha il 50% di probabilità di trasmetterla alla prole. La descrizione di questa malattia, e la sua caratterizzazione come malattia genetica, è piuttosto recente: lo studio tutto italiano apparso sul New England Journal of Medicine è del 1986. Una scoperta che si basa su approfonditi studi neuropatologici e dei tessuti cerebrali dei malati e sull’intuizione di un medico della Ulss di Treviso convinto che quella della famiglia Mariuzzo non potesse essere una malattia psichiatrica o dovuta a fattori ambientali.
La storia (e l’impegno) di una famiglia
«È stato il medico Ignazio Roiter ad aver per primo sospettato che la mancanza di sonno che aveva portato a morte due fratelli di mio padre e poi mio papà Carlo fosse dovuta a un’alterazione genetica» ci racconta Giovanni Mariuzzo. Il puzzle si ricompone però quando, a distanza di anni, si ammala anche Teresa, la figlia di uno zio di Giovanni. È il 1987. A poco a poco, iniziano gli studi e si ricostruiscono le vicende di sei generazioni.
Oggi nel mondo a soffrire di insonnia familiare fatale sono circa 100 famiglie, due documentate in Italia e le altre sparse tra Austria, Germania, Francia, Cina, Giappone e Stati Uniti. L’essere una malattia rara non la rende economicamente interessante per l’industria farmaceutica. Inoltre, come per ogni malattia rara, riuscire a raggiungere una massa critica di soggetti è molto difficile ma cruciale. In questo, Afiff è sempre a disposizione e si mobilita rapidamente.
Lo stesso Mariuzzo vive con la minaccia incombente di una malattia fatale: «Oggi ho la stessa età che aveva mio padre quando comparvero i primi sintomi che in pochi mesi lo portarono in stato vegetativo» racconta, ma la spinta all’azione non viene mai meno. «La speranza per una malattia come questa è che si arrivi a una cura definitiva e noi di Afiff non restiamo in attesa, ma ci siamo».

La ricerca di Fondazione Telethon
Si è appena concluso uno studio decennale finanziato da Fondazione Telethon sull’efficacia dell’antibiotico doxiciclina nel prevenire l’insorgenza della malattia o nel ritardare la comparsa dei sintomi. Ancora una volta, l’associazione Afiff è stata decisiva: «Siamo stati coinvolti tutti in prima persona. Ora, sancita la chiusura definitiva dello studio e terminato quell’impegno, abbiamo già rinnovato la richiesta di partecipazione allargata ai familiari, quelli con e senza alterazione, questi ultimi essendo un valore aggiunto per la ricerca, per altri progetti in partenza. Siamo già arrivati a una cinquantina di persone disponibili a continuare a impegnarsi e fornire il proprio materiale biologico a tutti gli specialisti dell’università di Verona, del Mario Negri e dell’università di Trento con cui collaboriamo».

La complessità dei prioni
Gli studi sui prioni sono molto complessi, le malattie da prioni devastanti perché si propagano rapidamente e inesorabilmente. Il prione – variante alterata di una proteina naturalmente presente nell’organismo, la proteina prionica – ha la caratteristica di trasformare tutte le proteine prioniche con cui entra in contatto in altri prioni, come un agente infettivo e con un devastante effetto a catena. Una volta innescato, il meccanismo di propagazione è rapidissimo. Per questo, molti sono i bersagli terapeutici su cui si cerca di agire, finora con scarsi risultati. C’è la degradazione della proteina per limitare i danni neurali e la riduzione della sua formazione con oligonucleotidi antisenso o piccole molecole con cui si cerca anche di mettere fuori uso la sua forma fisiologica per evitarne l’alterazione; si cerca anche di correggere la mutazione silenziando il gene con l’editing epigenetico. Tentativi più e meno lontani dall’applicazione clinica.
Afiff: dal supporto alla ricerca
In ogni caso, Afiff gioca un ruolo fondamentale, proprio per la decisione dei suoi membri, discussa insieme e ragionata, di essere sempre a disposizione. «Essere coinvolti negli studi per noi non solo è un dovere ma è anche un piacere poter dare il nostro contributo, vogliamo dare il massimo» spiega Mariuzzo. «Con il dottor Roiter, inoltre, abbiamo anche cercato di trovare una risposta alla domanda se esista un fenomeno esterno che possa aiutare l’innesco della malattia. Dall’analisi delle vicende biografiche dei pazienti è emerso che spesso c’è un fenomeno tragico nella vita della persona, motivo di grande stress, prima dell’esordio dei sintomi».
Solo poche richieste
Tutto il supporto che l’associazione fornisce, come quello psicologico, è gratuito. Quello che chiede è il rimborso della doxiciclina: «Il farmaco attualmente lo paghiamo di tasca nostra. È l’unica soluzione terapeutica che abbiamo, non risolutiva ma che sembra ritardare la comparsa della malattia. Inserirla nei Lea sarebbe anche una dimostrazione di attenzione verso chi si sta molto adoperando per l’avanzamento della conoscenza e il supporto ai cittadini coinvolti». Ciò vale anche per la diagnosi preimpianto e la fecondazione medicalmente assistita in quanto ora risultano mutuabili in caso di infertilità ma non in caso di malattie a trasmissione genetica, quantomeno non a livello nazionale.
Infatti, per le future generazioni c’è la possibilità di interrompere la catena della trasmissione, grazie alla diagnosi preimpianto e alla selezione degli embrioni privi della mutazione fatale. «La possibilità di una diagnosi preimpianto data dalla procreazione medicalmente assistita» conferma Giovanni «è stata per noi una grandissima notizia, una vera boccata d’ossigeno perché ha dato la possibilità di avere un figlio libero da questa minaccia». Infine, «sarebbe importante la formazione degli specialisti e dei medici di famiglia che spesso sono impreparati e non conoscono la malattia».

Proprio le nuove generazioni sono molto attive, come ad esempio nell’iniziativa di sensibilizzazione e raccolta fondi “2000 km per la ricerca” che ha visto Fabio Mariuzzo, uno dei figli di Giovanni, percorrere in bicicletta il tragitto Treviso-Bilbao, percorso che secondo le ricostruzioni fece proprio il primo paziente europeo con questa malattia nel Settecento, diffondendola nella penisola iberica, e celebrando così anche la collaborazione tra Afiff e Fundación Española Enfermedades Priónicas.
Il prossimo appuntamento di solidarietà e sensibilizzazione è per la Venice Marathon 2025 del 26 ottobre quando una quindicina di associati – e tutti gli amici che vorranno unirsi – correranno la distanza dei 10 km. Mercoledì 16 luglio Afiff presenterà l’iniziativa alle istituzioni veneziane per presentare l’iniziativa, un’idea di Loris, figlio maggiore di Teresa, la cugina di Giovanni che si è ammalata nel 1987. Per coloro che volessero informazioni o prenotare la propria maglietta (foto sotto) la mail a cui scrivere (il prima possibile) è afiff.malattierare@gmail.com. Per sostenere l’associazione e le sue attività, come privati e come aziende, le informazioni si trovano sul sito web. Per donare il 5 per mille all’associazione Afiff, il codice fiscale da inserire nella dichiarazione dei redditi è 𝟵𝟰𝟬𝟵𝟬𝟲𝟴𝟬𝟮𝟲𝟴.

Foto di Afiff
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