Salute e società

Epilessia: non negare ai ragazzi lo sport

Come narra la storia di Andrea, protagonista del corto Fuori dall'Acqua, troppi sono ancora i limiti imposti e autoimposti, anche in caso di crisi controllate. L'attività sportiva fa bene e i facilita l'integrazione, guai a rinunciarvi. Basta complicare la vita delle persone con convivono con l'epilessia

di Nicla Panciera

L’epilessia ha una caratteristica peculiare, che trascende i confini ed è identica a tutte le latitudini. Le ragazze e i ragazzi che ne soffrono lo sanno bene: a pesare più ancora della malattia è lo stigma che ancora la circonda e che è all’origine di problemi in ambito scolastico, relazionale e sportivo. La rabbia per un pregiudizio diffuso, che spinge le persone con epilessia a nascondersi, è la prima reazione dello spettatore all’intenso cortometraggio “Fuori dall’Acqua”, vincitore nel 2024 del contest della Lega italiana contro l’epilessia Lice e dedicato al tema dell’inclusione sociale, dalla scuola al lavoro, e ispirato alla storia di un adolescente con epilessia, promessa del nuoto, sport emblematico degli ostacoli ingiustificati che permangono ancora oggi.

Ancora troppo spesso, infatti, alcune discipline sportive sono inaccessibili nonostante «sport e attività fisica abbiano effetti positivi sul benessere generale, fisico e psicologico e secondo alcuni studi possono avere anche effetti favorevoli sul controllo delle crisi epilettiche» spiega Carlo Andrea Galimberti, Presidente della Lice e responsabile del Centro per lo Studio e la Cura dell’Epilessia dell’Irccs Fondazione Mondino di Pavia «Molte attività sportive rappresentano, inoltre, un momento straordinario di integrazione sociale particolarmente utile alle persone con epilessia. Naturalmente è necessaria una valutazione preliminare accurata, che tenga conto dei benefici di una specifica attività sportiva e dei pericoli legati  all’eventuale occorrenza di crisi epilettiche nella pratica della stessa. Sono al riguardo disponibili raccomandazioni internazionali che supportano l’epilettologo e il medico dello sport nelle certificazioni di idoneità».

Secondo alcuni studi, lo sport aiuta il controllo delle crisi

Carlo Andrea Galimberti

Precludere l’attività sportiva a una persona con epilessia è sbagliato. Vale la regola che ognuno ha una propria unicità e che non esistono regole valide per tutti. La frequenza, la tipologia e il controllo delle crisi, come anche i trattamenti assunti, sono elementi determinanti per decidere quale attività sportiva sia più indicata: «L’epilessia in senso generale non controindica l’attività sportiva» precisa Oriano Mecarelli, Presidente Fondazione LICE «anche se occorre praticarla con consapevolezza, conoscendo bene i rischi che alcuni sport comportano. La pratica di un’attività fisica scelta su base individuale aiuta senz’altro a superare lo stigma, facilita l’inclusione sociale e riduce le limitazioni che spesso la patologia comporta. Anche chi soffre di Epilessia Farmacoresistente, con crisi quindi ancora non controllate, può praticare uno sport, ma in questo caso occorre scegliere un’attività fisica non pericolosa e da svolgere in presenza di qualcuno che possa prestare la giusta assistenza in caso di crisi».

La Lice e la Federazione medico sportiva italiana Fmsi nel 2015 hanno redatto le linee guida congiunte per la pratica di attività sportive  (ecco qui le raccomandazioni), dove si ribadisce la necessità di inquadrare i singoli casi e si suddividono gli sport sulla base del livello di rischio in tre categorie, quelli che non impongono restrizioni, quelli che richiedono una supervisione e quelli, come l’arrampicata, il paracadutismo e le immersioni, per cui l’idoneità è concessa in casi eccezionali con parere del neurologo. Che terrà in considerazione il tipo di crisi e di trattamento farmacologico assunto e gli eventuali effetti in caso di attività fisica intensa.

In generale, le attività sconsigliate sono gli sport subacquei, per il pericolo elevato in caso di crisi sott’acqua, l’arrampicata e alpinismo per il rischio di cadute; gli sport estremi come paracadutismo, aliante, deltaplano, volo a motore, parapendio perché non consentono margini di sicurezza in caso di crisi; gli sport da contatto come la boxe per l’elevato rischio di traumi cranici.

Foto tratta dal cortometraggio “Fuori dall’acqua”, Andrea il protagonista ai blocchi di partenza, accanto al suo compagno-rivale

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